La rassegna della settimana: #1 VoxEU: L’incremento dei tassi di interesse dovuti all’intervento delle banche centrali può introdurre nel sistema economico rischi finanziari. #2 ISTAT: il numero delle imprese partecipate dal settore pubblico negli ultimi dieci anni è diminuito del 25%. #3 Ceps: la valutazione dei progetti di investimento del PNRR tramite le Miestones e gli Obiettivi è una novità positiva ma vi sono dei limiti che vanno evidenziati. #4 Banca d’Italia: la debolezza della congiuntura globale dovuta agli interventi delle banche centrali e all’inflazione elevata nel 2023 rallenterà la crescita anche nel nostro Paese.
La valutazione del PNRR attraverso Milestone e Obiettivi è stata una novità rispetto al passato quando l’assessment dei progetti era legato solo alla gestione dei fondi. Sulla base di alcuni progetti dell’Italia, il Paese maggiormente beneficiario dei fondi europei, in un paper Ceps di Costa e Ruiz de la Ossa (2023) intitolato “The Recovery and Resilience Facility: What are we really monitoring with a performance-based approach?” si discute se questo metodo di assegnare i fondi, che avviene temporalmente dopo la valutazione delle Milestones e degli Obiettivi raggiunti sia il più appropriato. (Leggi)
Nel 2020 le unità economiche partecipate dal settore pubblico erano pari a 7.969 in diminuzione del 2,5% rispetto all’anno precedente. È quanto emerge dal rapporto ISTAT “Le partecipate pubbliche in Italia – Anno 2020“. Il 70,5% (5.622) è costituito da imprese dell’industria e dei servizi, le imprese agricole, istituzioni no profit e le istituzioni pubbliche, il 21% e la restante quota è costituita da unità non classificate e unità non attive. Il numero delle imprese negli ultimi 10 anni è in diminuzione: rispetto al 2012 si contano il 25% in meno e sono il 2,7% in meno rispetto al 2019. (Leggi)
In un periodo in cui le Banche centrali stanno incrementando i tassi d’interesse per arginare il rapido aumento dell’inflazione, un editoriale VoxEU “Monetary policy, inflation, and crises: New evidence from history and administrative data” nota come gli interventi al rialzo delle Banche centrali dopo un periodo in cui i tassi sono diminuiti può causare delle crisi finanziarie anche gravi. L’analisi è stata condotta sui dati di 17 paesi sviluppati nell’arco di 150 anni. Sulla base dei dati amministrativi spagnoli emerge che, a un incremento dei tassi segue l’aumento della probabilità di default dei crediti concessi durante la fase di espansione monetaria. (Leggi)
La congiuntura internazionale sta rallentando a causa dell’inflazione e della stretta monetaria attuata dalle principali banche centrali. Il Bollettino economico n. 1 della Banca d’Italia analizza la situazione economica a livello globale, caratterizzata da una generale debolezza, e formula una stima sulla crescita italiana nel periodo 2023-2025. Dopo una crescita dei quasi il 4% nel 2022, nel 2023 seguirà una frenata che limiterà l’aumento del PIL allo 0,6% mentre nel biennio successivo si ritornerà a una crescita più sostenuta. L’inflazione dovrebbe assestarsi al 6,5% in diminuzione rispetto al 8,9% di quest’anno. (Leggi)

COME VALUTARE I PROGETTI DEL PNRR
La novità più significativa introdotta dal Recovery and Resilience Facility (RRF) è la concessione dei finanziamenti solo dopo il raggiungimento da parte del Paese richiedente di Milestone e Obiettivi (M&O), sottoposti alla valutazione della Commissione europea. Si tratta di un importante cambio di prospettiva: la valutazione non è più focalizzata sulla spesa ma sugli obiettivi politici che sono conseguiti con i fondi . Nel caso di mancato raggiungimento dei requisiti, come sperimentato di recente dalla Spagna, viene preclusa l’erogazione delle tranche di finanziamento. Alcuni osservatori hanno evidenziato i limiti di questo approccio: mancanza di chiarezza in alcuni M&O, la copertura incompleta delle fasi di attuazione e le significative differenze tra Paesi nelle definizioni delle M&O.
