La rassegna della settimana: #1 Banca d’Italia: prosegue la fase di incertezza dell’economia globale, indebolita dall’inflazione e dalle mutate condizioni creditizie. #2 ECFIN: nell’Area euro, con l’affievolirsi della dinamica dei prezzi energetici, i differenziali di inflazione hanno raggiunto livelli elevati. #3 OCPI: Il mismach sul mercato del lavoro italiano è un fenomeno rilevante sebbene gli indicatori siano in linea con quelli degli altri Paesi europei. #4 UPB: le previsioni del MEF al vaglio dell’Ufficio parlamentare di bilancio, hanno riscontrato maggiore accuratezza dei documenti programmartici a ridosso della legge di bilancio.


Nel primo semestre 2023 l’economia dell’Area euro sta attraversando una fase stagnante. La Banca d’Italia nel Bollettino Economico n. 3 ha stimato l’invarianza del prodotto anche nel secondo trimestre. L’attività economica sta risentendo dell’inflazione elevata e delle restrittive condizioni di finanziamento. In Italia dopo l’andamento positivo (+0,6%) del primo trimestre si prevede un rallentamento nel secondo a causa della contrazione del settore manifatturiero. L’inflazione di fondo resta elevata nonostante l’inflazione al consumo sia in diminuzione, sopratutto grazie alla componente energetica, e in giungo si siano registrati i primi cali dell’inflazione dei beni alimentari (Leggi)

Il differenziale tra i tassi di inflazione nei Paesi dell’Area euro hanno raggiunto un livello molto elevato. Il Quarterly Report on the Euro Area (QREA) No. 2 (2023) nel primo capitolo ha affrontato il tema dei differenziali d’inflazione nell’Area come conseguenza della pandemia e dell’invasione russa dell’Ucraina. Gran parte delle differenze sono attribuite a fattori globali, quali l’aumento del prezzi dell’energia e l’interruzione delle catene globali di approvvigionamento. Con l’attenuarsi dei fattori globali stanno emergendo le caratteristiche specifiche di ciascun Paese. La persistenza di queste asimmetrie potrebbe determinare costosi squilibri macroeconomici (Leggi)

Le imprese italiane hanno difficoltà nell’assumere personale qualificato. Questo disallineamento nel mercato del lavoro è noto come mismatch ed è misurato dal tasso di posti vacanti nell’economia. Un approfondimento su questo fenomeno dell’Osservatorio sui Conti pubblici italiani (OCPI) ha evidenziato come il mismatch sia rilevante sia quando le imprese hanno difficoltà nell’assumere laureati in una specifica disciplina (mismatch orizzontale) sia quando il livello di istruzione richiesto dalle imprese non è adeguato, superiore o inferiore (mismatch verticale). Le imprese italiane non sono specializzate in settori ad alta intensità tecnologica e i laureati nelle discipline di punta scelgono di lavorare all’estero. (Leggi)

Le previsioni di finanza pubblica elaborate dal Ministero dell’economia e delle finanze in occasione dei documenti programmatici dal 2015 al 2022 sono state messe al vaglio dall’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) nel Focus n. 3/2023. Nel periodo 2015-2019 i risultati dell’indebitamento sono risultati coerenti con i documenti programmatici elaborati a ridosso della legge di bilancio. Tra il 2020 e il 2022, per l’eccezionalità della crisi sanitaria e la successiva invasione russa dell’Ucraina le stime del MEF e della commissione europea si sono rivelate meno accurate: nel 2020 si sono registrate delle sottostime del deficit mentre nel 2021 delle sovrastime. (Leggi)

PREZZI ANCORA ALTI, RALLENTA LA CRESCITA

Nel secondo trimestre 2023 l’economia italiana ha rallentato dopo il +0,6% congiunturale del primo trimestre. La Banca d’Italia ha previsto nel corso dell’anno una stagnazione del prodotto in linea con la tendenza in atto nell’Area euro. La congiuntura sta risentendo sia dell’inflazione, che a giugno 2023 era al 6,7% (Area euro al 5,5%) sia delle mutate condizioni dell’accesso al credito divenute più restrittive che stanno rallentando gli investimenti mentre consumi delle famiglie sono aumentati a ritmi più contenuti. Si è registrata un’ulteriore flessione dell’attività manifatturiera solo in parte compensata dall’espansione del settore dei servizi, in particolare quello turistico che tuttavia sta riscontrando difficoltà nel reperimento di forza lavoro.

Sulla scorta dei risultati della situazione congiunturale attuale lo scenario di base di previsione macroeconomica per il triennio 2023-2025  è stato aggiornato. La crescita per l’anno in corso è stimata all’1,3%, per il 2024 +0,9% e per il 2025 +1,0%. La revisione al ribasso delle stime dipende dall’irrigidimento delle condizioni di finanziamento e dalla debolezza del commercio internazionale. Gli investimenti subiranno un rallentamento, solo in parte compensati dall’attuazione degli interventi previsti dal PNRR. L’inflazione in media nell’anno è stimata al 6,0% mentre convergerebbe a 2,5 e 20, rispettivamente nel 2024 e nel 2025, valori vicini al target BCE. L’inflazione di fondo è stimata al 4,5% come media sull’anno e al 2,0% alla fine del 2025.

