La rassegna della settimana: #1 MEF: secondo il quadro programmatico della NADEF 2023 la crescita del 2024 sarà di +1,2% e l’indebitamento del 4,3%. Il deficit 2024 servirà per finanziare il taglio del cuneo fiscale. Il debito pubblico resta sempre elevato con rischi di palla di neve. #2 ISTAT: l’inverno demografico italiano è alle porte. Secondo le ultime proiezioni della popolazione, nei prossimi 60 anni il nostro Paese potrebbe subire un drastico calo della popolazione quantificato in 13,2 milioni di individui in meno. #3 La Voce: nell’Unione europea politica della concorrenza e politica industriale sono spesso in conflitto tra loro ma c’è spazio per una più pacifica e fruttuosa convivenza.


Nel 2024 il PIL reale crescerà dell’1,2%, ossia 0,3 p.p. in meno rispetto alle previsioni contenute nel DEF 2023 (+1,5%). Per il 2024 l’indebitamento tendenziale sarà del 3,6% mentre quello programmatico del 4,3%, il che significa un ulteriore indebitamento per 14 miliardi di euro. Questo deficit consentirà di attuare la delega fiscale con il primo scaglione del 23%. Sono alcuni degli obiettivi contenuti nella NADEF 2023, approvata dal consiglio dei ministri, contenenti le previsioni aggiornate per il triennio 2024-2026. Il rapporto debito PIL si attesterà al 140,1%, l’inflazione è prevista in diminuzione e convergente al 2% nell’arco del triennio mentre mentre la disoccupazione senderà al 7,3%. (Leggi)

Nel 2030 la popolazione italiana conterà 58,1 milioni di individui, all’incirca 900mila unità in meno rispetto al 1° gennaio 2022. Dalle Previsioni ISTAT della popolazione residente e delle famiglie 2022-2080 emerge, per il nostro Paese, una traiettoria demografica in declino, difficile da invertire. Nel 2050, secondo lo scenario mediano, la percentuale di popolazione ultra sessantacinquenne arriverà al 34,5% dagli attuali 23,8%. La percentuale della popolazione in età da lavoro (15-64) passerà dal 63,5% del 1° gennaio 2022 al 54,3% nel 2050. L’indice di dipendenza strutturale (popolazione 1-14 anni e 65+ su popolazione 15-64 moltiplicato per 100) passerà da 57 a 84 minando la sostenibilità del nostro sistema di welfare. (Leggi)

Dalla Commissione europea non è ancora arrivato il via libera alla fusione tra Lufthansa e la compagnia ITA, generando malumori nella compagine di Governo. F. Bruni, in un articolo pubblicato su La Voce intitolato Regole di convivenza tra politica industriale e antitrust, ha esaminato le tensioni tra l’UE e il nostro Paese, evidenziando le complesse interazioni tra il diritto della concorrenza e le politiche industriali. Attraverso l’analisi di un caso analogo Siemens/Alstom del 2018/2019, l’autore illustra come l’argomento da tecnico diventi pubblico e propone una una nuova prospettiva economica sintetizzata in tre idee per creare sinergie, in vista delle prossime elezioni europee. (Leggi)

SOSTENIBILITÀ DEI CONTI E CRESCITA

In attesa del documento ufficiale, il commento alla NADEF 2023 si basa sul comunicato stampa pubblicato sul portale del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e su alcune anticipazioni ricavate da quotidiani specializzati. La NADEF 2023 è aggiornata con nuovi dati e si riferisce all’intervallo di previsione triennale 2024-2026. La crescita del PIL reale nel 2023 è confermata allo 0,8% mentre nel 2024 la crescita programmatica è prevista all’1,2%. Rispetto al DEF 2023 la stima è stata rivista al ribasso di 0,3 p.p. Va notato che queste previsioni non sono il linea con le più recenti stime degli organismi internazionali: ad esempio il Fondo Monetario Internazionale nel World Economic Outlook di luglio ha previsto nel 2024, per il nostro Paese, una crescita dello 0,9%.

La Commissione europea nelle Previsioni d’estate ha stimato la crescita del 2024 allo 0,8% un dato analogo a quanto stimato dall’OCSE nelle previsioni provvisorie di settembre. Non è agevole senza ulteriori informazioni, individuare i driver programmatici che consentirebbero di colmare un differenziale così ampio di 0,4 p.p. L’attuazione del PNRR, che secondo quanto emerso dal DEF 2023 procede con incertezze e ritardi, ha avuto un impatto pressoché nullo nel biennio 2021-2022. Allo stato attuale sembra difficile che si realizzino le previsioni per il periodo successivo: scostamento in media dello 0,8% all’anno dal 2023 al 2026 rispetto allo scenario di base (senza PNRR). Il punto cruciale della manovra sono le stime dell’indebitamento netto, che nel 2023 è previsto in peggioramento rispetto al DEF 2023 (5,3% contro 4,5%, dovuto interamente all’effetto del Superbonus 110%) e nel 2024 4,3% contro 3,7% del DEF.

Da questi dati si evince che il Governo finanzierà nel 2024 ricorrendo all’indebitamento, non rispettando la soglia del 3% prevista dal patto di stabilità, la diminuzione del cuneo fiscale previsto dalla delega fiscale almeno per il primo scaglione con aliquota del 23%. Non si registrano miglioramenti sul fronte del debito pubblico: le previsioni per il 2024 vedono una lieve diminuzione di 0,1 p.p. del rapporto debito/PIL che si attesterà al 140,1% p.p. contro il 140,2% del 2023. Torna in auge la spending review: nel 2024 sono in programma 2 miliardi di euro di tagli delle spese compresi i già previsti 300 milioni. Il tasso di disoccupazione si attesterà al 7,3% in un quadro di inflazione in calo.

