La rassegna della settimana: #1 IMF: l’inflazione può avere effetti positivi sui saldi di finanza pubblica solo nel breve periodo. Ha effetti duraturi sul debito pubblico solo se lo shock inflazionistico non è annunciato. #2 Cdc: in un quadro normativo non adeguato a garantire la piena esecuzione degli investimenti in sanità, quelli previsti dal PNRR nella Missione 6 vanno attentamente monitorati al fine di assicurare una rapida e certa realizzazione. #3 DT: una valutazione complementare a cura del Dipartimento del tesori italiano ha stimato l’effetto delle riforme strutturali del PNRR sulle variabili macroeconomiche e ha evidenziato risultati significativi nel medio e lungo periodo. #4 OECD: i sussidi statali alle imprese manifatturiere sono difficilmente misurabili per mancanza di dati esaustivi. Da un analisi indiretta dei dati delle imprese si evidenziano i settori maggiormente beneficiari e il ruolo cruciale delle imprese pubbliche nel fornire sostegno ad altre imprese.
Durante i periodi di inflazione elevata i saldi di finanza pubblica migliorano in quanto le entrate sono al passo con l’inflazione mentre le uscite si adeguano più lentamente. In un paper IMF intitolato “The Effects of Inflation on Public Finances“, D. Garcia-Macia (2023), discute anche degli effetti dell’inflazione sul rapporto debito pubblico PIL. Si è osservata una riduzione del rapporto guidato da due canali: il miglioramento del saldo primario e l’aumento del denominatore, il PIL nominale. Gli effetti positivi si verificano, tuttavia, solo in presenza di shock improvvisi, in quanto l’adeguamento aspettative di inflazione non migliora la dinamica del debito. (Leggi)
La spesa per investimenti in sanità tra il 2019 e il 2022 è stata di 7,7 miliardi di euro con un tasso di crescita medio del 9,6%. Nel 2021 è stato attivato l’ammontare maggiore di 2,1 miliardi di euro in aumento del 18,5% rispetto al 2020 mentre nel 2022 vi è stata una contrazione dell’8,6%. La Corte dei conti nell’ambito del PNRR, Audizione parlamentare su adeguamento edilizio e tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, ha evidenziato lo stato di avanzamento degli investimenti nella sanità alla luce della legislazione vigente e a quanto previsto dalla Missione 6 del PNRR. Per garantire tempestività e certezza di attuazione è necessario potenziare il monitoraggio. (Leggi)
Nel 2026 in Italia la crescita del PIL sarà del 3,4% superiore rispetto a uno scenario alternativo dove non è stata attuata nessuna riforma strutturale. È questo il principale risultato di un working paper del Dipartimento del Tesoro intitolato “Structural reforms in the Italian National Recovery and Resilience Plan A macroeconomic assessment of their potential effects”. Gli autori (S. D’Andrea, S. D’Andrea, G. Di Bartolomeo, P. D’Imperio, G, Infantino e Mara Meacci) stimano che l’impatto massimo sarà raggiunto nel 2050 quando l’effetto sul PIL sarà del 10%. L’impatto principale sul PIL sarà dato dalle riforme del mercato del lavoro e formazione, intese a migliorare le abilità dei lavoratori e la partecipazione. (Leggi)
Il supporto di governo ai settori industriali gioca un ruolo sempre più rilevante nel commercio internazionale. Per la mancanza di informazioni dettagliate è difficile, tuttavia, definite l’esatta portata del fenomeno. In un Policy Paper dell’OECD Trade intitolato “Government support in industrial sectors”, sono utilizzati i dati a livello di impresa come misura alternativa dei sussidi all’industria. I risultati mostrano che i sussidi differiscono sensibilmente tra i settori, le imprese statali ricevono maggiore supporto rispetto alle altre e possono fornire sostegno ad altre imprese, ma per la complessità delle catene di approvvigionamento è difficile identificare i beneficiari. (Leggi)
INFLAZIONE E DEBITO PUBBLICO: UNA STRANA COPPIA
Il rapido aumento dell’inflazione dalla seconda metà del 2021 ha riportato in auge il dibattito sul rapporto tra inflazione e finanza pubblica. Di particolare rilevanza sono gli aspetti della sostenibilità del debito e gli effetti redistributivi tra settore pubblico e settore privato. Da un punto di vista teorico, l’inflazione influenza la finanza pubblica attraverso tre canali: aumenta la base imponibile nominale, con un conseguente incremento del gettito fiscale nominale; viene incrementato il costo del debito pubblico per quelle componenti che sono indicizzate al tasso di inflazione; l’aumento del PIL nominale tende a ridurre il rapporto debito su PIL. In risposta all’aumento dei prezzi può seguire l’adozione di politiche fiscali discrezionali come, ad esempio, sussidi e tagli fiscali per alleviare li impatti del costo della vita.
