La rassegna della settimana: #1 MEF: approvato dal Consiglio dei Ministri il DEF 2023. Secondo il quadro macroeconomico programmatico, nel 2023 il PIL reale crescerà del 1,0%, l’indebitamento netto scenderà al 4,5% e l’inflazione si attesterà al 5,7%. #2 Commissione europea: negli Stati membri UE nel 2022 è migliorato il rischio fiscale a breve termine, mentre nel medio termine si avrà un declino del debito pubblico ma in assenza di adeguate politiche fiscali sarà solo temporaneo. #3 Banca d’Italia: nella prima parte del 2023 per l’Italia viene stimata una ripresa del prodotto grazie alla discesa dei prezzi dei beni energetici e al ripristino delle catene globali di approvvigionamento. Alla tenuta del settore dei servizi si è associata la crescita delle costruzioni e della manifattura. #4 FMI: la crescita economica globale subirà un rallentamento marcato nel 2023 specialmente nelle economie avanzate dove è stimata all’1%. L’inflazione tornerà al valore obiettivo del 2% solo nel 2025.


Secondo il quadro macroeconomico programmatico nel 2023 la crescita del PIL reale sarà dell’1,0%, l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni scenderà al 4,5% dall’8,0% del 2022, il saldo primario sarà in netto miglioramento a -0,8% e il debito su PIL al 142,1% 2,1 p.p. in meno rispetto al 2022. Sono i principali dati di finanza pubblica del Documento di economia e finanza DEF 2023 licenziato dal Consiglio dei Ministri. Il miglioramento delle condizioni di bilancio ottenute grazie al quadro programmatico consentirà di destinare parte delle risorse al taglio del cuneo fiscale sul lavoro dipendente per circa 3 miliardi, altre risorse saranno destinate a interventi per il sostegno della domanda privata e per preservare il potere di acquisto. (Leggi)

La sostenibilità fiscale dell’Unione europea nel breve periodo è in miglioramento rispetto al 2021 mentre quella di medio periodo va monitorata, in quanto in assenza di adeguate politiche fiscali, il rapporto debito pubblico sul PIL tornerà a crescere. Sono le indicazioni più rilevanti del Debt Sustainability Monitor 2022 (DSM) in cui sono stati introdotti da quest’anno alcuni miglioramenti metodologici al fine di rafforzare il monitoraggio in vista della riforma del Patto di stabilità e crescita (SGP). La sostenibilità di lungo periodo è a rischio elevato in 7 Paesi e a rischio medio in 12. Rispetto allo scorso anno, i rischi di sostenibilità a breve termine sono diminuiti, ma i rischi a medio e lungo termine restano invariati. (Leggi)

Nel quarto trimestre del 2022 la ripresa dell’economia italiana si è interrotta: il PIL ha registrato -0,1%, rispetto al +0,4% del trimestre precedente. Vi è stata sia una contrazione significativa dei consumi privati sia un incremento degli investimenti. Sono aumentate le esportazioni a fronte di una diminuzione delle esportazioni, grazie al calo dei prezzi dei beni energetici, il saldo di conto corrente è tornato positivo. Il Bollettino Economico n. 2 – 2023 di Banca d’Italia, fa il punto sulla congiuntura trimestrale italiana alla luce degli scenari interni e globali. Numerosi segnali positivi fanno presagire una lieve ripresa dell’attività economica nel primo trimestre di quest’anno. (Leggi)

La crescita economica globale, nello scenario più probabile, rallenterà dal 3,4% del 2022 al 2,8% del 2023. Nel World Economic outlook di aprile 2023, il FMI ha previsto un rallentamento dell’attività economica, sopratutto per le economie avanzate. Questo gruppo di Paesi vedrà un marcato rallentamento della crescita dal 2,7% del 2022 al 1,3% del 2023. Sulla base di un secondo probabile scenario, caratterizzato da ulteriori stress del sistema finanziario, la crescita del 2023 potrebbe subire un rallentamento ancora più marcato: 2,5% a livello globale e 1,0% nelle economie avanzate. L’inflazione è prevista in calo da 8,7% del 2022 al 7,0% del 2023. (Leggi)

IL SENTIERO STRETTO DEL DEF 2023

Secondo le ipotesi formulate nel quadro macroeconomico programmatico il PIL reale dovrebbe crescere nel 2023 dell’1%, la differenza rispetto al quadro tendenziale, dove la stima di crescita è dello 0,9%, dipende dagli effetti positivi degli interventi di riduzione del cuneo fiscale (a cui il governo ha destinato 3 miliardi per il 2023) e dalle misure per il sostegno dei consumi privati e del mantenimento del potere di acquisto. Il Governo si muove su un sentiero stretto, per la necessità di controllare il livello dell’indebitamento netto e di ridurre il livello del debito pubblico. Le risorse aggiuntive con cui finanziare la manovra sono state recuperate grazie al miglioramento dei margini di bilancio rispetto allo scenario tendenziale (ossia a legislazione vigente).

