La rassegna della settimana: #1 OCPI: nel DPB 2024 presentato dal governo, non sono sciolti i nodi su alcune coperture per circa 9 miliardi di euro e le principali misure hanno un orizzonte temporale limitato. #2 ISTAT: nel 2022 la povertà assoluta è aumentata nel nostro Paese a causa dell’inflazione. Sono aumentate sia le famiglie sia gli individui al di sotto della soglia di povertà assoluta. #3 Agenas: pubblicato il Programma Nazionale Esiti 2023 in cui si evidenzia come l’attività ospedaliera, nonostante i recuperi, sia ancora lontana dai livelli pre-pandemia. #4 La Voce/Il Foglio: l’istituzione di una ZES unica può essere l’occasione per rendere più efficace uno strumento nato con l’intento di favore e incentivare l’industria nel Mezzogiorno ma dovranno essere soddisfatte alcune condizioni.
La NADEF 2023 demandava al Documento Programmato di Bilancio 2024 (DPB) il dettaglio delle coperture delle misure previste dal Governo. Secondo l’OCPI in un articolo intitolato Osservazioni sul Documento Programmatico di Bilancio 2024, il DPB 2024 conferma che le misure più importati della manovra quali riduzione del cuneo contributivo, riforma dell’Irpef e sostegno alle imprese, sono finanziate solo per un anno mentre misure per nove miliardi di euro non sono ancora coperte in modo definito. Nel 2024 il rapporto debito pubblico sul PIL, inoltre, resterà sostanzialmente invariato grazie alle stime programmatiche di crescita del PIL dell’1,2%, recentemente validate dall’UPB, e agli introiti delle privatizzazioni. (Leggi)
Nel nostro Paese la povertà è in aumento principalmente a causa dell’inflazione: nel 2022 l’8,3% delle famiglie italiane (circa 2,2 milioni) sono sotto la soglia di povertà assoluta, lo 0,6 p.p. in più rispetto al 2021. Il dato emerge dalle statistiche della povertà dell’Istat per l’anno 2022. L’incidenza della povertà assoluta sale al 28,9% quando nel nucleo familiare vi è almeno un componente straniero. Cresce anche la percentuale di individui sotto soglia di povertà assoluta che passa da 9,1% del 2021 al 9,7% del 2022 (in valore assoluto corrispondenti a e 5,6 milioni). La povertà relativa resta stabile 10,9% nel 2022, corrispondenti a 2,8 milioni di famiglie, contro l’11,0% nel 2021. (Leggi)
Nel 2022 è ripresa l’erogazione delle prestazioni sanitarie i cui livelli, in alcuni casi, sono tornati vicini a quelli della pre-pandemia. È quanto emerge dall’edizione 2023 del Programma Nazionale Esiti curato dall’Agenas. Per gli interventi programmati il gap si è ridotto passando da -25% del 2020 a -16% nel 2021 e a -9% nel 2022. Sta migliorando anche la concentrazione della casistica (trattamento dei casi in strutture ad elevato volume): l’80% di pazienti con tumore alla mammella ha un trattamento in strutture con elevato volume. Nell’area materno-infantile, tuttavia, si è registrata un’inversione di tendenza, sopratutto per procedure ad elevato rischio inappropriatezza. (Leggi)
Il DL 124/2023 (Decreto Sud) ha istituito la Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno che riunisce in un unica struttura amministrativa le otto ZES già attivate nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna. Secondo F. Ferrara in un articolo su La Voce “Perché la ZES unica potrebbe essere una buona idea” l’unificazione potrà contribuire a migliorare l’efficacia della ZES. Secondo N. Rossi in un articolo su il Foglio “Il Sud zona economica speciale è una rivoluzione. Ma occhio alle rendite“, sostiene che la ZES unica può essere la “chiave di svolta perché nascano davvero tanti Mezzogiorni ma in un Mezzogiorno diverso”. (Leggi)

VERSO LA LEGGE DI BILANCIO
Il Governo ha annunciato in sede di redazione della NADEF 2023 alcune importanti misure di politica economica quali la riforma fiscale e il mantenimento della riduzione del cuneo contributivo e il sostegno alle imprese. È stato anche annunciato una riforma del sistema pensionistico e, al fine di ridurre il debito pubblico, il ricorso a nuove privatizzazioni e razionalizzazione della spesa pubblica. Rispetto alla NADEF, dove sono illustrati gli impatti programmatici delle misure sui saldi di finanza pubblica, nel DPB sono indicate le coperture delle misure e gli impatti sul bilancio pubblico. L’analisi dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, ha evidenziato la provvisorietà di alcune misure e la mancata dichiarazione delle copertura per 8,7 miliardi delle misure oltre deficit.