MEF – NADEF 2023

https://www.mef.gov.it/inevidenza/Approvata-la-NADEF-2023.-Giorgetti-seguito-principi-di-politica-di-bilancio-seria-responsabile-e-prudente/

L’INCOMBENTE INVERNO DEMOGRAFICO

La popolazione residente del nostro Paese è destinata a diminuire nei prossimi 60 anni di 13,2 milioni di individui. Le nuove previsioni Istat della popolazione indicano una contrazione piuttosto marcata: nel decennio dal 2030 al 2040 la popolazione si contrarrà, nello senario mediano, ossia quello compreso tra il più ottimistico e quello pessimistico, di due milioni di unità. Per fare un esempio della forbice di variazione tra i due scenari previsionali estremi, nel 2060, a fronte dello scenario mediano di 51,2 milioni di individui, il limite superiore dell’intervallo di confidenza al 90% stima 54,7 milioni mentre quello inferiore 47,7 milioni, con uno scarto di circa 3,2 milioni.

Disaggregando le stime a livello di ripartizione territoriale, si osservano marcate differenze tra l’andamento del Centro-Nord e quello del Mezzogiorno: in quest’ultima ripartizione si registra il calo più rilevante tra il 2030 e il 2050 quando saranno “persi” 2,8 milioni di individui mentre nello stesso periodo nel Centro solo 600mila e al Nord 300mila. La composizione della popolazione per classi di età subirà profondi cambiamenti: attualmente la percentuale di popolazione con età superiore agli 85 anni è del 3,8%, tra un decennio salirà al 4,3% nel 2060 aumenterà ulteriormente fino a raggiungere il massimo in quel decennio di 9,3%.

La popolazione in età da lavoro si contrarrà dagli attuali 63,5% al 55,0% del 2060, contestualmente il peso della popolazione 1-14 anni diminuirà dagli attuali 12,7% al 10,8% del 2060 – e in quel decennio sarà raggiunto il minimo del 10,8% – mentre il peso della popolazione ultra-sessantacinquenne aumenterà fino al 34,5% del 2050. Va evidenziato che il massimo dell’invecchiamento sarà raggiunto nel 2080 sebbene un orizzonte temporale così lungo dia luogo a maggiore incertezza nelle previsioni. Questa struttura della popolazione dipende dal transito delle generazione del baby boom nate negli anni ‘60 e prima metà degli anni ‘70 nella popolazione adulta e anziana. Contemporaneamente i saldi migratori non riusciranno a controbilanciale la discrepanza dovuta al saldo naturale (differenza tra decessi e nascite). Una minore popolazione in età da lavoro e una quota sempre maggiore di popolazione anziana minerranno la sostenibilità del sistema di welfare nel nostro Paese. In questa prospettiva le deboli riforme dei sistemi pensionistici attuate fino a questo momento appaiono del tutto insufficienti.

ISTAT – Previsioni della popolazione residente e delle famiglie – Base 1/1/2022

https://www.istat.it/it/archivio/288443

RIPENSARE LE POLITICHE DELLA CONCORRENZA

Dalla Commissione europea non è ancora arrivato il via libera alla fusione tra Lufthansa e ITA Airways. L’accordo è stato firmato con il Governo italiano lo scorso maggio e prevede che Lufthansa acquisti il 41% di ITA Airways con un investimento di 325 milioni di euro. È stata prevista anche un’opzione per l’acquisto delle rimanenti quote ma il mancato via libera della Commissione europea ha fermato l’accordo. Le questioni antitrust e il controllo delle concentrazioni sono temi squisitamente tecnici, relegati al dibattito tra esperti legati ed economisti. I temi maggiormente trattati sono estranei al dibattito pubblico, si pensi ad esempio alle fusioni conglomerate, all’abuso di posizione dominante oppure alla politica di prezzi predatori.

L’argomento da tecnico diventa pubblico nel momento in cui diritto della concorrenza e politiche industriali entrano in conflitto ta loro. Vi sono stati alcuni casi in passato, il più importante dei quali è stata la mancata fusione tra Siemens e Alstom, due produttori di treni ad alta velocità rispettivamente di Germania e Francia. Al tempo in cui si è sviluppata la vicenda (anni 2018/2019) erano in carica al governo Macron e Merkel: la proposta era caldeggiata da entrambi gli statisti in quanto avrebbe favorito la creazione di un campione europeo. La commissione europea non ha mai avallato la fusione chiedendo alle due aziende la vendita sul mercato di alcuni rami d’azienda. I due Paesi per superare l’impasse proposero persino una riforma dell’antitrust che prevedeva il veto del Consiglio d’Europa.

Successivamente l’antitrust europeo è intervenuto nei mercati digitali con la speranza di favorire lo spazio per la nascita di un gigante tecnologico europeo. L’autore si chiede se il conflitto tra le due politiche sia permanente oppure se è possibile una coesistenza. A tale proposito avanza tre idee per creare sinergie in ambito europeo. Un primo spunto riguarda la politica industriale che da alcuni studi non è più vista come apportatrice di sole distorsioni nel sistema economico ma anche di benefici quali la promozione di mercati globali e la concorrenza. Un secondo aspetto riguarda la possibilità do trovare una convergenza sul piano dell’innovazione tecnologica, obiettivo perseguito da entrambi le politiche. Un terzo aspetto, infine, riguarda la necessità di una politica industriale genuina a livello europeo che promuova la concorrenza tra Stati membri, sostenendo le migliori imprese nella competizione a livello globale.

La Voce – Regole di convivenza tra politica industriale e antitrust