IL mercato monetario resta sotto osservazione: tra maggio e giugno la BCE ha incrementato i tassi di riferimento per complessivi 50 punti base. Un azione dall’intensità intermedia rispetto alle decisioni della Federal Reserve, che a giugno ha lasciato i tassi inalterati e della Banca d’Inghilterra, che nello stesso mese ha accelerato le restrizioni di politica monetaria incrementando il tasso di riferimento di 50 punti base. In coerenza con quanto annunciato in precedenza, le decisioni future della BCE saranno prese in base ai dati disponibili, in modo da agire tempestivamente per il raggiungimento dell’obiettivo del 2,0%. La BCE ha inoltre confermato i reinvestimenti nell’ambito del programma di acquisto di attività finanziarie e nell’ambito del PEEP con modalità flessibile almeno fino alle fine del 2024.

Banca d’Italia – Bollettino Economico n. 3

https://www.bancaditalia.it/media/notizia/bollettino-economico-n-3-2023/

IL RISCHIO DI SQUILIBRI MACROECONOMICI

In un’area con una moneta unica, l’eterogeneità dei tassi di inflazione tra Paesi rappresenta un motivo di preoccupazione ed è necessario indagare perché e che cosa può significare. Differenti livelli di inflazione tra Paesi costituenti un’unione monetaria sono fisiologici per diverse ragioni. In primo luogo, a causa delle differenze strutturali in quanto le Regioni si sono specializzate in diversi settori dell’economia; vi sono, inoltre, differenze nei rispettivi ambienti normativi e infine vi possono essere differenze di popolazione in termini di preferenze o livelli di reddito delle persone. Le differenze tra i fattori regionali sul lato della domanda e dell’offerta, alla base della formazione dei prezzi, possono spiegare gli impatti asimmetrici degli shock causati dall’unione e l’eterogeneità del livello di inflazione tra Paesi.

Dal 2020 l’inflazione nell’Area euro ha seguito un’evoluzione che si può suddividere in quattro fasi. La prima è quella del Grande Lockdown, dei primi mesi del 2020: l’attività economica ha subito un collasso e l’inflazione è diventata negativa. La fase di ripresa, nei primi mesi del 2021, è stata caratterizzata da colli di bottiglia e da una risoluta azione di politica fiscale e monetaria coordinata a livello globale. Nella terza fase, l’incremento già in corso dei prezzi delle materie prime è stato esasperato dall’invasione russa dell’Ucraina per l’elevata quota di mercato in alcuni mercati di materie prime di questi due Paesi. La quarta fase, ancora in corso, è caratterizzata dal venir meno dei prezzi dell’energia come motore dell’inflazione e dall’allargamento dell’inflazione a tutte le categorie di consumo.

I differenziali di inflazione hanno comportato la modifica del livello dei prezzi relativi nazionali. Nel 2021 l’Irlanda ha il livello di prezzo più elevato per la spesa dei consumi finali  – 44% sopra la media dell’area dell’euro – mentre la variazione più bassa è stata registrata in Croazia 29% e in Lettonia, 28%. Una conseguenza non prevista della dispersione dell’inflazione è che ha favorito, almeno temporaneamente, una convergenza dei prezzi al consumo complessivi. Questa convergenza di prezzi in mancanza di convergenza del reddito aggrava le disuguaglianze sul costo della vita. Sebbene la grande dispersione dell’inflazione nell’area dell’euro sembri essere un fenomeno temporaneo direttamente correlato all’impennata globale dell’inflazione, le sue conseguenze potrebbero non essere temporanee ed è probabile che plasmeranno le dinamiche dei differenziali di inflazione in futuro.

ECFIN – Quarterly Report on the Euro Area (QREA), Vol. 22, No. 2 (2023)

https://economy-finance.ec.europa.eu/publications/quarterly-report-euro-area-qrea-vol-22-no-2-2023_en

IL MISMATCH E IL NODO PRODUTTIVITÀ

Il mismatch, ossia il mancata incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, è un problema molto sentito nel nostro Paese in quanto gli imprenditori denunciano difficoltà a reperire lavoratori qualificati. In Italia, secondo i dati Eurostat, nel quarto trimestre del 2022 il tasso dei posti vacanti (misura del mismatch ottenuta dal rapporto del posti vacanti nell’economia sui posti totali) era in linea con quella degli altri Paesi europei: 1,9%, superiore a quello Spagna 0,9% ma inferiore a quello di Germania 4,4% e dell’UE27 al 2,8%. Questi dati sembrano smentire quello che gli imprenditori considerano una carenza cronica. In apparenza il fenomeno potrebbe apparire meno grave di quanto effettivamente lo sia, con valori in linea con il resto dell’Unione europea.

