La rassegna della settimana: #1 AGENAS: tra il 2021 e il 2022 i costi energetici delle Aziende sanitarie pubbliche in Italia hanno registrato un incremento medio del 70,02%. #2 ECFIN: il programma RRF è stato varato dalla Commissione europea due anni fa e ha avuto un impatto significativo sulle economie di tutti i Paesi coinvolti. #3 ISTAT: nel 2022 l’economia italiana ha avuto un tasso di crescita soddisfacente anche se inferiore al 2021. PIL reale +3,7% e indebitamento netto -8,0%. #4 Banca d’Italia: in un intervento alla Frankfurt School of Finance & Management, il Governatore Ignazio Visco ha affrontato 5 questioni sull’attuale inflazione che sono al centro del dibattito macroeconomico.
Tra il 2021 e il 2022 i costi energetici in sanità hanno avuto un impennata del 79,02% pari al 1,4 miliardi di euro in valore assoluto. È quanto emerso dall’Analisi sull’andamento dei costi energetici nelle Aziende Sanitarie Pubbliche tra il 2021 e il 2022, predisposto dall’AGENAS a livello regionale. Nel 2021 i costi energetici pesavano sui costi totali l’1,3% mentre nel 2022 il 2,3%, l’aggravio ha pesato sui bilanci delle aziende sanitarie e su quello delle Regioni. A livello nazionale la spesa procapite è passata da 30,35 euro a 54,33 euro con un conseguente incremento di 23,98 euro procapite. (Leggi)
A due anni dalla sua istituzione, il Recovery and Resilience Facility (RRF) sta avendo un impatto significativo sulle economie dei Paesi coinvolti: sono state approvate alcune importanti riforme quali il mercato del lavoro in Spagna, il sistema giudiziario penale e civile in Italia e migliorare gli alloggi a prezzi accessibili in Lettonia. La Commissione europea ha adottato un comunicato in occasione dei due anni dalla creazione del RRF, uno strumento considerato fondamentale per l’Europa che ha mobilitato tramite il NGEU 800 miliardi di euro 140 dei quali sono stati già erogati. (Leggi)
Nel 2022 il PIL reale è cresciuto del 3,7% e il rapporto tra l’indebitamento e il PIL -8,0%. L’indebitamento è stato sottoposto a revisione nel 2020 e nel 2021 per mutati criteri contabili del credito d’imposta del Superbonus 100%. È quanto emerge dal comunicato ISTAT “PIL e indebitamento delle AP – Anno 2022“. La crescita è stata guidata dalla domanda interna, al netto delle scorte mentre la domanda estera e le scorte hanno fornito un contributo negativo. Dopo la revisione l’indebitamento netto sul PIL è passato da -9,0% del 2021 a -8,0 del 2022. Il saldo primario è in miglioramento a -3,7% rispetto a -5-5% del 2021. Va segnalato il cambiamento della contabilizzazione dei crediti di imposta che ha influito sul calcolo dell’indebitamento netto. (Leggi)
La diversa natura dell’inflazione tra gli USA e l’area euro, il ritardo con cui la BCE sarebbe intervenuta nella stretta monetaria, gli errori di politica monetaria e di previsione della BCE, la presunta inefficacia della politica monetaria e su quali canali opera, infine se nella lotta all’inflazione la BCE ha preferito correre il rischio di fare troppo invece di fare troppo poco. Sono i cinque temi affrontati dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco alla Frankfurt School of Finance & Management. La nota segue la Bishnodat Persaud Lecture tenuta l’11 febbraio 2023 all’Università di Warwick, durante il Warwick Economics Summit. (Leggi)

SANITÀ A RISCHIO SOSTENIBILITÀ PER IL CARO ENERGIA
In Europa tra la seconda metà del 2021 e il 2022 il prezzo degli energetici ha registrato un incremento marcato, amplificato dalle note vicende belliche. A sostengo della sanità, alle prese con vincoli di bilancio stringenti, nel corso del 2022 è intervenuto il governo garantendo, con due decreti legge dedicati, un finanziamento aggiuntivo di 1,6 miliardi di euro. Secondo dati forniti dell’AGENAS, su elaborazioni dei bilanci delle Regioni, i costi energetici sono aumentati in valore assoluto di 1,4 miliardi di euro passando da 1,8 miliardi del 2021 al 3,2 miliardi del 2022. Si tratta di un aumento rilevante che ha incrementato di 1 p.p. l’incidenza dei costi energetici sui costi totali.
