La rassegna della settimana: #1 OECD: per rafforzare i sistemi sanitari nel post pandemia è necessario incrementare la spesa sanitaria ma l’inflazione può ostacolare il processo limitando anche l’offerta corrente. #2 LUISS WP: l’inflazione, sta frammentando i mercati finanziari dell’area euro e pone la governance europea ad un bivio. La soluzione più efficace è aumentare la capacità del bilancio centrale come già avvenuto durante la pandemia. #3 VoxEU: le buone notizie congiunturali dell’area euro non fanno veni meno la necessità di un coordinamento tra le politiche fiscali dei Paesi membri e tra la politica fiscale e quella monetaria. #4 ECFIN: nonostante l’incertezza e le numerose sfide ancora da affrontare, le previsioni di crescita per l’euro-zona e l’area euro sono migliori di quelle formulate ad ottobre.


Nei Paesi OCSE durante la pandemia le maggiori risorse impiegate per fronteggiare l’emergenza Covid-19 hanno incrementato la spesa sanitaria dell’1% sul PIL. In una pubblicazione OCSE intitolata “Health care financing in times of high inflation” si discute sulla necessità di rafforzare alcuni aspetti per i quali sono necessari investimenti aggiuntivi pari all’1,4% del PIL. L’invasione Russa dell’Ucraina ha esasperato la pressione sui prezzi dell’energia e delle materie prime innescando una spirale inflazionistica. L’aumento dei costi dell’energia sta incidendo sulla qualità delle prestazioni sanitarie e sulla capacità del sistema di assorbire gli arretrati. (Leggi)

L’area euro sta attraversando una fase una fase diversa dal passato: frammentazione dei mercati finanziari caratterizzati da inflazione elevata, in un contesto di bassa crescita economica. Secondo Benigno P., Canofari P., Di Bartolomeo G. e Messori M. in un WP LUISS intitolato “Stagflation and fragmentation – the euro area at the crossroads“, ai Paesi dell’area euro con condizioni finanziarie stringenti si possono prospettare due alternative con scenari diversi per l’architettura dell’area euro. Il ricorso al meccanismo europeo di stabilità oppure il rafforzamento della capacità di bilancio centrale nel rispetto delle nuove regole fiscali specifiche per ciascun Paese. (Leggi)

L’area euro ha resistito con successo alle conseguenze economiche della guerra che si combatte vicino ai propri confini. In editoriale VoxEU intitolato “Time to step up policy coordination in the euro area“, R. Felke e N. Philiponnet, discutono di come, a dispetto delle previsioni più pessimistiche, l’area euro abbia evitato la recessione e riuscito a frenare l’inflazione. Nonostante questi risultati favorevoli. gli autori avvertono dei numerosi rischi che ancora si profilano all’orizzonte, come la divergenza dell’inflazione tra Paesi, e che necessitano di costante vigilanza da parte dei policymaker e di coordinamento tra la politica monetaria e quella fiscale. (Leggi)

Ad un anno dall’invasione russa in Ucraina, la situazione economica nell’Unione europea e dell’area euro è migliorata e la recessione del quarto trimestre 2022 è stata scongiurata. L’European Economic Forecast. Winter 2023 presenta uno scenario di crescita e di inflazione migliore di quello formulato lo scorso autunno, sia per il 2023 sia per il 2024. La crescita del 2022 è stimata al 3,5%, sia per l’Unione europea sia per l’area euro. Nel 2023 le previsioni di crescita sono 0,9% per l’area euro e 0,8% per l’UE. L’inflazione complessiva in EU che si è attestata al 9,2% nel 2022 è prevista in diminuzione sia nel 2023 sia nel 2024, rispettivamente a 6,4% e al 2,8% (Leggi)

LA SANITÀ E LA DIFFICILE SFIDA DELL’INFLAZIONE

La spesa sanitaria durante la pandemia è aumentata dell’1% sul PIL rispetto al 2019. Per colmare le debolezze che sono emerse, rendere resilienti i sistemi sanitari e incrementare la preparadness, sono necessari investimenti aggiuntivi pari in media tra i Paesi OCSE al’1,4% del PIL. L’inflazione, arrivata a livelli molto elevati, sta mettendo in pericolo sia la qualità sia il recupero delle prestazioni a livelli pre-pandemici. Sulla base delle stime delle le stime delle entrate future la spesa sanitaria dovrebbe aumentare di 5 p.p. sul PIL fino al 2040. I governi dovrebbero razionalizzare la spesa evitando quelle inutili e rivedere il paniere dei benefici.

