La selezione della settimana: #1 ECFIN: le previsioni di primavera 2023 stimano una crescita del PIL reale nell’Unione europea dell’1,0%, maggiore di 0,7 p.p. rispetto allo 0,3% stimato nelle previsioni di autunno. #2 Eurostat: la popolazione dell’Unione europea è aumentata del 4% negli ultimi 20 anni. È cresciuta anche la quota degli ultra-sessantacinquenni, passata dal 16% al 21%. #3 PIIE: l’invasione dell’Ucraina non è stata fermata dalle sanzioni economiche imposte alla Russia sebbene abbia impedito il raggiungimento degli obiettivi territoriali. #4 IMF: le politiche fiscali hanno effetti sull’inflazione soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Gli effetti riguardano sia l’inflazione complessiva sia quella core e dipendono da diversi fattori quali il margine di bilancio e le condizioni economiche del paese.


Alla fine del 2022 l’economia globale ha rallentato dello 0,7% sul trimestre precedente. La frenata ha interessato tutti i Paesi, sebbene in modo non omogeneo: nell’Unione europea è stata marcata (-0,1%) mentre gli USA solo marginale (+0,6% in rallentamento rispetto al trimestre precedente). Secondo i dati del primo trimestre 2023, il PIL reale negli USA è cresciuto dello 0,3% contro lo 0,6% del trimestre precedente mentre nell’Unione europea si è registrato +0,3%, in aumento rispetto alla contrazione del trimestre precedente. Le previsioni di primavera della Commissione europea stimano ia crescita per il 2023: UE +1,0%, Italia +1,2%, Germania +0,2%, Francia +0,7% e Spagna +1,9%. (Leggi)

Tra il 2011 e il 2020 la popolazione dell’Unione europea è aumentata del 4% passando da 429 a 447 milioni. Il Rapporto interattivo “Demography of Europe 2023 edition” curato dall’Eurostat, evidenzia come tra il 1° gennaio 2020 e il 1 gennaio 2022 la popolazione sia diminuita di 585mila individui. La percentuale di popolazione al di sopra dei 65 anni è passata dal 16% al 21%. L’Italia è il Paese dove si è registrato il calo demografico maggiore in valore assoluto -611mila individui pari a 1,0% in termini relativi. Tra i Paesi con il calo demografico maggiore in termini relativi, vi sono Croazia -4,8%, corrispondenti a -196mila persone, e Grecia -2,4%, corrispondenti a -269mila individui. (Leggi)

Le sanzioni economiche contro la Russia non hanno fermato l’invasione dell’Ucraina ma stanno impedendo a Wladimir Putin nel raggiungere gli obiettivi territoriali. In un Policy Brief PIIE intitolato “Economic sanctions against Russia: How effective? How durable?” Jeffrey J. Schott rileva che la contrazione delle importazioni dovute alle sanzioni ha costretto l’industria militare russa a ricorrere a fornitori interni ed esteri più cari e inefficienti mentre le finanze del governo si stanno lentamente riducendo. Questa crisi potrà essere di lezione in futuro sull’utilità delle sanzioni economiche nei conflitti tra le potenze principali. (Leggi)

Sia l’inflazione complessiva sia quella core sono aumentate in risposta di politiche fiscali espansive e sono particolarmente significativi nei Paesi in via di sviluppo. In un IMF Working paper intitolato “It’s Never Different: Fiscal Policy Shocks and Inflation” S. Cevik e F. Miryugin evidenziano come l’impatto inflazionistico delle politiche fiscali dipenda principalmente dal margine di bilancio e dalle condizioni economiche dei Paesi, dalla politica monetaria, dai regimi di cambio e dalle regole di bilancio vigenti al momento dello shock. I risultati, che hanno importanti implicazioni di policy, sono stati ottenuti analizzando un panel di 139 Paesi dal 1970 al 2021. (Leggi)