Ulteriori misure possono essere intraprese nell’ambito della politica monetaria con un incremento dei tassi di interesse e interventi sul mercato aperto che comportano l’inasprimento dei costi del servizio del debito che esercitano effetti di diversa ampiezza e dimensione su contribuenti, dipendenti pubblici, pensionati, beneficiari di programmi governativi, fornitori governativi e obbligazionisti in varie forme. Il lavoro di Garcia-Macia ha utilizzato i dati trimestrali dell’IMF dell’International Financial Statistics (IFS) dal primo trimestre del 1999 al quarto trimestre del 2019 e i dati annuali dal 1962 al 2019 del database Public Finances in Modern History sempre dell’IMF, escludendo in entrambi i casi, il periodo della pandemia.
L’analisi con in dati trimestrali ha evidenziato che all’aumento dell’1% dell’indice dei prezzi al consumo corrisponde un incremento dello 0,5% sul PIL dei saldi di bilancio. L’effetto massimo si osserva dopo i primi due trimestri dallo shock. Dai dati annuali si evidenziano le tendenze di lungo periodo: l’aumento del delatore del PIL tende a migliorare il saldo complessivo dello 0,2% nei primi anni e abbassano in modo duraturo il rapporto debito PIL. Il calo del debito è maggiore nei Paesi con un debito iniziale più elevato con un aumento iniziale di 1 punto percentuale della crescita del deflatore del PIL, associato a un calo cumulativo del rapporto debito/PIL di 0,6 punti percentuali. Le risposte sono simili tra economie di mercato avanzate ed emergenti.

VELOCIZZARE GLI INVESTIMENTI IN SANITÀ
Nell’ambito dell’audizione parlamentare sull’adeguamento edilizio e tecnologico della sanità in ambito PNRR, la Corte dei conti ha evidenziato le criticità relative ai ritardi sull’attuazione degli investimenti previsti dalla normativa attualmente vigente. Prima del 2020 gli strumenti normativi che regolavano, e regolano tuttora, gli investimenti in sanità sono l’articolo 20 della legge 11 marzo 1988 n. 67 e il ricorso all’autofinanziamento su risorse correnti. Rispetto alla legge 67/1988, emerge una quadro preoccupante riguardo gli accordi definiti prima del 2010: a questi accordi erano stati destinati 10,8 miliardi di euro di cui sono stati sottoscritti 9,2 miliardi per un totale di 2.369 interventi. Di questi ultimi sono stati ammessi al finanziamento 1.962 interventi (pari all’83%) per 8,7 miliardi.
La Corte ha rilevato come vi siano delle marcate differenze territoriali: al Centro sono operativi meno del 67% degli interventi, nel mezzogiorno il 74% al Nord più del 95%. Sono emerse difficoltà di realizzazione anche per gli interventi previsti dal d.l. 34/2020 che ha previsto, al comma 11 dell’art. 2, il potenziamento della rete ospedaliera. In questo ambito sono stati stanziati 1,5 miliardi di euro di cui la gran parte destinati alla realizzazione di posti letto in terapia intensiva e semi intensiva, per apparecchiature elettromedicali, per mezzi di soccorso sanitari e 54,4 milioni per strutture movimentabili di terapia intensiva. La realizzazione egli interventi è del tutto insoddisfacente: in tre anni è stato pagato solo il 30% delle risorse stanziate, con significative differenze territoriali: al Sud le richieste maggiori ma solo una Regione presenta un assorbimento superiore all’80%.
La Corte ha anche evidenziato che negli ultimi anni a fronte di un fabbisogno di investimenti in aumento, le aziende sanitarie hanno fatto ricorso all’autofinanziamento stornando risorse dal finanziamento corrente, sottraendo risorse in un momento dove i bisogni di salute sono in aumento., incidendo sulla qualità dei servizi. Secondo la Corte le criticità evidenziate non influiranno sulla realizzazione dei programmi del PNRR per il ricorso ai Contratti Istituzionali di sviluppo (CIS), inteso come strumento per velocizzare la realizzazione degli investimenti strategici e definire un quadro organico degli obblighi di ciascuna Regione. Dovrà essere garantito un adeguato monitoraggio e, a tal fine, dovranno essere superate le attuali carenze anche prevedendo l’obbligatorietà della comunicazione dei dati ai Repository previsti (Regis e Mop-Bdap).
