La rassegna della settimana: #1 RGS: tra il 2019 e il 2021 il personale del SSN è aumentato del 3,2% grazie a una nuova disciplina delle assunzioni e ad alcuni decreti emergenziali emanati durante i primi mesi del 2020. #2 ECB: la banca centrale europea nella riunione del 16 marzo ha aumentato di 50 punti base i tre tassi di riferimento. Il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principiali, quello suo rifinanziamento marginale e sui depositi salgono rispettivamente al 3,50%, 3,75% e 3,00%. #3 BIS: Le crisi bancarie in Usa e in Svizzera che potrebbero comportare un serio rischio sistemico sono nate in un periodo in cui le banche centrali, dopo lunghi anni di politica monetaria accomodante, hanno intrapreso una stretta monetaria. #4 IMF: dopo il Covid-19 vi è un rinnovato interesse per la politica industriale: Stati Uniti, Giappone e UE stanno investendo per incentivare lo sviluppo di alcuni settori strategici nei propri confini anche se vi è il rischio di un trilemma.
Nel 2021 gli occupati del SSN sono aumentati di 21mila unità arrivando a 670.566 dalle 649.523 del 2019, con una variazione positiva pari al 3,2% (+2,3% tra il 2019 e il 2020). È quanto emerso dall’approfondimento tematico della RGS sui dati del Conto Annuale del Personale 2021 per il settore della sanità. L’inversione del trend – sempre in diminuzione dal 2009 (quando vi erano 693.600 unità) a causa delle misure di contenimento della spesa di personale a partire dal triennio 2005-2007 e successivamente rinnovate – è stata favorita sia da una nuova normativa sulle assunzioni approvata nel 2019, sia dai decreti emanati nel 2020 per soddisfare le esigenze nate durante l’emergenza da Covid-19. (Leggi)
La BCE continua la politica monetaria restrittiva. Nella seduta del 16 marzo scorso i principali tassi di riferimento sono stati aumentati di 50 punti base con decorrenza 22 marzo. Il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginali e il tasso sui depositi sono aumentati rispettivamente al 3,50%, 3,75% e 3,00%. Riguardo il Programma di acquisti di assettatevi (APP) il portafoglio diminuirà gradualmente di 15 miliardi al mese fino a giugno di quest’anno mentre nel caso del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP) saranno reinvestiti solo i pagamenti di capitale maturati a scadenza. (Leggi)
L’impatto della politica monetaria sulla stabilità dei mercati finanziari e creditizi è ambivalente. Da un lato una politica monetaria accomodante contribuisce a stabilizzare il sistema finanziario, come è accaduto durante la pandemia, ma dall’altro una politica monetaria divenuta restrittiva in modo repentino può provocare squilibri macroeconomici. Un paper BIS “Monetary Policy and Endogenous Financial Crises”di F. Boissay et. al (2022) ha affrontato la questione giungendo a tre risultati. Un tema di stringente attualità alla luce delle recenti crisi bancarie di Usa e Svizzera con significativi rischi sistemici e di contagio e che richiederebbero alla banche centrali una pericolosa inversione di rotta. (Leggi)
La pandemia di Covid-19, le interruzioni nelle catene globali di approvvigionamento e le recenti tensioni nel commercio internazionale hanno indotto le principali economie globali a riprendere la politica industriale. Un’analisi pubblicata sul blog IMF F&D di R. Agarwal intitolata “Is it time to strike a new balance between state intervention and market forces?“, avverte sui pericoli del cosiddetto trilemma insiti nella politica industriale. Perseguire due dei tre obiettivi alla volta quali crescita economica, stabilità fiscale e finanziaria e istituzione di campioni nazionali, sacrifica il terzo e costringe i policymaker, pressati dal proprio elettorato, a decisioni difficili. (Leggi)
IL PERSONALE DELLA SANITÀ: DALLE MISURE DI CONTENIMENTO DELLA SPESA AL COVID-19
Nel 2019 nel SSN si è assistito a una “storica” inversione di tendenza nella consistenza di personale, aumentato nel triennio 2019-2021 di 21.043 unità in valore assoluto (+3,2% in termini relativi). Dal 2009, anno in cui è stata approvata la legge 191/2009 (legge finanziaria 2010) che ha reiterato per il triennio 2010-2012 i provvedimenti di contenimento della spesa della legge finanziaria 2007 in cui si reiteravano, a loro volta, i limiti introdotti dalla legge finanziaria 2005, al 2019 vi è stata una contrazione di 44.077 unità di personale pari a -6,4%. Diversamente dalle altre Amministrazioni pubbliche, il comparto della Sanità non è stato sottoposto a un blocco del turnover ma a un contenimento della spesa: la legge finanziaria del 2005 aveva previsto un tetto di spesa al lordo degli oneri riflessi e dell’IRAP alla corrispondente spesa sostenuta nel 2004, diminuita dell’1,4%.