CRESCITA UE 2023 IN CHIAROSCURO

Le previsioni di primavera della Commissione europea sono state formulate in un quadro congiunturale in miglioramento rispetto all’ultimo trimestre 2023, sebbene permangano alcuni elementi di forte incertezza. Complicano il quadro macroeconomico il prolungarsi della guerra in Ucraina, da qualche mese in fase di stallo, il perdurare dell’inflazione sempre a livelli elevati (8,1% ad aprile 2023), e in alcuni Paesi in ripresa, come ad esempio l’Italia, dove è in leggera ripresa ad aprile (8,7% rispetto a 8,1% di marzo) nonostante gli interventi restrittivi della BCE. Il picco dell’inflazione core dovrebbe essere raggiunto nel primo trimestre di quest’anno per cui nel 2023 l’indice armonizzato dei prezzi al consumo è previsto al 5,8% per l’Area euro e al 6,7% nell’Unione europea.

La ripresa economica ha permesso l’ulteriore miglioramento dello stato della finanza pubblica: dal livello record del 2020 del 6,7% sul PIL, il deficit aggregato dell’UE è sceso al 4,8% nel 2021 e al 3,4% nel 2022. Le previsioni per il 2023 vedono un ulteriore miglioramento al 3,1% dovuto a politiche discrezionali e alla completa dismissione delle politiche di sostegno economico varate nel 2020 in risposta all’emergenza sanitaria. La spesa per investimenti pubblici è prevista crescere nel 2024 del 3,4% nell’Unione europea: era il 3% nel 2019 e il 3,2% nel 2022. Quasi la metà della crescita degli investimenti tra il 2019 e il 2022 è collegata a finanziamenti dell’Unione europea.

La crescita economica nel primo trimestre del 2023 ha beneficiato della frenata dell’inflazione e del miglioramento del clima di fiducia tra consumatori e imprese: il PIL nell’UE è cresciuto dello 0,3% e dello 0,1% nell’Area euro, leggermente al di sopra delle previsioni d’inverno 2023. Questo risuonato implica una crescita acquisita per tutto il 2023 a un tasso dello 0,5% nell’Unione europea e dello 0,6% nell’Area euro. In Italia il PIL reale è previsto in rallentamento rispetto al 2022 a 1,2% nel 2023 e 1,1% nel 2024. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo, grazie alla contrazione dei prezzi dell’energia, è previsto al 6,1% in ulteriore diminuzione nel 2024. L’indebitamento netto è previsto in miglioramento al 4,5% nel 2023, grazie alla parziale rimozione delle misure di sostegno all’energia di impatto dell’1% sul PIL e al 3,7% nel 2024. Nelle altre grandi economie UE la crescita reale sarà eterogenea: Germania +0,2%, Francia +0,7% e Spagna +1,9%.

ECFIN – European Economic Forecast. Spring 2023

https://economy-finance.ec.europa.eu/publications/european-economic-forecast-spring-2023_en

CALO DEMOGRAFICO E INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE

La popolazione dell’Unione europea nel 2020 aveva raggiunto i 447,5 milioni di abitanti dopo una crescita pressoché interrotta dal 2001. I Paesi con il maggior incremento di popolazione sono il Lussemburgo +43%, Malta +31%, Irlanda +30% e Cipro +27%. Tra i Paesi con il maggior calo demografico vi sono Lituania ed Lettonia rispettivamente con -20% e -19%. In seguito alla crisi sanitaria, tra il 2021 e il 2022 la popolazione ha subito una contrazione di 585mila individui (-0,2%). I Paesi dove si è registrato la contrazione maggiore in valore assoluto sono l’Italia con 611mila individui in meno, corrispondenti a 1,0%, e la Polonia con 304mila individui in meno, corrispondenti a -0,8%.