La conferma del taglio del cuneo fiscale, come già accaduto nei due anni precedenti, costa 10,5 miliardi di euro, la riforma dell’Irpef, circa 4 miliardi e il sostegno alle imprese, 2,3 miliardi. La razionalizzazione della spesa, porterebbe nelle casse dello Stato 2,3 miliardi nel 2024 e 3,9 miliardi nel 2025, mentre dalle privatizzazioni dovrebbero entrare risorse pari a un punto percentuale di PIL, ossia circa 20 miliardi di euro. È stato osservato come le misure più rilevanti della manovra, siano finanziate solo per un anno. La conferma del taglio del cuneo fiscale potrà portare dei benefici anche nella lotta all’inflazione sebbene i benefici positivi del taglio siano in parte erosi dalla maggiore Irpef che i beneficiari si troveranno a pagare.
Il sostegno alle imprese si concretizzerà nella sospensione della Plastic Tac e della Sugar Tax fino a luglio 2024, credito d’imposta per il 2024 sugli investimenti nel Mezzogiorno e incentivi per chi assume. La riforma dell’Irpef interessa, al momento, solo la riduzione dell’aliquota del primo scaglione sui redditi tra 15 e 28 mila euro, che passa dal 25 al 23%. Sarà ampliata anche la No-tax area che per i lavoratori passa da 8.145 euro 8.500 come per i pensionati. Nel documento, tuttavia, non sono state indicate le coperture per gli anni successivi. Per il comparto della sanità, il Fabbisogno sanitario nazionale è stato incrementato di 3 miliardi di euro nel 2024 (2,5 miliardi per rinnovo contrattuale) per un ammontare complessivo di 136 miliardi di euro.
OCPI – Osservazioni sul Documento Programmatico di Bilancio 2024
L’INFLAZIONE È ANCHE POVERTÀ
Le ultime statistiche Istat sulla povertà in Italia hanno evidenziato come la dinamica dell’inflazione, che nell’anno 2022 ha subito un accelerazione di +8,7% dell’indice dei prezzi armonizzato al consumo, abbia contribuito ad aumentare la povertà assoluta nel nostro Paese. Per le famiglie meno abbienti (il 20% delle famiglie con la spesa più bassa) l’inflazione ha inciso del 12,1% sul paniere: la spesa in termini reali di questa fascia di popolazione che comprende anche le famiglie in condizioni di povertà assoluta si è contratta in termini reali del 2,5%. Le misure volte a sostenere le famiglie contro l’incremento dei prezzi del gas e dell’energia elettrica, varate nel 2021 e rafforzate nel 2022 hanno contribuito a mitigare l’impatto dell’inflazione di 0,7 p.p.
Non desta sorpresa che la maggior percentuale di famiglie in povertà assoluta, il 10,7%, viva nel Mezzogiorno, seguita dal Nord-Est il 7,9%, dal Nord-Ovest il 7,2% e dal Centro il 6,4%. Il 41,4% delle famiglie risiede nel Mezzogiorno, il 42,9% al Nord e il 15,7% al Centro. Un importante indicatore è l’intensità della povertà che misura la distanza media della spesa delle famiglie povere dalla soglia di povertà. Nel complesso, l’intensità della povertà è del 18,1%: il valore più elevato, 20%, è stato rilevato nelle Isole, dove l’inflazione ha colpito in misura maggiore. Al Centro sono stati rilevati valori in diminuzione rispetto al 2021: 17,1%, dal 18,2% al Nord-Est e al Nord-Ovest vi è stato un leggero aumento.
È stato registrato un incremento dell’incidenza della povertà individuale in tutte le ripartizioni, fuorché nel Centro dove è rimasta stabile: nel 2022 al Sud si è attestata al 13,3% dal 12,7% del 2021, nelle Isole, dove si è registrato l’incremento maggiore, l’incidenza è salita all’11,3%, in aumento di 1,3 p.p. rispetto al 2021. Le famiglie con 3 o più figli sono più colpite: vive sotto la soglia di povertà assoluta il 22,5% delle famiglie con 5 e più figli, l’11% di quelle con quattro e l’8,2% di quelle con tre figli. La povertà assoluta colpisce particolarmente i minori: 1milione 269mila a livello nazionale, il 13,4%. Le famiglie con minori sono 720mila, particolarmente numerose sono le famiglie con minori composte esclusivamente da stranieri la cui incidenza è 36,1%. Per famiglie con tutti i componenti italiani l’incidenza è sensibilmente inferiore, 7,8%.