Per il timore di perdere i finanziamenti, secondo il CEPS, i Paesi sarebbero stati incentivati a “giocare con il sistema” in quanto per assicurarsi i finanziamenti avrebbero inserito alcuni obiettivi garantiti, ossia che già erano stati programmati in precedenza, indipendentemente dal Piano europeo. Questo ipotesi è confermate osservando il regolare raggiungimento nei primi tre semestri di tutti i M&O in quanto alcuni di essi erano investimenti e riforme già pianificate se non addirittura già realizzate al momento della stesura dei Piani. Per ovviare al rischio di mancato esborso, i Paesi avrebbero formulato M&O in termini generici o eccessivamente aggregati che impediscono una corretta valutazione di se e come siano stati raggiunti gli obiettivi.
L’analisi del caso italiano è emblematico per quanto riguarda due obiettivi chiave: il programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori – Gol – per riqualificare le politiche attive del mercato del lavoro e il programma sull’educazione e cura della prima infanzia (Early childhood education and care – ECEC). Per quanto riguarda il primo programma, in cui sono stati individuati due obiettivi, uno a livello nazionale e uno a livello EU vi sono, secondo una nota di monitoraggio Anpal al 30 novembre 2022, ampie differenze regionali nell’implementazione. Per il secondo, la mancanza di progetti per gli asili nido e il ritardo negli appalti pubblici rischia di vanificare il raggiungimento dell’obiettivo di garantire una copertura del 33% in tutte le Regioni.
LA CONTRAZIONE DELLE PARTECIPATE PUBBLICHE
Negli ultimi 10 anni il numero delle imprese partecipate dal settore pubblico ha subito una contrazione del 25% passando dalle 7.581 del 2012 alle 5.622 del 2020. Il comparto include altre unità: Imprese agricole, istituzioni no profit, Istituzioni pubbliche (1.684), Unità non classificate (168) e Unità economiche non attive che hanno presentato il bilancio o Unico (495) per un totale di 7.969. Rispetto al 2019 il numero complessivo delle unità economiche si è contratto del 2,5%. L’interesse per le unità partecipate dal settore pubblico ha avuto il suo apice con l’approvazione del Decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, decreto attuativo della legge n. 124/2015 di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
Sulla spinta del suddetto decreto il numero delle partecipate è in progressiva diminuzione nel corso del tempo. Le unità sono classificate secondo le modalità di controllo della Pubblica amministrazione: a partecipazione pubblica prossima (62,4%) ossia partecipate direttamente da una pubblica amministrazione con un numero di addetti pari al al 67,6% del totale; controllate da gruppi pubblici ossia controllata da unità appartenenti a un gruppo che hanno al vertice una PA, che pesa il 19,8% sul totale con il 18,9% di addetti; partecipate da controllate pubbliche, ossia unità partecipate da soggetti controllati da PA pari al 17,8% del totale con il 13,5% di addetti.
Il calo interessa tutte le ripartizioni: tra il 2019 e il 2020 il numero delle imprese a partecipazione pubblica è diminuito del 2,7% con punte, a livello territoriale, di -4,2% al Sud seguito dalle Isole -3,9%, Centro -3,4%, Nord-ovest -2,6% e Nord-est -1,3%. La maggior parte delle unità opera nel settore dei servizi e delle utility (energia, gas, smaltimento di rifiuti e gestione del ciclo dell’acqua): il 14,5% opera nel settore delle Attività professionali, scientifiche e tecniche, il 12,7% in quello della Fornitura di acqua, reti fognarie, attività di trattamento dei rifiuti e risanamento e il 10,7% nel Trasporto e magazzinaggio. Dimensionalmente il 92,3% degli addetti delle partecipate pubbliche è concentrato nella classe con almeno 100 addetti. La contrazione più rilevante ha coinvolto le imprese con 1-9 addetti che nel 2020 hanno registrato una diminuzione del 4,8%.

POLITICA MONETARIA E STABILITÀ FINANZIARIA
Nella recente fase inflazionistica le principali Banche centrali sono intervenute aumentando i tassi di interesse di riferimento. Gli effetti dell’incremento dei tassi di interesse a livello macroeconomico sono noti ma lo sono di meno sul versante della stabilità finanziaria. Dall’analisi alcune crisi finanziarie di portata significativa è stata notata una regolarità nell’andamento dei tassi di interesse negli anni immediatamente precedenti alle crisi: i tassi di interesse avevano seguito un andamento a forma di U, ossia ad un taglio di tassi di interesse era seguito un incremento. Tanto più restrittiva è stata la politica monetaria tanto più profonda è stata la crisi che ne è seguita. I Paesi analizzati sono UK 1890, USA 1929, Svezia 1991, Giappone 1992, USA 2007 e Spagna 2008.