Nel limite venivano esclusi gli arretrati dovuti ai rinnovi dei CCNL e qualunque forma contrattuale legata a finanziamenti esterni mentre erano inclusi i contratti di lavoro a tempo determinato e quelli di collaborazione coordinata e continuativa. Con il decreto legge 98/2011 recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, a fronte del mancato raggiungimento degli obiettivi da parte di molte Regioni, è stata introdotta una verifica più stringente sul rispetto dei vincoli: le Regioni sono considerate “adempienti” con decorrenza 1° gennaio 2015 nel caso abbiano raggiunto il limite come stabilito. Nel caso di mancato rispetto del tetto di spesa, nel periodo 2013-2019 le Regioni sono chiamate a un percorso di riduzione dello 0,1% annuo a partire dal 1° gennaio 2015.
Nel 2019, con il DL Calabria, sono cambiati i parametri di contenimento della spesa di personale con altri più flessibili: il limite di spesa è riferito all’anno 2018 come certificato dal Tavolo di verifica degli adempienti. Il limite del 2018, così come quello del 2004, sempre vigente nel caso che il nuovo limite non sia stato raggiunto, può subire aumenti pari al 10% dell’incremento del FSR dell’anno precedente. Nel caso di ulteriore fabbisogno di personale va preso un accordo con il tavolo tecnico per una spesa i importo massimo del 5% dell’incremento del FSR dell’anno precedente. Con i decreti emergenziali del 2020 n. 18, 34 e 104, sono state introdotte procedure straordinarie di reclutamento per fare fronte all’emergenza sanitaria che hanno coinvolto 66mila unità in parte in via di stabilizzazione.

CONTINUA LA STRETTA MONETARIA DELLA BCE
Dopo le turbolenze del settore bancario USA e svizzero erano sorti dei dubbi sul proseguimento delle politiche monetarie restrittive sia della FED sia della BCE. La FED ha confermato l’orientamento e ha aumentato il tasso di interesse di 25 punti base portando i tassi sui fondi federali in un range compreso tra il 4,75 e il 5%. L’inflazione USA è scesa al 6% sull’anno, un valore ancora lontano dall’obiettivo del 2%. La BCE dopo aver rivisto di nuovo al ribasso le previsioni dell’inflazione totale per il triennio 2023-2025 rispettivamente a 5,3%, 2,9% e 2,1%, ha incrementato i tassi di riferimento di 50 punti base. L’inflazione esclusi cibo ed energia sta, tuttavia, continuando ad aumentare ed è attesa nel 2023, secondo le previsioni di febbraio, al 4,6%, un valore più elevato di quanto stimato nelle proiezioni di dicembre.
Le previsioni per il 2024 e il 2025, rispettivamente a 2,5% e 2,2%, sono state formulate nell’ipotesi dell’efficacia della stretta monetaria e del progressivo affievolirsi delle tensioni sui mercati che hanno causato shock di offerta dopo l’apertura del post pandemia. I programmi di acquisto dei titoli subiranno un graduale ridimensionamento: l’APP vedrà un reinvestimento solo parziale dei pagamenti di capitale da titoli in scadenza e il portafoglio decrescerà a un ritmo di 15 miliardi di euro al mese fino alla fine di giugno 2023, dopo quella data l’ammontare sarà deciso di volta in volta a seconda degli orientamenti di politica monetaria. Il PEPP vedrà il reinvestimento solo dei pagamenti di capitale da titoli in scadenza almeno fino alla fine del 2024: dopo quella data la futura dismissione sarà effettuata senza interferire con l’appropriato orientamento della politica monetaria.
Durante l’annuncio del rialzo la presidente ECB Lagarde ha dichiarato la proiezione della durata dell’inflazione per un periodo troppo lungo ha indotto il consiglio ad aumentare i tassi di riferimento di 50 punti base. Dal lato macroeconomico, l’Unione europea ha evitato la contrazione come previsto in precedenza anche se ha una diminuzione significativa della domanda domestica privata: i consumi dello 0,9% mentre gli investimenti del 3,6%. Il mercato del lavoro al contrario resta forte: l’occupazione è aumentata dello 0,3% nel terzo trimestre del 2022 e il tasso di disoccupazione è al livello già basso di sempre del 6,6%. Continuano le pressioni inflazionistiche nonostante l’inflazione a febbraio sia diminuita all’8,5%: quella dei generi alimentari è ancora aumentata al 15%, quella escluso gli alimentari e l’energia 5,6% e quella dei beni industriali non energetici al 6,8%.
ECB – Combined monetary policy decisions and statement
https://www.ecb.europa.eu/press/pressconf/2023/html/ecb.is230316~6c10b087b5.en.html

LE BANCHE CENTRALI A UN BIVIO?
