La rassegna della settimana: #1 UPB: la missione 6 del PNRR, prima componente, prevede investimenti per 7,5 miliardi di euro per riorganizzare e rafforzare l’assistenza sanitaria non ospedaliera sebbene non manchino le criticità. #2 Bruegel: nel XXI secolo l’economia globale in pochi anni ha vissuto una Grande crisi finanziaria e una pandemia. Negli USA e la UE gli esiti in termini di PIL e, soprattutto, di occupazione sono stati diversi. #3 Banca d’Italia: da un’analisi del mercato del lavoro è emerso che, durante la pandemia, il mercato del lavoro italiano ha subito una profonda trasformazione rispetto al passato. È aumentata la distruzione di posti di lavoro ma è anche diminuita la riallocazione. #4 OECD: le politiche STI (Scienza, Tecnologia e Innovazione) stanno trovando nuova linfa nelle tendenze di lungo periodo e nei recenti avvenimenti (pandemia, digitalizzazione, crisi energetica e cambiamenti climatici).
In Italia il ridimensionamento dell’assistenza ospedaliera è stato ottenuto con la contrazione dei posti letto (a 3,2 per 1000 residenti nel 2019 da 4 del 2005) e senza essere compensato da un adeguato rafforzamento della sanità territoriale. Sono stati progettati investimenti per 7 miliardi di euro e 500 milioni dal fondo complementare destinati a riorganizzare l’assistenza sanitaria territoriale e quella della prevenzione. Il Focus UPB n, 2 su “L’assistenza sanitaria territoriale: una sfida per il Servizio sanitario nazionale“, ha analizzato la componente del PRNN dedicata alla sanità territoriale individuando tre criticità legate al decreto della riforma, il DM 77/2022. (Leggi)
All’inizio del nuovo millennio si sono succedute, nell’arco di poco più di un decennio, due crisi economiche di portata eccezionale, la Grande crisi finanziaria del 2007-2008 e la crisi pandemica del 2020. Entrambe hanno comportato una contrazione del PIL e dell’occupazione ma con risultati diversi tra USA e UE. In un’analisi Bruegel di Z. Darvas (2023), “Two crises, two continents: how the labour-market impacts have differed” è stato evidenziato come la crisi abbia avuto un impatto differente nei due continenti. L’economia USA è stata più resiliente in entrambi le crisi mentre nella UE il mercato del lavoro ha retto meglio durante e dopo la pandemia. (Leggi)
Durante la pandemia nel mercato del lavoro è aumentata la distruzione dei posti di lavoro, anche nelle imprese più produttive. Un Occasional paper della Banca d’Italia intitolato “Creazione, distruzione e riallocazione del lavoro nelle imprese italiane: un’analisi basata sui dati amministrativi” di Citino et al. (2023), ha analizzato il mercato del lavoro italiano tra il 1984 e il 2021 al fine di valutare l’efficienza della distribuzione dei posti di lavoro tra le imprese. La crisi sanitaria ha portato a uno spostamento dell’occupazione verso i servizi di comunicazione e di comunicazione e le costruzioni; in quest’ultimo settore hanno pesato gli orientamenti di politica economica. (Leggi)
Pandemia, cambiamento climatico e crisi energetica si sono aggiunte alle tendenze dei lungo periodo e stanno riscrivendo l’agenda delle politiche STI. Il rapporto OECD “Science, Technology and Innovation Outlook 2023: Enabling Transitions in Times of Disruption” discute sulle nuove sfide globali e sugli obiettivi che possono essere perseguiti con un rafforzamento delle politiche STI. Con le politiche STI è possibile affrontare la sfida delle transazioni gemelle (verde e digitale), aumentare la preparadness, in caso di una nuova pandemia, e sviluppare la capacità di resilienza e adattamento agli shock sebbene siano necessarie relazioni forti nei “tempi normali”. (Leggi)

QUALE ASSISTENZA SANITARIA TERRITORIALE
Guardando al passato, va ricordato che il Piano Sanitario Nazionale 2006-2008, approvato con DPR 7 aprile 2006, che individuava gli obiettivi da raggiungere per attuare la garanzia costituzionale del diritto alla salute, ha avuto esiti poco incoraggianti in quanto in poche Regioni e, nei loro confini, le Case della salute e le associazioni tra Medici di medicina generale (MMG) sono riuscite a diventare il punto di riferimento dei cittadini. Eppure la nuova riorganizzazione della sanità territoriale prevista dal PNRR ricalca, a grandi linee, proprio la struttura di quell’esperienza fallimentare. Gli investimenti previsti di 7 miliardi di euro saranno spesi per il 42,8% nel Mezzogiorno. I 500 milioni aggiunti dal Fondo complementare saranno destinati principalmente al potenziamento del sistema della prevenzione territoriale.