Gli autori tentano di generalizzare questa evidenza empirica analizzando anche l’andamento dei tassi di interesse in corrispondenza di 72 crisi bancarie di cui 24 avvenute dopo seconda guerra mondiale. In questa analisi supplementare è stato individuato lo stesso andamento a U indipendentemente dalla definizione di crisi utilizzata, per le crisi più profonde, e dal periodo. Gli autori concludono che l’andamento dei tassi a forma di U è un elemento robusto per individuare le politiche monetarie che hanno condotto a una crisi finanziaria. È stata testata anche la capacità preduttiva dell’andamento dei tassi di interesse delle crisi finanziarie: nell’analisi delle frequenze delle crisi bancarie avvenute nell’arco di due anni per diversi andamenti di politiche monetarie, si osserva che dopo otto anni di politica monetaria a forma di U la probabilità di una crisi finanziaria nei prossimi tre anni è del 20%.
Con andamenti diversi di politica monetaria la probabilità è sempre al di sotto del 10% e, in particolare, per le crisi avvenute dopo la seconda guerra mondiale, con politiche diverse da quella a forma di U la probabilità scende a zero. Il meccanismo che conduce alle crisi bancarie è stato integrato utilizzando dati amministrativi spagnoli risalenti alla crisi finanziaria del 2008 da cui si è notato come, in conseguenza di un incremento dei tassi di interesse dopo una serie di tagli, vi sia il crollo del credito e dei prezzi delle attività finanziarie. I crediti concessi durante un periodo di taglio di tassi di interesse hanno il 28,4% di probabilità di fallimento quando i tassi aumentano di 1 p.p.
VoxEU – Monetary policy, inflation, and crises: New evidence from history and administrative data
QUALCHE NUBE SUL 2023
Nel quarto trimestre 2022 la congiuntura internazionale ha iniziato a mostrare evidenti segnali di debolezza a causa dell’elevata inflazione, della perdurante invasione dell’Ucraina e della ripresa del contagio da Covid-19 in Cina. Le maggiori banche centrali hanno avviato politiche monetarie restrittive: in particolare la BCE ha incrementato i tassi ufficiali di riferimento di 70 e 50 punti base ed ha annunciato ulteriori aumenti dei tassi per raggiungere gli obiettivi a medio termine, inoltre è stata prevista la riduzione del bilancio dell’Eurosistema; al contrario la FED e la Banca d’Inghilterra continuano nella politica restrittiva ma hanno ridotto il ritmo dell’incremento dei tassi d’interesse.
L’inflazione resta a livelli storicamente molto elevati: nel IV trimestre 2022 l’indice armonizzato dei prezzi al consumo nell’area euro si è attestato al 9,2% dopo la diminuzione nel mese di novembre mentre la crescita del PIL è rimasta stazionaria. Sulla base di questo scenario le istituzioni internazionali hanno rivisto al ribasso, a livello globale, le stime di crescita del PIL e al rialzo le aspettative di inflazione. Per l’economia italiana è previsto, per il 2022, una crescita del PIL del 3,9% e il tasso d’inflazione all’8,7%. La debolezza della congiuntura determinerà un rallentamento della crescita nel 2023 le cui previsioni sono dello 0,6%, mentre il tasso di inflazione è previsto in frenata al 6,5%.
Sia nel 2023 e nel 2024 è previsto il ritorno della crescita in entrambi gli anni all’1,2% e un’ulteriore frenata dell’inflazione rispettivamente al 2,6% e al 2,0%. Dopo un’iniziale frenata, nel periodo 2023-2025, l’attività di investimento proseguirà moderatamente con in incremento medio stimato nel periodo del 2%: a causa della perdurante incertezza che penalizza la domanda, e degli elevati tassi di interesse, che innalzano il costo di finanziamento, soffriranno gli investimenti in beni strumentali; gli investimenti in costruzioni beneficeranno ancora delle agevolazioni fiscali ma il perdurante costo del finanziamento le penalizzerà in un secondo momento. Il PNRR favorirà gli investimenti: grazie a queste misure il rapporto investimenti PIL si manterrà sopra al 20%, un valore storicamente elevato.
Banca d’Italia – Bollettino Economico n. 1 – 2023
https://www.bancaditalia.it/media/notizia/bollettino-economico-n-1-2023/