I Paesi con la contrazione della popolazione maggiore in termini relativi sono Croazia -4,8% e Grecia -2,4%. La popolazione continua ad invecchiare: tra il 2001 e il 2022 la percentuale degli ultra-sessantacinquenni nell’Unione europea è aumentata del 5% passando dal 15,8% e il 21,2%. La quota degli ultra-ottantenni è quasi raddoppiata passando da 3,4% del 2001 al 6,1% del 2022. L’Italia è il Paese Ue con la maggior percentuale di ultra-sessantacinquenni: nel 2021 erano il 18,6% della popolazione mentre nel 2022 il 23,8%, in particolare gli ultra-ottantenni sono aumentati dal 4,2% al 7,2% della popolazione. Dopo l’Italia il Paese Ue con la percentuale elevata di ultra-sessantacinquenni nel 2022 è il Portogallo con il 23,6%.

Un indicatore alternativo per misurare l’invecchiamento della popolazione è l’età mediana che nel 2022 era di 38,7 anni e nel 2022 di 44,4 anni: nel 2022 tra i Paesi con l’età mediana più elevata vi sono l’Italia con 48 anni, Portogallo 46,8, Grecia 46,1 e Germania 45,8. Tra i Paesi più “giovani” vi sono Cipro con 38,3 anni, Irlanda 38,8, Lussemburgo 39,7 e Malta 40,4. Il tasso di dipendenza degli anziani – ossia il rapporto tra la popolazione di 65 anni in su e la classe di età attiva 15-64 – nella UE è di 33, in Italia vi è il valore più elevato con 37,5 anziani per un individuo in età da lavoro. L’indice di dipendenza strutturale – che aggiunge al numeratore del precedente indice le classi di età 0-14 – nella UE è 56,5, in Italia 57,5 e in Francia 62,5: la differenza tra i due Paesi dipende principalmente dalla classe di età 0-14 che in Italia pesa il 12,7% della popolazione mentre in Francia il 17,5.

Eurostat – Demography of Europe 2023 edition

https://ec.europa.eu/eurostat/web/interactive-publications/demography-2023

LE SANZIONI ALLA RUSSIA: WORKING IN PROGRESS

Dopo un anno dall’imposizione delle prime sanzioni alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, si stanno stilando i primi bilanci sull’efficacia delle sanzioni. Per valutarne correttamente l’efficacia va evidenziato che le sanzioni hanno molteplici obiettivi sia interni che esterni: possono costringere il paese destinatario a modificare le sue politiche, dissuaderlo dall’agire oppure prevenire altri atti aggressivi, punirlo per i suoi crimini oppure, per il paese che le impone, dimostrare nel contesto nazionale la capacità di affrontare e di opporsi ad azioni militari sferrate contro un Paese sovrano. Si può in via preliminare, concludere che le sanzioni non hanno raggiunto pienamente gli obiettivi ma stanno avendo concreto un impatto sulla Russia e si sta lavorando per migliorarle e farle lavorare meglio.

A differenza dell’invasione della Crimea del 2014, quando le sanzioni furono imposte tardivamente a fatto compiuto e avevano l’intento di scoraggiare la Russia a compiere altre azioni, l’attuale alleanza di paesi ha imposto le sanzioni per contrastare l’aggressione militare in Ucraina. Un ruolo cruciale per massimizzare l’impatto coercitivo delle sanzioni e sostenere il supporto politico interno, anche dopo l’aumento dei costi dell’energia e le altre controsanzioni della Russia, è stato giocato da sanzioni coerenti e coordinate imposte dai Paesi del G7 nel loro insieme. Le sanzioni, che sono le più dure da quando l’Unione sovietica si è dissolta, hanno causato il blocco delle produzioni dei pezzi di ricambio per sottomarini e cari armati, costringendo a ricorrere a fornitori di inferiore qualità, quali Corea del Nord e Iran, più cari e con tecnologie obsolete di epoca sovietica.