L’assistenza domiciliare sarà potenziata in modo da garantire un incremento di 4,9 p.p. a livello nazionale della presa in carico della percentuale di assistiti con almeno 65 anni al 10% dagli attuali 5,1%. Dall’analisi della riforma, e in particolare del decreto DM 77/2022, emergono tre criticità: la prima osservazione riguarda l’adeguatezza delle risorse, anche oltre l’orizzonte del Piano; la seconda riguarda il coinvolgimento dei MMG nella riforma; la terza si riferisce alla difficoltà di raggiungere l’uniformità degli standard a livello territoriale. Secondo l’UPB le risorse previste dal PNRR non sono sufficienti per la riforma e inoltre, dopo l’orizzonte del 2026, sarà necessario trovare ulteriori risorse per il SSN pari a 1 miliardo di euro per assicurare la continuità dell’assistenza territoriale e 239 milioni per il personale degli Ospedali di comunità.
Il coinvolgimento dei MMG non è ancora stato definito secondo linee guida che definiscano il ruolo e l’inquadramento: non sono ancora state stabilite le modalità di partecipazione alle strutture e i percorsi di formazione adeguati ai nuovi assetti dell’assistenza territoriale. Il DM 77/2022 è il nuovo regolamento che dovrebbe assicurare gli standard di assistenza sul territorio nazionale sebbene vadano calati nei diversi modelli di assistenza territoriale. Il Distretto sanitario va considerato come un organismo per garantire il contenimento dei costi e l’appropriatezza delle prestazioni. È previsto, infine, un ruolo anche del privato a seconda delle scelte organizzative delle regioni.
DUE CONTINENTI DUE RISULTATI
Sia durante la Grande crisi finanziaria (GFC), culminata con il fallimento di Lehman Brothers a settembre 2008, sia durante il lockdown, tra marzo e aprile del 2020, il PIL e l’occupazione di USA e UE hanno subito una profonda contrazione sebbene nei due continenti si siano osservate delle traiettorie diverse. In entrambe le crisi la contrazione del prodotto è stata maggiore nell’UE a fronte di una maggiore contrazione del mercato del lavoro USA. Anche i tempi di ripresa sono stati diversi in quanto dopo la GCF gli USA sono tornati ai livelli pre-crisi nel quarto trimestre del 2010 mentre l’UE ha impiegato tre anni, in più in quanto molti Stati membri hanno subito nel periodo 2010-2012 una crisi combinata di debiti sovrani, bancaria e della bilancia dei pagamenti.
Dopo la crisi del 2020, gli USA hanno superato il livello di output pre-crisi nel primo trimestre del 2021 mentre l’EU ha impiegato due trimestri in più. Gli USA hanno ripreso a crescere in linea con il trend pre-crisi mentre nella UE non è ancora successo. Dal lato dell’occupazione la dinamica è stata significativamente diversa in quanto negli USA in entrambi le crisi l’occupazione è ritornata ai livelli precedenti più lentamente sia della crescita del proprio PIL sia del tempo impiegato dall’UE. Dopo la GCF negli USA il PIL è tornato ai livelli pre-crisi dopo due anni e mezzo ma l’occupazione ha impiegato sei anni e mezzo; dopo la pandemia il prodotto è tornato ai livelli pre-crisi in cinque trimestri mentre l’occupazione in tre anni.
Nella UE dopo la GCF l’occupazione è tornata ai livelli pre-crisi due anni dopo il recupero del prodotto mente dopo la crisi pandemica il ritorno è stato quasi contemporaneo – con un ritardo di un trimestre. Le differenze nel mercato del lavoro tra le due grandi economie dipendono dalle differenti politiche adottate: nalla UE si è preferito intervenire con dei regimi di lavoro ridotto allo scopo di consentire ai lavoratori di mantenere il posti di lavoro: secondo una stima, il 20% dei lavoratori UE ne avrebbe beneficiato. Negli USA, al contrario, si è preferito intervenire con generosi sussidi alla disoccupazione e con pagamenti forfettari ai lavoratori al di sotto di una certa soglia. Dal lato dell’output lo stimolo USA è stato maggiore di quello dell’UE e ha favorito la ripresa del PIL più velocemente.
Bruegel – Two crises, two continents: how the labour-market impacts have differed
https://www.bruegel.org/analysis/two-crises-two-continents-how-labour-market-impacts-have-differed
IL DINAMISMO DEL MERCATO DEL LAVORO ITALIANO
Grazie alla disponibilità di dati amministrativi INPS nel periodo tra il 1984 e il 2021 è stata condotta un’analisi sulla dinamicità del mercato del lavoro italiano. Rispetto ai dati aggregati, quelli a livello di impresa consentono di osservare la distribuzione di dinamiche eterogenee tra imprese, settori e località. I dati consentono di osservare quali settori stanno distruggendo posti di lavoro, quali invece ne stanno creando e aiutano la comprensione dei motori del cambiamento strutturale al fine di migliorare gli interventi di politica economica. Tra i risultati, in linea con quanto già osservato dall’OCSE, durante questo periodo la creazione di posti di lavoro ha riguardato il 13% dell’occupazione mentre la distruzione di lavori ha interessato il 12%.