Il tasso di crescita della spesa sanitaria negli ultimi 15 anni è stata superiore al tasso di inflazione: in particolare tra il 2010 e il 2019 la spesa sanitaria ha superato l’inflazione, in media, di 2,2 p.p. Questo significa che, per mantenere inalterata l’offerta, nel biennio 2022/ 2023 il tasso di crescita nominale della spesa sanitaria dovrebbe aumentare dell’11%. Se il tasso di crescita pro-capite si mantenesse inalterato rispetto alla media del 5% osservata negli ultimi 15 anni, la spesa in termini reali diminuirebbe del 4,5%. Le risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi del dopo pandemia sono stimati in 1,4% sul PIL rispetto al 2019, con un range che va dallo 0,6 al 2,5% tra i Paesi OCSE.

La maggior parte della spesa, per un importo pari allo 0,7% del PIL, dovrebbe essere destinata al sostegno degli operatori sanitari che operano in prima linea; lo 0,3% di spesa addizionale verrebbe destinata alla prevenzione e il restante 0,4% per un migliore sfruttamento dei dati sanitari. L’inflazione che ha caratterizzato gli ultimi due anni 3,8% nel 2021 e 8,6% nel 2022 (con una previsione del 6,6% nel 2023) e le previsioni di rallentamento della crescita dovuto agli eventi bellici, sopratutto in Europa, possono avere effetti significativi sui sistemi sanitari in quanto i necessari aumenti della spesa sanitaria potrebbero rivelarsi non sostenibili nel medio e breve termine. Le opzioni dei policymaker sono ridotte: accanto a all’espansione della spesa sanitaria, condizionata alla limitata capacità di indebitamento di alcuni Paesi, individuare e ridurre le spese inutili dovrebbe diventare nuovamente una priorità.

OECD – Health care financing in times of high inflation

https://www.oecd.org/health/Health-care-financing-in-times-of-high-inflation.pdf

NUOVE SFIDE PER L’EURO AREA

La frammentazione dei mercati finanziari, in un contesto di inflazione elevata e bassa crescita, può portare a una diversa architettura nell’area euro a seconda delle soluzioni adottate da parte dei Paesi con condizioni finanziarie stringenti. La tesi è sostenuta anche sulla base dello scetticismo degli autori sull’efficacia dei nuovi strumenti di politica monetaria della BCE. L’evidenza mostra come il nuovo rischio di frammentazione sia più elevato nel mercato del debito sovrano dell’area euro. Alcuni strumenti hanno la capacità di limitare la frammentazione senza ritornare alla “dominanza fiscale” del periodo 2014-2018. come il ricorso alle procedure presso il Meccanismo europeo di stabilità per l’attivazione del programma Outright Monetary Transactions (OMT).

I Paesi dell’area euro con difficoltà di liquidità potranno attivare l’OMT sottostando alle condizioni stringenti previste dall’ESM, sebbene, alla luce degli insuccessi del passato, nessun paese attiverà l’EMS a meno che non si trovi sull’orlo dalla bancarotta (situazione in cui l’OMT non può essere attivato). Dal lato della politica monetaria, dati gli altri tassi di inflazione non è immaginabile una nuova fase di politica monetaria espansiva da parte della BCE. L’inizio di una stagione di politica monetaria restrittiva con l’annuncio dell’incremento degli tassi di riferimento e la fine dei programmi quali il PEEP e l’APP pone dei limiti al sostengo della BCE alle misure fiscali espansive e riduce la sostenibilità dei debiti sovrani.

Il rafforzamento temporaneo della capacità fiscale del bilancio centrale UE resta, secondo gli autori, l’unica via percorribile per ridurre la frammentazione ed il rischi di ridenominazione – ossia cambio della valuta dei titoli del debito pubblico. Gli interventi dei principali esponenti della BCE della metà del 2022, tra cui I. Schnabel, di voler implementare molto rapidamente strumenti su misura per fornire “assistenza mirata ai singoli paesi dell’area dell’euro”, è stata accolta con scetticismo dagli autori in quanto un’applicazione estensiva porterebbe nuovamente a un contesto di “dominanza fiscale”. L’unica soluzione percorribile, come già avvenuto per i programmi SURE e NGEU, è rafforzare temporaneamente la capacità fiscale EU a livello centrale, per garantire crescita e riduzione del debito.

LUISS WP – Stagflation and fragmentation – the euro area at the crossroads

https://iris.luiss.it/handle/11385/223838

IL NECESSARIO COORDINAMENTO DELL’AREA EURO

L’aumento dell’inflazione nell’area euro è stato affrontato dai Paesi membri in maniera efficace ma non coordinata. Nel timore di una recessione e per proteggere le fasce più deboli della popolazione i responsabili di governo sono intervenuti con misure volte a proteggere imprese e famiglie. Gli interventi hanno differito tra Paesi sia per il design sia per l’ampiezza, a seconda degli spazi fiscali a loro disposizione. Le politiche di supporto alla domanda hanno avuto successo nel breve periodo sebbene siano necessari programmi di lungo termine per limitare il consumo di energia elettrica, sviluppare le fonti rinnovabili e migliorare la produttività.