Queste sanzioni per la prima volta sono state imposte a un Paese che ha armi nucleari ed è tra i primi fornitori di materie prime e prodotti alimentari non lavorati. Per la prima volta Europa e Paesi emergenti stanno sostenendo costi più elevati degli USA. Le sanzioni, tuttavia, possono essere aggirate in quanto non sono asfissianti come quelle imposte all’Iraq per cui è possibile che la Russia si procuri delle merci indirettamente. Anche se la sostenibilità delle sanzioni nel lungo periodo sembra essere messa in dubbio da un affaticamento da sanzioni, questa volta il caso è diverso in quanto le atrocità compiute dai russi in guerra hanno compattato il fronte dei Paesi sanzionatori che stanno fornendo armi ad elevata tecnologia che consentiranno all’Ucraina di sconfiggere la Russia.

PIIE – Economic sanctions against Russia: How effective? How durable?

https://www.piie.com/publications/policy-briefs/economic-sanctions-against-russia-how-effective-how-durable

L’ETEROGENEITÀ DELL’INFLAZIONE DIPENDE DALLE POLITICHE FISCALI

L’eccezionale ritorno dell’inflazione nell’ultimi due anni ha riesumato il quadro macroeconomico degli anni ’70. L’attuale inflazione dipende da un mix di politiche fiscali e monetarie imponenti, dal rimbalzo quasi simultaneo delle economica con squilibri dal lato dell’offerta e dalle ritorsioni della Russia sui prezzi delle materie prime. Nonostante la simultaneità degli eventi l’inflazione è eterogenea tra Paesi: in Europa nel 2022, ad esempio, nei Paesi Baltici, l’inflazione media annua ha sfiorato il 20% in Estonia e Lituania; nelle grandi economie dell’Area euro è stata inferiore al 10%: Germania 7,40% Italia 8,20%. Nel continente americano, gli USA 8,00% il Canada 6,80%, Cile 11,60% ma l’Argentina (che comunque partiva da 42,02% del 2020) 72,43%.

Il lavoro di S. Cevik e F. Miryugin ha indagato sulle cause di questa variabilità tra Paesi, formulando l’ipotesi di un ruolo centrale svolto delle politiche fiscali e controllando per due dimensioni: la posizione di una data economia nel ciclo economico nel momento in cui si verifica lo shock fiscale e il rapporto debito pubblico/PIL, oppure il pagamento degli interessi in percentuale del PIL, come proxy del margine di bilancio al momento in cui si verifica lo shock fiscale. I risultati empirici confermano le ipotesi in quanto il peggioramento del rapporto del saldo di bilancio/PIL di un punto di deviazione standard è correlato all’incremento di 0,56 p.p. dell’inflazione nel primo anno e di 0,71 p.p. cumulartivi nel medio termine.

L’impatto inflazionistico delle politiche fiscali è confermato anche utilizzando il saldo primario come indicatore dell’orientamento fiscale anche se con un impatto maggiore sull’inflazione core (esclusi cibo ed energia). Queste dimensioni non spiegano l’eterogeneità tra i Paesi dell’intensità e della persistenza nel tempo dell’inflazione. Controllando per Paesi in via di sviluppo e a basso reddito è emerso un impatto maggiore sull’inflazione complessiva, ma non su quella core che è uguale per tutti, su questa categoria di Paesi. Se un Paese ha uno spazio fiscale limitato, misurato dal rapporto debito pubblico/PIL o dal pagamento degli interessi sul PIL, l’impatto dell’inflazione è più elevato. Infine se i Paesi hanno sono in regime di cambio flessibile, agiscono secondo regole fiscali esplicite e perseguono obiettivi di inflazione per ancorare la politica monetaria, sono più resistenti alle pressioni inflazionistiche causate da shock fiscali.

IMF – It’s Never Different: Fiscal Policy Shocks and Inflation

https://www.imf.org/en/Publications/WP/Issues/2023/05/12/Its-Never-Different-Fiscal-Policy-Shocks-and-Inflation-533309