Gli obbiettivi di politica monetaria e di stabilità del sistema finanziario e creditizio possono collidere tra loro. Il recente rialzo repentino dei tassi di interesse da parte delle banche centrali ha messo in difficoltà gli istituti di credito, che negli anni di tassi bassi hanno riempito i loro attivi di titoli di stato a lungo termine che garantivano remunerazioni superiori a quelle dei depositi presso le banche centrali. Negli USA le banche hanno fatto incetta negli anni precedenti di bond (titoli di stato) e i Mortgage-Backed Securities (Mbs), titoli garantiti da mutui.
Il rialzo dei tassi, se non contrastato da politiche di dimissione o con strumenti di copertura (derivati), determina ingenti perdite in conto capitale come è accaduto alla Silicon Valley Bank (SVB), che è entrata in una profonda crisi di liquidità. Il rialzo dei tassi – anche se in questo caso è associato a una gestione del rischio da parte della SVB poco oculata – potrebbe innescare una crisi sistemica a rischio di contagio globale. Tralasciando il caso del Credit Swiss, la politica monetaria è rischiosa sia se è troppo accomodante o sia se è troppo restrittiva. La politica monetaria troppo accomodante è stata all’origine della Grande crisi finanziaria del 2007-2008. Gli anni immediatamente precedenti, dal 2003 al 2005, sono stati caratterizzati da una Grande deviazione, in cui la politica monetaria è diventata meno basata sulle regole, meno prevedibile e troppo permissiva.
Da uno studio BIS condotto sul modello classico Neo Kenesiano ampliato per tener conto di deviazioni persistenti dallo stato stazionario, di shock idiosincratici delle imprese e delle frizioni che rendono fragile il mercato, sono stati raggiunti tre risultati. In primo luogo, la politica monetaria influisce sulla probabilità di una crisi non solo nel breve periodo attraverso gli effetti noti sulla produzione e sull’inflazione ma anche nel medio periodo attraverso l’accumulazione di capitale. In secondo luogo, una banca centrale può aumentare il benessere allontanandosi da un rigido obiettivo di inflazione e rispondendo sistematicamente alle fluttuazioni della produzione. In terzo luogo, le crisi finanziarie si possono verificare dopo un lungo periodo di allentamento monetario inaspettato e scoppiare quando la banca centrale inverte bruscamente la rotta alzando il tasso ufficiale.
IL TRILEMMA DELLA POLITICA INDUSTRIALE
Gli Stati Uniti, il Giappone e l’Unione Europea hanno riscoperto l’importanza della politica industriale. La pandemia ha evidenziato le debolezze di queste grandi economie in alcuni settori strategici quali il farmaceutico e i semiconduttori. Vi sono anche forti dubbi, da parte della popolazione, sul corretto funzionamento del libero mercato associati ai timori di perdere il vantaggio competitivo del Paese nell’innovazione. Negli Stati Uniti è stato raggiunto un accordo bipartisan sul CHIPS act, un programma di 280 miliardi di dollari, 52 dei quali sono destinati a sovvenzionare i chip (settore in cui gli USA dipendono per il 90 dalle importazioni da Taiwan), incluse severe restrizioni sugli investimenti che le aziende sovvenzionate possono effettuare in Cina.
39 miliardi su 52 sono destinati alla produzione in quanto l’amministrazione Biden ha l’obiettivo di realizzare negli USA due cluster di produzione entro 2030. Il Giappone sta sussidiando 57 imprese con un programma di 500 milioni di yen allo scopo di incoraggiare gli investimenti nei confini e ridurre la dipendenza dalla Cina. L’Unione europea sta rafforzando la sua politica industriale con uno stanziamento di 160 miliardi di euro compreso nel Recovery Fund e destinato all’innovazione digitale (chip, batterie) e adattamento climatico. La politica industriale comporta tre obiettivi: crescita economica, stabilità fiscale e finanziaria e istituzione di campioni nazionali (grandi imprese di rilevanza strategica).
Cercare di ottenere tutti e tre gli obiettivi non è possibile perché perseguendo due di essi, se ne sacrifica il terzo: per esempio la priorità di un governo alla creazione di campioni nazionali sicuri, privilegia l’aspetto della stabilità finanziaria e fiscale, sacrificando il potenziale della crescita economica. Prediligere una strategia rivolta a grandi campioni, pone l’accento sulla politica della crescita ma pone minore attenzione ai problemi di stabilità finanziaria e fiscale. Puntare, infine, su una strategia di capitalismo di mercato equo dà priorità alla crescita e alla stabilità finanziaria senza creare campioni nazionali. I politici sono spinti dall’ansia di assicurare crescita economica e si focalizzano su obiettivi di breve termine, mettendo a rischio la stabilità finanziaria e fiscale e sacrificando gli obiettivi di medio e lungo termine. Il trilemma, dunque, suggerisce prudenza e consiglia ai politici di focalizzarsi sulla crescita di lungo termine, sulla stabilità e di favorire la cooperazione internazionale.
IMF – Is it time to strike a new balance between state intervention and market forces?