Secondo il quadro programmatico, l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni scenderà al 4,5% dall’8,0% del 2022. Questo obiettivo si giustifica in quanto gli effetti dei bonus fiscali sono stati già contabilizzati per la massima parte nel 2022. Il saldo primario sarà in netto miglioramento a -0,8% e il debito su PIL al 142,1%, 2,1 p.p. in meno rispetto al 2022. L’incidenza dei crediti fiscali dovuti ai bonus si dovrebbe ridurre a partire dal 2027, per cui il Governo considera verosimile ritornare al livello pre-crisi del 134,9% alla fine del decennio. Tra il 2023-ì e il 2025 i tassi più elevati comporteranno una maggiore spesa per interessi che sarà controbilanciata dalla crescita economica e dall’inflazione. Il saldo primario, in netto miglioramento nel 2023 (-0,8% contro -3,6 del 2022), tornerà positivo a partire dal 2025.

I rischi della previsione del governo dipendono dall’andamento dell’inflazione influenzata dall’andamento delle materie prime e dalle decisioni di politica monetaria delle banche centrali. L’inflazione è in diminuzione sia per la riduzione del prezzo del gas naturale sia per la stretta monetaria che ha contribuito a moderare l’inflazione di fondo. La discesa dei prezzi delle materie prime potrà essere invertita dalle decisioni sulla quantità offerta del cartello OPEC+ e dalla riapertura della Cina che potranno determinare spinte inflattive in un contesto di stretta monetaria. Vi sono, infine, alcuni rischi per il commercio internazionale dovuti dal rallentamento dell’economia USA e all’ulteriore geoframmentazione dello scenario politico.

MEF – Documento di Economia e Finanza 2023 – Programma di Stabilità dell’Italia

https://www.mef.gov.it/documenti-pubblicazioni/doc-finanza-pubblica/index.html#cont1

MANTENERE ALTA LA GUARDIA

Nel 2022 la sostenibilità fiscale dell’Unione europea è migliorata nel breve periodo. Rispetto all’edizione del Fiscal Stability Report 2021, dove Cipro e Grecia si trovavano ad affrontare vulnerabilità di breve periodo, dovute a variabili sia fiscali che macrofinanziarie, nel DSM 2022, nessun Paese si trova in questa condizione. Secondo l’indicatore S0 tutti i paesi hanno bassi rischi di stress fiscale nel 2023. Tuttavia, l’indicatore S0 identifica alcune vulnerabilità a breve termine. In particolare, il fabbisogno di finanziamento lordo delle amministrazioni pubbliche, un importante fattore predittivo dei rischi per la sostenibilità di bilancio a breve termine, dovrebbe restare elevato a breve termine in sei Stati membri (Belgio, Francia, Italia, Spagna, Austria, Germania). Inoltre, i rendimenti sovrani sono recentemente aumentati nell’UE.

Il rischio di medio periodo dovrebbe diminuire leggermente fino alla fine degli anni ‘20 a politiche fiscali invariate. Il rapporto debito/PIL, in assenza di interventi correttivi, tornerà a salire a causa del crescente costo dell’invecchiamento della popolazione e di un effetto valanga gradualmente meno favorevole, che combina l’impatto del pagamento degli interessi e della crescita nominale sulla dinamica del debito. Nello scenario di base, si presume che il differenziale del tasso di interesse-crescita (“r-g”) rimanga solo leggermente negativo entro il 2033 e quindi attenuerà marginalmente la crescente pressione dei costi dell’invecchiamento sulle finanze pubbliche. Uno scenario alternativo mostra che il debito potrebbe tornare quasi al livello precedente alla pandemia entro il 2031 se il disavanzo primario strutturale convergesse nuovamente verso la posizione di equilibrio osservata in media negli ultimi 15 anni.

I rischi per la sostenibilità di bilancio a lungo termine sono elevati in sette Stati membri e medi in dodici Stati membri. I paesi con elevati rischi a lungo termine sono Belgio, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Slovenia e Slovacchia. Il fattore trainante alla base di questa valutazione del rischio si basa sull’indicatore S2 e riflette in gran parte l’aumento dei costi di invecchiamento. Quest’ultimo è dovuto al significativo aumento stimato della spesa pensionistica, nonché della spesa sanitaria e per l’assistenza a lungo termine. Dodici Stati membri affrontano rischi medi per la sostenibilità di bilancio a lungo termine (Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Austria, Polonia, Romania e Finlandia). Il fattore alla base di questa valutazione del rischio è l’indicatore S2, che riflette gli aumenti previsti dei costi di invecchiamento e una posizione di bilancio iniziale sfavorevole.

Commissione europea – Debt Sustainability Monitor 2022

https://economy-finance.ec.europa.eu/publications/debt-sustainability-monitor-2022_en

SPIRAGLI PER L’ECONOMIA ITALIANA

Nei primi mesi del 2023 in Italia sono stati registrati alcuni segnali favorevoli che fanno presagire la ripresa dell’attività produttiva. Il miglioramento delle catene globali di approvvigionamento e l’allentamento della morsa dei prezzi energetici, starebbero favorendo l’attività economica: in tenuta il settore dei servizi, in ripresa le costruzioni e la manifattura in senso stretto. L’indicatore ciclico coincidente Ita-coin, indica un leggero miglioramento rispetto alla rilevazione precedente. Secondo i risultati dell’Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita, i giudizi sulla situazione economica continuano a migliorare. Migliorano anche le condizioni per investire così come confermato dall’indagine dell’Associazione italiana leasing (Assilea).