Queste grandezze implicano un eccesso del tasso di riallocazione del 25%, ossia la differenza tra la variazione dell’occupazione tra le imprese e la variazione aggregata dell’occupazione. Durante tutte le fasi del ciclo economico è stato osservato un grado omogeneo di creazione e di distruzione simultanea dei posti di lavoro con i flussi che vanno dalle industrie in contrazione ai settori in espansione. Nel periodo della pandemia è stata osservata una contrazione della percentuale delle imprese in espansione, passate al 40% dal 60% con una conseguente diminuzione della creazione di posti di lavoro. Come conseguenza delle politiche pubbliche, implemetate per fronteggiare la crisi sanitaria, durante il 2020 anche la distruzione dei posti di lavoro ha subito un rallentamento grazie a uno schema molto generoso di regimi di lavoro ridotto.
La natura particolare dello shock da covid-19 ha indotto alcuni studiosi a ipotizzare uno shock di riallocazione positivo a favore della servizi digitali a danno delle industria ad elevata intensità di interazione. Il lavoro ha verificato questa ipotesi per il nostro Paese mostrando che la riallocazione in eccesso è aumentata nel primo trimestre del 2020 ma è diminuita nel secondo trimestre con una ripresa a partire dal terzo semestre 2021. La riallocazione all’interno dei settori è diminuita nel 2020 ed è aumentata nel 2021 mentre quella tra i settori è aumentata nel 2020 ma non in modo significativo. Questa dinamica all’esterno dei settori suggerisce un movimento comune delle imprese, mentre la riallocazione positiva ha visto beneficiare i settori dell’ICT e quello delle costruzioni.
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2023-0751/index.html
LA “CARTOLARIZZAZIONE” DELLE POLITICHE STI
La pandemia e l’aggressione della Russia all’Ucraina hanno avuto un impatto profondo sulle politiche STI, portando come condizioni e preoccupazioni il rischio, l’incertezza e la resilienza. Si sta assistendo alla “cartolarizzazione” di queste politiche, intesa nel senso più ampio del significato. Durante la pandemia la scienza e la comunità dell’innovazione hanno risposto con decisione e velocità. Grazie all’enorme mole di investimenti pubblici e privati, si sono approvati i primi vaccini e sono stati pubblicati decine di migliaia di articoli scientifici pubblicamente consultabili. L’altra faccia della medaglia è l’impatto negativo sulle attività STI, sia direttamente che indirettamente attraverso effetti economici e sociali.
Tra il 2019 e il 2020 la spesa in R&D nei Paesi OCSE è cresciuta del 2,1%. In valore assoluto rappresenta un rallentamento rispetto alla crescita media del periodo precedente in cui era cresciuta del 5% annuo ma, considerando il contesto in cui è maturata, si può definire un evento di portata eccezionale. Per la prima volta durante una recessione la spesa in R&D non ha seguito la stessa direzione del PIL: la spesa è stata guidata dagli USA +6,4% mentre nell’UE si è contratta del 2,3% (Italia -6,2%). L’impatto della guerra in Ucraina sulla STI è stata di rilevanza minore a livello globale in quanto il declino relativo del peso della Russia a livello internazionale ha facilitato l’interruzione delle relazioni scientifiche. I Paesi OCSE hanno interrotto le relazioni senza danni particolari all’attività: l’UE ha estromesso la Russia dai programmi Horizon e gli USA hanno interrotto i programmi di collaborazione scientifica.
La guerra ha amplificato la necessità di un cambiamento epocale nella mobilità, nell’energia e nell’agroalimentare, già resi urgenti dai cambiamenti climatici. Per affrontare queste emergenze è necessario, tuttavia, che i Governi implementino le politiche STI con maggior coraggio e urgenza. Per accelerare l’innovazione nelle tecnologie a bassa emissione di anidride carbonica i Governi potrebbero richiedere un quadro di politiche completamente diverse da quelle utilizzate fino ad oggi. Non va sottovalutato, infine, il crescente ruolo della Cina nelle tecnologie di frontiera. Questo porrà ulteriori sfide per le economie liberali nel sostenere la competitività economica e la sicurezza nazionale.
OECD – Science, Technology and Innovation Outlook 2023: Enabling Transitions in Times of Disruption
https://www.oecd-ilibrary.org/sites/0b55736e-en/index.html?itemId=/content/publication/0b55736e-en