IL RECUPERO DEL SSN POST PANDEMIA
Nel triennio 2020-2022 l’attività ospedaliera nelle strutture pubbliche e private-accreditate si è ridotta in modo significativo di 3milioni e 800mila ricoveri rispetto a quella del 2019. Nel 2022 si è registrato un incremento dei ricoveri di 382mila unità ma il recupero non è stato tuttavia sufficiente per tornare ai livelli prepandemici: i ricoveri ordinari urgenti sono ancora inferiori al 13% rispetto al 2019, senza miglioramenti significativi. Il numero degli interventi ordinari programmati sono inferiori del 9% mentre il numero di quelli diurni è inferiore del 10%. Complessivamente i ricoveri sono inferiori del 10% rispetto alla soglia di riferimento del 2019.
Il Programma Nazionale Esiti dell’Agenas ha come obiettivo la valutazione, per i diversi ambiti nosologici, dei volumi di attività chirurgica a elevata complessità, dell’accesso alle procedure tempo-dipendenti, dell’appropriatezza clinico-organizzativa e degli esiti delle cure. In particolare, l’analisi dei volumi è svolto sulla base di quanto previsto dal DM 70 del 2015 che ha stabilito delle soglie minime per ciascun istituto di ricovero e di unità complessa rispetto a una serie di procedure chirurgiche. Il presupposto è la relazione positiva esistente tra volume dei trattamenti ed esiti delle cure. Con il montaggio delle procedure tempo-dipendenti è stato possibile valutare la rapidità di accesso alle prestazioni sanitarie: dall’edizione 2021 sono disponibili alcuni indicatori calcolati grazie a maggiori informazioni di dettaglio per l’angioplastica coronarica in pazienti con STEMI da effettuare entro 90 minuti e per l’intervento per frattura del femore in pazienti di età superiore ai anni da effettuare entro le 48 ore.
Il monitoraggio dell’appropriatezza clinica riguarda quelle procedure a cui si fa ricorso nonostante le stringenti indicazioni cliniche o le valutazioni beneficio/danno indichino il contrario (ad esempio i parti cesari). Per quanto riguarda gli esiti, infine, il monitoraggio è stato migliorato grazie all’aggiunta di parametri clinici che consentono di controllare la gravità del paziente attraverso modelli di risk adjustment. Il PNE si configura come uno strumento imprescindibile per i decisori e i professionisti della salute per prendere decisioni di tipo programmatorio e organizzativo nel governo del SSN sula base delle evidenze scientifiche.

IL RITORNO DELLA POLITICA PER IL MEZZOGIORNO
Le Zone Economiche Speciali (ZES) sono state previste con Decreto legge 91/2017. Il decreto disciplinava l’istituzione delle ZES, che possono essere presentate dalle Regioni meno sviluppate e in transizione, all’interno delle quali le imprese già operative o di nuova istituzione beneficiano di sgravi fiscali e di semplificazioni amministrative. Prima dell’approvazione del Decreto legge 124/2023 (Decreto Sud) che istituisce una ZES unica, erano state istituite 8 ZES: ZES Abruzzo, ZES Calabria, ZES Campania, ZES Ionica Interregionale Puglia-Basilicata, ZES Adriatica Interregionale Puglia-Molise, ZES Sicilia Orientale e ZES Sicilia Occidentale. Come fa notare F. Ferrara, la letteratura economica individua le ZES in aree di ridotte dimensioni, già infrastrutturate, in cui sono previste particolari condizioni di insediamento e agevolazioni fiscali.
L’istituzione di una ZES unica avrebbe il duplice vantaggio di superare le inefficienze dovute alle dimensioni delle attuali aree e di migliorare l’efficacia del modello. Questo potrà avvenire solo se si verificano alcune condizioni: la prima è evitare gli errori del passato quando sono state individuate zone troppo frammentate ma con piani di viluppo onnicomprensivi. Servono, in secondo luogo, delle decisioni coerenti sulle aree da individuare e sulle specializzazioni su cui investire (si veda l’auspicabile collegamento con il piano europeo STEP). Andrebbe garantito, infine, l’efficace funzionamento della costituenda Struttura di missione presso la presidenza del Consiglio dei ministri e la razionalizzazione del sistema di agevolazioni per il mezzogiorno da parte del Ministero per il Sud.
Secondo N. Rossi è auspicabile che la centralizzazione della governance non vada a cozzare contro l’impostazione della ZES che è nata per agevolare le imprese con semplificazioni amministrative. Un altro aspetto importante è che le aree che saranno poste su un piano di parità ma, allo stesso tempo, vi dovrà essere concorrenza tra le aree nel processo di individuazione ed attrazione degli investimenti. Gli ostacoli più insidiosi potranno, tuttavia,risiedere nelle rendite che sono sorte a causa delle politiche di sviluppo regionale dell’ultimo venticinquennio.
La Voce/Il Foglio – Le zone economiche speciali (ZES) e le misure per il Mezzogiorno
https://www.ilfoglio.it/economia/2023/07/15/news/il-sud-zona-economica-speciale-e-una-rivoluzione-ma-occhio-alle-rendite-5503004/