La rassegna della settimana: #1 ECFIN: nel secondo semestre 2023 l’economia globale ha subito un rallentamento nonostante la crescita USA. Le previsioni 2023 per l’Eurozona sono state riviste al ribasso, cosi come per il nostro Paese +0,9% contro +1,2% delle precedenti stime. #2 BCE: per perseguire l’obbiettivo d’inflazione nel medio termine, il Consiglio direttivo ha deciso di aumentare di 25 punti base i tre tassi di riferimento per l’eurozona. #3 UPB: in vista della riattivazione del Patto di stabilità e crescita nel 2024, è stata condotta una verifica dell’aderenza dei quadri macroeconomici e degli orientamenti delle politiche di bilancio dei Paesi UE. #4 La Voce: la revisione del PNRR e il capitolo sul RePowerEu si basano sul ricorso ai fondi di coesione sociale europei e nazionali ma alcuni ostacoli potrebbero impedirne il pieno utilizzo.


Dopo un primo trimestre in cui la crescita globale ha registrato un +1,0% congiunturale, si registrano segnali di rallentamento nel secondo trimestre attestandosi a +0,5%. Motore della crescita globale sono gli USA con una performace superiore alle attese, guidata dalla domanda interna. Segnali di rallentamento, invece provengono dalla Cina il cui rimbalzo dopo le riaperture post-Covid è stato di breve durata. Le previsioni per il 2023 sono state riviste al ribasso di 0,1 p.p. rispetto alle stime di primavera al 3,2%. Secondo le previsioni provvisorie per l’estate della Commissione europea, nel 2023 l’economia dell’Eurozona crescerà dello 0,8%. 0,3 p.p. in meno rispetto alle previsioni di primavera. (Leggi)

Il Consiglio direttivo della BCE nella seduta del 14 settembre sorso ha deciso di aumentare i tre tassi di riferimento di 25 punti base. La decisione è stata presa nonostante l’inflazione nell’area euro sia in diminuzione. Nel comunicato si afferma che, nonostante la frenata del 2023, l’inflazione si manterrà elevata ancora per molto tempo. Nelle proiezioni macroeconomiche di settembre la BCE ha rivisto al rialzo le aspettative di inflazione per il 2023 e il 2024 rispettivamente al 5,6% e al 3,3% e al ribasso nel 2025 al 2,1%. Migliorano le stime per l’inflazione core al 5,1% nel 2023. Il consiglio resta fermo nel raggiungimento dell’obiettivo di inflazione del 2% nel medio termine. (Leggi)

Nel 2022 nonostante il conflitto in Ucraina e il ritorno dell’inflazione, la crescita dei Paesi della UE è stata in media del 3,6%. L’Italia e la Spagna sono cresciuti sopra la media rispettivamente con 3,7% e 5,5%. sotto le previsioni il dato della Germania con 1,9%. Nel 2023 le stime di crescita nei Programmi di stabilità e convergenza (PSC) sono in media dell’1%. Il Focus n. 4/2023 dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha analizzato i quadri macroeconomici presenti nei PSC 2023. con lo scopo di verificare l’aderenza delle politiche di bilancio al Patto di stabilità e crescita che sarà riattivato alla fine del 2024. Sono state anche discusse le raccomandazioni del Consiglio UE ai principali Stati membri. (Leggi)

Il Governo italiano lo scorso agosto ha presentato alla Commissione europea una proposta di revisione del PNRR in cui si prevede l’esclusione di 144 investimenti per un valore complessivo di 15,9 miliardi integrato con il capitolo del RePowerEU che prevede lo stanziamento di nuove sovvenzioni per 2,76 miliardi di euro. La copertura dei progetti esclusi, secondo le intenzioni del governo dovrebbe essere assicurata dal ricorso ai fondi europei e nazionali per la coesione. F. Ferrara in un’articolo su La voce Fondi di coesione per la revisione del PNRR: meno facile di quanto sembra” ha individuato alcuni elementi di criticità che potrebbero ostacolare il pieno utilizzo di queste fonti. (Leggi)

UNA FRENATA INSIDIOSA

L’economia globale dopo un brillante primo trimestre 2033 in cui è stato registrato +1,0% ha subito un rallentamento congiunturale nel secondo trimestre a +0,5%. Le cause di questo rallentamento, nonostante il buon andamento dell’economia USA che in entrambi i trimestri ha registrato +0,5%, sono molteplici. La frenata dell’economia cinese (+0,8% contro +2,2% del primo semestre) condizionata dalla domanda interna che ha subito la debolezza del mercato del lavoro e l’elevato tasso di risparmio precauzionale dei giovani. Il settore manifatturiero e dei servizi in via di indebolimento nel corso dell’anno come indicato dagli indici PMI compositi globali che lo scorso luglio sono diminuiti rispettivamente a 48,7 da 49,6 di aprile e a 52,7 ad 55,4 di aprile.