PNRR: GLI EFFETTI DELLE RIFORME STRUTTURALI
L’Italia è il principale Paese destinatario dei fondi stanziati dal RFF con 191,5 miliardi di euro a cui si sono aggiunti circa 31 miliardi del fondo complementare, oltre a una serie di riforme strutturali in cinque aree di riforma (PA, giustizia, concorrenza, istruzione e ricerca, mercato del lavoro e formazione). Gli obiettivi del PNRR vanno oltre la crescita economica e mirano a ridurre le disparità tra le Regioni, i generi e tra le generazioni. In working paper del Dipartimento del Tesoro è stata effettuata una valutazione complementare rispetto quelle già effettuate per stimare gli effetti non solo sulla crescita ma anche sugli altri indicatori macroeconomici, evidenziando, questa è la novità, il ruolo di ciascuna delle riforme strutturali.
Le stime sono state misurate nel medio e lungo periodo per tener conto del timing e all’efficienza della loro attuazione. I principali risultati sono i seguenti: nel 2026 alla fine del periodo di attuazione del Piano il PIL reale sarà del 3,4% più elevato rispetto allo scenario alternativo privo di riforme. L’effetto delle riforme si dispiegherà pienamente solo nel 2050 quando il PIL sarà del 10% superiore rispetto allo scenario senza riforme. L’impatto dell’intero pacchetto di riforme sul PIL è determinato principalmente dalle misure relative al mercato del lavoro e all’istruzione, in particolare quelle volte ad aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e rafforzare le competenze dei lavoratori.
Riguardo le altre variabili macroeconomiche, le componenti della domanda seguiranno l’andamento del PIL, salvo per gli investimenti che nel primo periodo saranno rinviati in attesa di miglioramenti di efficienza. Nel lungo periodo, esportazioni, consumi e investimenti cresceranno proporzionalmente al PIL. Il livello dei prezzi diminuirà grazie alle riforme che agiranno come uno shock positivo di offerta. L’incremento della produttività del lavoro porterà nel lungo periodo a un aumento medio dei salari del 6%. Le riforme delle politiche del mercato del lavoro infine incrementeranno l’occupazione del 4%.
SUSSIDI INDUSTRIALI E IMPRESE PUBBLICHE
L’attuale congiuntura geopolitica e sanitaria ha riportato in auge il dibattito nell’ambito delle politiche commerciali sugli aiuti di stato alle imprese manifatturiere. Anche prima della pandemia, i timori dei governi sulla sicurezza nazionale, sull’autonomia strategica e sulla competizione leale avevano indotto i governi ad annunciare nuove misure di supporto e barriere al commercio. Le restrizioni introdotte durante il lockdown hanno aggravato queste preoccupazioni per lo spostamento della domanda dei consumatori, l’interruzione delle catene globali di approvvigionamento, con la conseguente scarsità di semiconduttori e di altri componenti chiave. La crescente digitalizzazione e la necessità della transizione verso emissioni zero di gas serra nella metà del secolo, hanno aumentato la necessità dell’intervento pubblico.
L’invasione russa dell’Ucraina ha spinto alcuni governi ad intervenire per supportare le imprese interessate da carenze e colpite dall’incremento dei prezzi. I sussidi hanno il pregio di essere strumenti di policy molto utili per affrontare emergenze e superare i fallimenti di mercato sebbene a seconde degli obiettivi e del design possono distorcere la concorrenza. Il supporto del governo dà ad alcune aziende un vantaggio sui loro concorrenti che non si basa sulle reali forze di mercato ma sulla generosità del governo che le sostiene. Queste pratiche minano la concorrenza leale e la volontà delle economie di accettare i risultati di questa competizione. A livello dei governi globali che la volontà di affrontare il problema ma la mancanza di dati completi e comparabili, sopratutto nei settori industriali esaspera le preoccupazioni sull’entità dei sussidi e sui loro possibili effetti sul commercio.
I sussidi all’industria, diversamente da altri settori, assumono forme complesse quali una combinazione di sovvenzioni statali, agevolazioni fiscali sul reddito, fattori di produzione venduti alle imprese a prezzi inferiori a quelli di mercato e finanziamenti forniti a condizioni inferiori a quelle di mercato. La conoscenza dell’esatto ammontare dei sussidi è di fondamentale importanza ma ciò è possibile solo grazie all’analisi indiretta dei dati dal lato delle imprese. I risultati mostrano che i sussidi differiscono sensibilmente tra i settori, le imprese statali ricevono maggiore supporto rispetto alle altre e possono fornire sostegno ad altre imprese, ma per la complessità delle catene di approvvigionamento è difficile identificare i beneficiari.
OECD – Government support in industrial sectors
https://www.oecd.org/publications/government-support-in-industrial-sectors-1d28d299-en.htm