Osservando i dati ISCED, il livello di istruzione del nostro Paese risulta molto basso, con una percentuale di popolazione in possesso di istruzione terziaria (ad esempio laurea, laurea magistrale, master universitari di primo e secondo livello) del 18,1% contro la media dell’Eurozona a 20 del 31%. La percentuale della popolazione con un tasso di istruzione basso è molto elevata 37,7%, valore che si avvicina a quello della Spagna che ha il 38,8%. Tra gli individui nella classe di età 24-54 vi è una percentuale di popolazione con un basso livello di istruzione (prima infanzia e istruzione primaria) del 37,1%, 10 p.p. in più rispetto alla media dell’Eurozona a 20. Il fenomeno del mismatch ha una duplice dimensione: orizzontale se è difficile assumere laureati di un certo tipo, verticale se le qualifiche possedute sono superiori o inferiori a quelle richieste dal mercato.

In Italia al basso livello di istruzione si associa un elevato tasso di mismatch orizzontale quantificato nel 37%: un valore di 15 p.p. superiore alla Germania e di quasi 5 p.p. rispetto alla media UE. Nonostante il numero molto basso di popolazione in possesso di istruzione terziaria, il mismatch verticale, dovuto a sovraqualificazione, è elevato. In Italia le imprese sono caratterizzate storicamente da media intensità tecnologica e da una bassa propensione agli investimenti con una conseguente bassa produttività e valore aggiunto che ricadono sui livelli retributivi, tra i più bassi tra le grandi economie dell’Area euro. In conclusione le soluzioni proposte sono: rinnovamento del sistema produttivo, attuabile nel lungo termine. Nel breve termine, riformare il sistema di istruzione, superando l’attuale dualismo tra percorso generalista e professionalizzante.

OCPI – Come affrontare il problema del mismatch

https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-come-affrontare-il-problema-del-mismatch

LE STIME DI FINANZA PUBBLICA DURANTE GLI EVENTI ECCEZIONALI

Le previsioni di finanza pubblica sono soggette a margini di incertezza fisiologici e gli scostamenti tra stime e risultati sono esiti non evitabili di ciascun esercizio previsivo. Date queste premesse l’UPB ha effettuato un’analisi retrospettiva per ciascun anno tra il 2015e 2022, delle previsioni di finanza pubblica elaborate in occasione del Documento di economia e Finanza (DEF) e della Nota Tecnica Illustrativa (NTI), rispettivamente l’anno precedente (T-1) e l’anno (T) di previsione. Le analisi degli scostamenti sono stati effettuati sui dati T+1 elaborati dall’ISTAT in occasione della notifica di aprile inviata all’Eurostat. Il periodo è stato suddiviso in due fasi: dal 2015 al 2019 e dal 2020 al 2022. Quest’ultimo periodo è stato caratterizzato da eventi eccezionali, pandemia e ripresa dell’inflazione.

Nel periodo 2015-2019, l’indebitamento netto per ciascun anno si è attestato su valori in linea con i documenti programmatici elaborati a ridosso della legge di bilancio (Nota tecnica illustrativa a T-1) mentre si sono rilevati scostamenti maggiori con il DEF a T-1. Lo scostamento del DEF a T-1 non è dovuto a errori di previsione ma alla presenza delle clausole di salvaguardia sulle imposte dirette che nei documenti successivi erano sterilizzati in gran parte del deficit grazie alla flessibilità concessa dalla Commissione europea. Non considerando i DEF a T-1, gli scostamenti medi tra previsioni del MEF sui saldi di finanza pubblica sono di grandezza equivalente a quelli delle previsioni elaborate dalla Commissione europea.

Nel periodo 2020-2022 si sono osservati scostamenti maggiori sia nelle previsioni elaborate dal MEF sia quelle della Commissione a causa dell’eccezionalità degli eventi occorsi in questo triennio: pandemia e ripresa dell’inflazione. Vi è stata la sottostima del deficit del 2020, che è stata corretta nel corso dell’anno, vi è stata, inoltre, la sovrastima nel 2021 e la sottostima nel 2022. Quest’ultima sottostima va menzionata in quanto le stime iniziali dell’effetto dei bonus edilizi erano più contenute di quelle che si sono effettivamente realizzate a causa di un diverso criterio di contabilizzazione in uso che è stato modificato in seguito al confronto tra ISTAT ed Eurostat. Da segnalare nel 2021 una sottostima delle entrate nella parte relativa all’imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei beni aziendali.

UPB – Analisi retrospettiva dell’accuratezza delle previsioni di finanza pubblica nei documenti programmatici: anni 2015-2022

https://www.upbilancio.it/focus-n-3-2023-analisi-retrospettiva-dellaccuratezza-delle-previsioni-di-finanza-pubblica-nei-documenti-programmatici-anni-2015-2022/