I costi energetici sono stati analizzati utilizzando i dati di conto economico consolidato delle Aziende sanitarie, da cui sono state selezionate quattro voci di bilancio: Riscaldamento, Utenze elettricità e Altre utenze. Nel 2021 la spesa per il riscaldamento ammontava a 657 milioni di euro, le utenze elettricità a 855 milioni e le altre utenze a 280 milioni per un totale di 1,8 miliardi di euro. L’energia elettrica pesava il 47,7% sul totale, il riscaldamento il 36.7% e le altre utenze per il 15,6%. Dopo l’impennata dei prezzi del 2022 la spesa per riscaldamento è aumentata a 1,6 miliardi di euro, le utenze elettricità a 1,7 miliardi di euro e le altre utenze a 0,4 miliardi di euro per complessivi 3,2 miliardi di euro.
In termini percentuali, l’incremento maggiore si è avuto nella voce elettricità che ha registrato un incremento del 96,22%, il riscaldamento è aumentato del 77,49% e le altre utenze del 30,11%. Nell’analisi effettuata a livello regionale, l’AGENAS ha inteso scattare una fotografia, prescindendo sia da considerazioni sull’efficienza dei sistemi sanitari regionali sia dalle variabilità contesto. Le Regioni dove i costi energetici in valori percentuali sono aumentati in misura maggiore nel 2022 sono l’Abruzzo 163,02%, la Toscana 144,86%, l’Emilia Romagna 134,75 e la Puglia 112,64%. A livello pro-capite, le Regioni che hanno registrato l’incremento maggiore nel 2022 rispetto all’anno precedente sono Emilia Romagna (+42,54 euro), Abruzzo (+42,48 euro), Toscana (+41,80 euro) e Basilicata (+36,06 euro). L’Umbria con 84,62 euro è la regione con i costi pro-capite legati all’energia più elevati.
IL NGEU COMPIE DUE ANNI
La Commissione europea ha adottato un comunicato in cui si fa il punto sul programma RRF a due anni dalla creazione. Secondo la Commissione l’impatto è stato rilevante perché si tratta di una misura che affianca agli investimenti anche riforme istituzionali. In questo modo, attraverso il RRF, si sono poste le basi per modernizzare e rafforzare l’Unione europea. In questo biennio sono state approvate importanti riforme: in Italia è stata riformata la giustizia penale e civile, in Spagna il mercato del lavoro, in Lettonia il mercato immobiliare, in Grecia è stata promossa la digitalizzazione delle scuole e in Portogallo la digitalizzazione delle imprese e del governo.
Il Piano è stato concepito con un design unico per coniugare obiettivi di ciascun Paese con quelli comuni: dei 203 miliardi di euro della dotazione totale, il 55% sono destinati a misure volte a ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, circa 131 miliardi di euro sono destinati alla digitalizzazione dell’economia e della società europea e cura, 138 miliardi di euro sono destinati alla spesa sociale e alle generazioni future. Un altro obiettivo perseguito dalla Commissione è la creazione di un circolo virtuoso: le riforme attuate dai Paesi membri hanno posto le basi per ulteriori investimenti previsti dai rispettivi Piani di ripresa e resilienza, da risorse nazionali, da altri Fondi UE e dagli investimenti privati. Nel medio termine è stato stimato che gli investimenti promossi dal RRF faranno crescere il PIL dell’1,5% nel 2024 e creeranno ulteriori nuovi posti di lavoro.
Il Piano è nato in risposta alla pandemia di Covid-19, e sebbene dopo due anni, in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, il contesto sia molto cambiato, si sta rivelando uno strumento molto flessibile ed efficace in grado di affrontare le nuove sfide che si stanno delineando: sicurezza energetica della UE, competitività dell’industria ed emissioni zero. Fino a questo momento la commissione ha sborsato 144 miliardi di euro suddivisi in 96 miliardi di sovvenzioni e 48 di prestiti. Dalla primavera di quest’anno, gli Stati membri dovrebbero integrare i loro Pani con gli interventi previsti dal programma RePowerEu, grazie a 270 miliari messi a disposizione dal’RRF. Un particolare attenzione, infine, è stata data alla trasparenza con l’istituzione del quadro di valutazione della ripresa e della resilienza che fornisce informazioni in tempo reale sugli esborsi e sui progressi compiuti dagli Stati membri.
CRESCITA SUPERIORE ALLE ATTESE, DEFICIT ANCHE
Nel 2022, nonostante l’inflazione elevata e la crisi energetica, l’economia italiana è cresciuta al di sopra delle aspettative. Il PIL nominale è aumentato del 6,8% mentre il reale del 3,7%. La crescita è stata guidata dalla domanda interna: gli investimenti fissi lordi sono cresciuti in termini reali del 9,4% e i consumi finali nazionali del 3,5%. La domanda estera ha contribuito negativamente: le esportazioni di beni e servizi sono cresciute del 9,4% mentre le importazioni dell’11,8%. Il contributo alla crescita della “Domanda nazionale al netto delle scorte” è stato di 4,6 p.p.