La politica monetaria durante l’estate si è confermata restrittiva; il commercio globale, infine, ha mostrato segnali di debolezza a causa del rallentamento della domanda. Nonostante le difficoltà, la crescita globale, UE esclusa, nel 2023 è stata rivista al rialzo rispetto alle stime di di primavera: 3,2% nel 2023 contro una previsione di 3,1% mentre è stata ritoccata al ribasso nel 2024: 3,2% contro il 3,3% di primavera. L’economia dell’Eurozona ha continuato a dimostrarsi resiliente nonostante la crisi energetica del 2022 seguita al post-pandemia: dopo il rallentamento congiunturale del quarto trimestre 2022, si sono manifestati segnali di ripresa nel primo trimestre 2023 nel quale è stata registrata una crescita congiunturale dello 0,2% mentre nel secondo semestre l’andamento è stato piatto.

La perdita di slancio è dovuta alla debolezza della domanda estera e della domanda interna mentre la produzione industriale si è contratta dell’1,1% nel secondo trimestre per la contrazione della produzione di beni di consumo e di energia. L’inflazione complessiva è diminuita al 5,3% a luglio ma meno di quanto previsto. L’Eurozona nel 2023 crescerà dello 0,8%, 0,3 p.p. in meno delle previsioni di luglio: pesa il dato della Germania -0,4% alle prese con la domanda interna debole e la contrazione degli investimenti in edilizia. L’Italia crescerà dello 0,9% 0,3 p.p. in meno di quanto previsto a luglio: cruciale è stato il calo della domanda interna e il rallentamento dell’edilizia che ha risentito dell’eliminazione degli incentivi destinati al settore.

ECFIN – European economic forecasts

https://economy-finance.ec.europa.eu/publications/european-economic-forecast-summer-2023_en

MOSSA BCE CONTRO L’INFLAZIONE OSTINATA

In una fase di rallentamento congiunturale della crescita nell’Eurozona, il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di aumentare di 25 punti base i tre tassi di riferimento. Dal 20 settembre prossimo il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali e i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno aumentati rispettivamente al 4,50%, 4,75% e 4,00%. La BCE è intenzionata a perseguire l’obiettivo dell’inflazione del 2% nel medio periodo consapevole che è necessario del tempo affinché gli effetti dei passati incrementi dei tassi di interesse si trasmettano all’intera economia producendo effetti.

Il Consiglio ha lanciato ai mercati un segnale chiaro: le previsioni dell’inflazione complessiva sono in diminuzione ma meno di quanto preventivato – 5,6% nel 2022, 3,2% nel 2023 e 2,1% nel 2025 secondo le stime di settembre della BCE – per cui è stato necessario un’ulteriore incremento dei tassi di interesse di riferimento che irrigidiranno ulteriormente le condizioni di finanziamento. La morsa dei prezzi dell’energia si sta allentando in quanto le stime dell’inflazione core, ossia al netto dell’energia e degli alimentari, sono state riviste lievemente al ribasso – 5,1% nel 2023, 2,9% nel 2024 e 2.2% nel 2025. Date queste condizioni, è previsto il rallentamento della domanda interna e l’indebolimento del commercio globale, per cui le stime di crescita dell’Eurozona sono state riviste al ribasso 0,7% nel 2023 e 1,0% nel 2024.

In coerenza con l’approccio inaugurato l’anno scorso, il Consiglio adotterà nuove misure anche sulla base dell’andamento dei dati: sarà valutata la forza della trasmissione della politica monetaria e la dinamica dell’inflazione di fondo. Il consiglio ritiene che il livello dei tassi sia al momento sufficientemente elevato da contrastare l’inflazione ma che dovrà essere mantenuto tale per un periodo sufficientemente lungo. Il portafoglio dell’APP sta diminuendo ad un ritmo misurato e prevedibile in quanto l’Eurosistema non sta più reinvestendo il capitale rimborsato dei titoli in scadenza. Per quanto riguarda, invece, il PEPP, il Consiglio è orientato a reinvestire il capitale giunto a scadenza almeno fina al 2024 evitando interferenze tra la politica di dismissione dei titoli PEPP e i meccanismi di trasmissione della politica monetaria.

ECB – Decisione di politica monetaria del 14 settembre 2023

https://www.ecb.europa.eu/press/pressconf/press_conference/html/index.it.html

IL RITORNO DEL PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA

Manca meno di un anno alla riattivazione del Patto di stabilità e crescita con le nuove regole di governance europea. I Paesi che hanno il rapporto debito pubblico su PIL superiore al 60% e l’indebitamento netto superiore al 3% dovranno indicare in un piano di quattro anni (orizzonte di medio termine) un percorso graduale di rientro per il debito e di convergenza verso il 3% per l’indebitamento. Il Programmi di stabilità e convergenza (PSC) del 2023 sono stati analizzati sotto la lente delle nuove regole al fine di verificare l’aderenza delle politiche fiscali degli stati membri alle nuove regole. Tutti gli Stati hanno stimato per il 2023 un rallentamento dell’attività economica mentre nel 2024 dovrebbe tornare la ripresa: la crescita media per il 2023 è dell’1% mentre per il 2024 la media stimata è del 2%.