Un elemento meritevole di attenzione, come notato da altri autori, è legato al tasso di inflazione che sebbene sia elevato in tutti i Paesi europei, presenta un grado significativo di eterogeneità: il 20% in media nei Paesi Baltici, il 7% in Spagna, Francia e Lussemburgo. Queste profonde differenze si sono verificate per la prima volta dalla costituzione dell’area euro e dipendono principalmente dalla struttura economica e dall’intensità energetica (la quantità di energia necessaria per generare un’unità di valore aggiunto) di ciascun Paese. Dalla struttura dell’economia dipende, invece, l’ampiezza con cui l’incremento dei prezzi dell’energia si trasmette sul livello dei prezzi di beni e servizi.

L’andamento eterogeneo dei prezzi può creare tensioni e squilibri tra Paesi: una politica monetaria unica può essere inefficace e possono sorgere divergenze di competitività nel mercato del lavoro e nell’economia. Un aspetto fondamentale è il rapporto tra politica monetaria e politica fiscale e il rischio concreto di un loro disallineamento: un intervento del governo a sostegno dell’economia deve evitare di favorire un incremento dei prezzi. Una politica monetaria restrittiva rischia di condurre l’economia nella direzione opposta di quella necessaria (ad esempio innescando una recessione). L’andamento dei salari in un contesto di inflazione elevata è un altro aspetto da monitorare con attenzione da parte dei responsabili politici. Il documento approvato dalla Commissione europea il 17 di gennai ha delineato un’agenda politica globale che comprende politiche fiscali, del mercato del lavoro, sociali e strutturali.

VoxEU – Time to step up policy coordination in the euro area

https://cepr.org/voxeu/columns/time-step-policy-coordination-euro-area

SI ALLONTANA LO SPETTRO DELLA RECESSIONE

Tra la fine del 2022 e gli inizi del 2023 la congiuntura economica nell’Unione europea e nell’area euro ha mostrato evidenti segnali di schiarita. Il prezzo di riferimento del gas naturale è tornato al di sotto del livello pre-bellico grazie alla diminuzione dei consumi e alla differenziazione delle fonti di approvvigionamento. Nonostante lo shock dei prezzi e l’inflazione elevata, è stata evitata la temuta contrazione del PIL di – 0,5% del quarto trimestre prevista alle stime di ottobre 2022, trasformatasi in un’ampia stagnazione. Anche le performance del mercato del lavoro sono state positive in quanto il tasso di disoccupazione è rimasto al 6,1%, tra i livelli più bassi di sempre.

L’inflazione negli ultimi tre mesi è in diminuzione, un segnale che il picco è ormai alle spalle. Anche il sentiment economico è in miglioramento segnalando che, anche nel primo trimestre 2023, la contrazione è stata scongiurata: l’indicatore ciclico e-coin a gennaio è tornato positivo passando dallo -0,23 di dicembre (mese in cui comunque si era registrato un miglioramento) allo 0,06. Nonostante i risultati positivi, restano ancora molte questioni da risolvere: l’inflazione core – al netto di tabacchi, cibo, energia – a gennaio è ancora aumentata, mentre le imprese stanno fronteggiando prezzi dell’energia ancora elevati. Il 90% dei prezzi dei beni che compongono il paniere del HICP (Indice dei prezzi al consumo armonizzati) sono aumentati.

La stretta monetaria sta deprimendo gli investimenti ed è prevista ancora una debolezza nei consumi delle famiglie. Lo scenario complessivo resta comunque difficile, per cui la commissione non ha effettuato revisioni al rialzo dell’andamento economico: le previsioni più favorevoli dipendono dai risultati del 2022 e da una migliore congiuntura dell’inizio dell’anno che hanno portato a un miglioramento nelle previsioni di crescita dell’1%. Per l’Italia la crescita del 2022 è stimata al 3,9%, dovuta alla domanda domestica e agli investimenti privati. Il rapido incremento del livello dei prezzi nella seconda metà dell’anno ha portando a una contrazione dei consumi domestici, degli investimenti in un contesto di costi di finanziamento in aumento. Nel 2023 la stima di crescita per il nostro Paese è +0,8%, maggiore di 0,5 p.p. rispetto alle previsioni di ottobre.

ECFIN – European Economic Forecast. Winter 2023

https://economy-finance.ec.europa.eu/publications/european-economic-forecast-winter-2023_en