Andando nel dettaglio, il contributo dei “Consumi finali nazionali” è stato di 2,7 p.p. – tutto dalla Spesa delle famiglie residenti e Isp mentre il contributo della spesa delle AP è stato pari a 0.0 p.p. – e quello degli “Investimenti fissi lordi e oggetti di valore” dell’1,9%. La variazione delle scorte ha contribuito negativamente di -0,4 p.p. e la domanda estera di -0,5 p.p. Spostando l’analisi sui settori produttivi, il valore aggiunto è aumentato in termini reali del 3,9%. Il settore delle costruzioni è cresciuto di più rispetto agli altri +10,2%, i servizi sono cresciuti del 4,8% trainati da quei settori che sono legati al commercio, all’ospitalità e all’intrattenimento che non avevano ancora recuperato pienamente il livello di attività dopo il lockdown.
L’agricoltura si è contratta dell’1,8% mentre l’attività manifatturiera è cresciuta lievemente dello 0,3%. Le elaborazioni delle stime del Conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche per l’anno 2022 sono ancora provvisorie: l’indebitamento netto delle AP è -8,0% è in apparente miglioramento rispetto al 2021 che era di -9,0%. L’indebitamento degli anni 2020 e 2021 è stato rivisto in quanto secondo le nuove metodologie di calcolo alcune misure quali il Superbonus 110% e il Bonus facciate sono considerate come crediti d’imposta pagabili e quindi considerate come spese da registrare interamente. Ciò ha comportato una revisione dell’indebitamento netto sia del 2020 che è aumentato di 0,2 p.p. arrivando a -9,7 da -9,5% sia del 2021 che è aumentato di 1,8 p.p arrivando a -9,0 da 7.2%. Il saldo primario (indebitamento netto meno la spesa per interessi) resta negativo con incidenza sul PIL di -3,7% in miglioramento di 1,8 p.p. rispetto al 2021.
CINQUE QUESITI SULL’INFLAZIONE
In un recente contributo, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, ha affrontato cinque temi salienti nell’attuale dibattito macroeconomico sull’inflazione. Il primo quesito è se l’inflazione tra Area euro e USA è di natura diversa: negli USA l’inflazione è stata innescata da fattori legati alla domanda mentre nell’Area euro vi è stato uno shock dell’offerta. In entrambe le aree, le politiche fiscali durante il lockdown sono state generose ma negli USA il rapporto debito PIL è aumentato di 25 p.p., nell’Area euro l’incremento è stato di 15 p.p. Gli effetti della politica fiscale USA sono evidenti se si confronta l’andamento del PIL e del reddito disponibile: nel 2020 il PIL USA si è contratto del 3,4%, al contrario il reddito disponibile è aumentato del 6%.
Nell’Area euro il reddito disponibile è diminuito dello 0,05% sebbene in misura molto minore della contrazione del PIL del 6,3%. Il secondo quesito riguarda la tempestività con cui la BCE è intervenuta: alla fine del 2021 il Consiglio dei governatori aveva deciso l’inizio del processo di stabilizzazione anche se l’incremento dei tassi di interesse è avvenuto a luglio 2022. Questo ritardo può essere spiegato dalla diversa percezione dell’inflazione, che nel 2021 sembrava relegata agli Stati Uniti in quanto nell’Area euro l’inflazione complessiva era accora sotto il 2% e quella core vicino all’1%. La situazione è cambiata quando il prezzo del gas è raddoppiato e si è verificato uno shock di offerta sebbene la BCE abbia reagito più lentamente per evitare di danneggiare l’economia con un intervento troppo precipitoso.
Il terzo quesito riguarda l’ampiezza degli errori di previsione della BCE che ne metterebbero a rischio la credibilità nonostante altre istituzioni internazionali e i previsori privati avessero commesso errori della stessa ampiezza. I modelli hanno sottostimato gli effetti della strozzatura globale dell’offerta sebbene, la questione chiave è stata la sottovalutazione delle tensioni politiche con la Russia. Un quarto quesito riguarda l’efficacia della politica monetaria della BCE difficile da valutare perché gli effetti massimi su PIL ed inflazione di una politica monetaria restrittiva richiedono più di un anno. L’ultimo quesito è se la BCE abbia preferito correre il rischio di fare troppo invece di troppo poco: in questo caso la politica monetaria va improntata alla prudenza per i potenziali rischi alla stabilità finanziaria correlati alla frammentazione dell’Area euro.
Banca d’Italia – Monetary policy and the return of inflation, questions and charts
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-governatore/index.html