Sul fronte delle imprese, la produzione industriale si è contratta a gennaio 2023 dello 0,7% rispetto al mese precedente. È diminuita sia la produzione di beni strumentali sia di beni intermedi, sebbene in misura minore, mentre è aumentata la produzione di beni di consumo. È stato registrato un ampio divario tra i settori con impiego intenso di input energetici ed il resto del comparto: a partire dalla primavera del 2022 l’attività dei settori energivori si è contratta dell’11% mentre i settori non energivori si sono contratti dell’1%. Secondo le stime di Banca d’Italia a febbraio e a marzo di quest’anno la produzione sarebbe in aumento rispetto ai mesi precedenti. Sono migliorate le condizioni per investire e si stima un incremento degli investimenti nei mesi di gennaio e febbraio.

I consumi delle famiglie si sono contratti dell’1,6% nel quarto trimestre del 2022. I forti rincari hanno interessato tutte le categorie di beni e il potere di acquisto si è ridotto del 3,7% nonostante gli interventi governativi a supporto del reddito delle famiglie. La propensione al risparmio è scesa al 5,3% che è un valore storicamente molto basso. Nei primi due mesi dell’anno la spesa delle famiglie è rimasta debole: l’indicatore dei consumi di Confcommercio è diminuito a riflesso della contrazione dell’acquisto di servizi e della tenuta di quello di beni. Sul fronte degli scambi con l’estero, il saldo di conto corrente è tornato positivo alla fine del 2022 grazie alla discesa dei prezzi dei beni energetici. Nei primi mesi del 2023 è previsto un ulteriore miglioramento del saldo commerciale con le esportazioni che avrebbero rallentato meno delle importazioni.

Banca d’Italia – Bollettino Economico n. 2 – 2023

https://www.bancaditalia.it/media/notizia/bollettino-economico-n-2-2023/

INFLAZIONE DURATURA

La crisi del settore finanziario negli Stati Uniti e in Europa si è manifestata nel momento in cui l’economia globale stava mostrando i primi segnali di stabilizzazione dopo gli eventi bellici del 2022 e l’insorgenza dell’inflazione. Insieme alle crisi finanziarie, che hanno coinvolto banche statunitensi ed europee nel primo trimestre di quest’anno, le incertezze del 2022 sembrano perdurare anche nel 2023: elevati livelli di inflazione, politiche monetarie restrittive attuate per arginare l’aumento dei prezzi, politiche fiscali con margini di manovra limitati a causa del debito pubblico accumulato durante gli anni della pandemia, prezzi elevati delle merci e apertura dell’economia cinese. Alla luce di questo scenario incerto la crescita globale è stata stimata al 2,8% nel 2023, mentre per le economie avanzate all’1,3% (per l’Italia + 0,7%).

Dopo l’intervento delle banche centrali e la contrazione del prezzo dei prodotti energetici, l’inflazione sta rapidamente rallentando anche se vi è ancora incertezza se il suo precorso – calcolato come media mobile sui tre mesi – si stia indirizzando al ritorno ai livelli pre-crisi o verso una fase plateau. Tra i paesi europei nel 2022 si sono osservano livelli eterogenei dell’inflazione totale: nell’Area euro l’inflazione sull’anno è stata del 7% mentre in alcuni Paesi ha superato il 15% e nel Regno Unito ha superato il 10%. L’inflazione potrebbe restare vischiosa perché insieme agli shock di costo pregressi vi sono tensioni sul mercato del lavoro posizionato su livelli storicamente molto rigidi soprattutto negli Stati Uniti, in quanto dopo la pandemia l’offerta di lavoro non è ripresa a causa dei lavoratori più anziani rimasti volontariamente fuori del mercato del lavoro.

Nonostante questa situazione, non vi è stata la tanto temuta spirale prezzi salari, che come già accaduto negli anni ‘80 del secolo scorso, avrebbe contribuito a portare l’aumento dei prezzi fuori controllo. La politica monetaria è intervenuta più velocemente e in modo più coordinato rispetto a quanto non sia successo in passato a partire dal 2021. La fermezza con cui è stato comunicato l’intenzione di mantenere i tassi d’interesse elevati per lungo tempo ha evitato il disallineamento delle aspettative di inflazione: i previsori professionisti hanno mantenuto le previsioni del tasso di inflazione a 5 anni vicino ai livelli pre pandemia. Nel 2023 l’inflazione nelle economie avanzate è stata stimata in media al 4,7% (3,3% a fine periodo), nell’Area euro 5,3% (3,8% a fine periodo), per l’Italia 4,5% in media e a fine periodo.

FMI – World Economic Outlook April 2023

https://www.imf.org/en/Publications/WEO/Issues/2023/04/11/world-economic-outlook-april-2023