Il tasso di inflazione basato sul delatore del PIL nel 2022 è stato molto elevato con una media nell’UE del 5,5% e del 4,7& nell’Eurozona – mentre se ci riferiamo all’indice dei prezzi al consumo armonizzato si è registrato 9,2% nella UE e 8,4% nell’Eurozona. Nel 2023 le stime dell’inflazione da deflatore si sono mantenute elevate 5,5% tra i Paesi UE e 5,3% nell’Eurozona mentre dal 2024 è previsto un calo più netto rispettivamente al 3% e al 2,8%. Nel 2023 i livelli di indebitamento netto sono previsti attestarsi in media al 3,7% per l’UE e 3,9% per l’Eurozona. In 17 Paesi, tra cui l’Italia, che ha stimato per l’anno in corso un indebitamento netto del 4,5%, il livello è superiore al 3% mentre nel 2024 le stime media si attestano sotto il 3% sebbene l’Italia stimi un indebitamento del 3,7%.

Nel 2022 il rapporto debito pubblico sul PIL nell’Eurozona era del 93% (Italia 144,4%) mentre nel 2023 è previsto un lieve miglioramento a 92,1 con l’Italia a 142,1% sul PIL, un livello secondo solo a quello della Grecia (162,6%). A partire dal 2024 le nuove regole di governance economica si focalizzano sulla crescita della spesa primaria netta che per i Paesi che non hanno raggiunto gli obiettivi di medio termine si pone tra 0,3 e 0,7 p.p. del PIL a seconda della sostenibilità del proprio debito. La previsione della spesa primaria da perte dell’Italia dello 0,8% è in linea con le raccomandazioni del consiglio, in quanto 0.7 p.p. di PIL corrispondono a un incremento mimassimo dell’1,3%.

UPB – Una panoramica delle strategie di bilancio nei Programmi di stabilità e di convergenza 2023 dei paesi della UE

I CONTI SENZA L’OSTE

Le intenzioni del governo italiano di finanziare i progetti esclusi dal PNRR e quello con il RePowerEu con i fondi di coesione nazionali ed europei potrebbe rappresentare un’occasione in quanto consentirebbe, nell’ottica della complementarietà dei fondi europei, di raggiungere gli Obiettivi su un orizzonte temporale più lungo senza in parte ricorrere a risorse nazionali. Le misure escluse delle mission 2 e 5 del PNRR sembrano coerenti con gli Obiettivi 2 e 4 del FESR mentre le misure del RePowerEU sono coerenti con gli Obiettivi 1 e 2. Secondo F. Ferrara ci sarebbero alcuni importanti elementi di criticità che potrebbero rendere molto complesso l’utilizzo dei fondi FESR in alternativa al PNRR. Il primo elemento riguarda il 66% dei progetti definanziati che non soddisfavano le condizioni della rendicontazione e il principio del “Do No Significant Harm” (DNSH) ossia, di non arrecare danni significativi all’ambiente.

I FESR esigono le stesse condizioni per cui questi progetti potrebbero non essere ammissibili per il finanziamento. Un secondo elemento di criticità è la presenza, nel regolamento FESR, di vincoli di concentrazione tematica per quanto riguarda gli obiettivi 1 e 2 per cui le risorse disponibili saranno insufficienti. Ad esempio, nel Centro Nord le misure escluse della Mission 5 richiedono risorse per 3,3 miliardi di euro mentre nell’Obiettivo 4 le somme FESR disponibili per quell’area ammontano a poco più di 300 milioni di euro. Un’ulteriore criticità riguarda la governance del progetti: il 97% dei programmi del Centro Nord degli Obiettivi 2 e 4 sono assegnati alle Regioni mentre nel Mezzogiorno la percentuale scende al 78%.

Questo implica che bisognerà rivedere in profondità gli Accordi di partenariato tramite accordi con le Regioni che dovranno accettare di rendicontare questi progetti sui loro programmi. Anche se il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) è capiente, vi è un vincolo di destinazione dell’80% delle risorse al Mezzogiorno mentre per i progetti definanziati la percentuale si ferma al 47%, con un problema di mancata copertura per i programmi del Centro Nord. Anche il RePowerEU non è esente da criticità in quanto è necessario un accordo tra Governo e Regioni per evitare che si alteri distribuzione territoriale e venga meno la condizione di addizionalità.

La Voce – Fondi di coesione per la revisione del PNRR: meno facile di quanto sembra