La rassegna della settimana: #1 MEF: presentata la legge di bilancio 2023 incentrata su misure destinate a fronteggiare il caro energia. Novità in campo pensionistico, fiscale e dell’assistenza sociale. #2 Ministero della Salute: durante la pandemia l’attività di ricovero ospedaliero è diminuita, la presa in carico delle cronicità si è ridotta e l’appropriatezza delle prestazioni è peggiorata. #3 ISTAT: durante la pandemia nelle strutture socio assistenziali i decessi sono aumentati del 43% rispetto all’anno precedente. #4 Banca d’Italia: l’incremento dei prezzi dell’energia riduce i rendimenti azionari delle imprese europee quotate e incrementa lo spread dei Credit Default Swap. #5 Regioni: presentata la bozza del disegno di legge sull’autonomia differenziata ma il provvedimento presenta più ombre che luci.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge di bilancio 2023 di complessivi 35 miliardi di euro di cui 21 in deficit. Il pacchetto più corposo riguarda gli interventi di sostegno alle famiglie e imprese per sostenere il costo dell’energia e delle bollette per un ammontare di 21 miliardi; in materia fiscale la flat tax è stata estesa fino a 85mila euro per gli autonomi e alle partite IVA. Il reddito di cittadinanza sarà progressivamente abolito; nel 2023 sarà introdotto un nuovo regime di uscita anticipata con 41 anni di contributi e 62 di età “Quota 103”, in attesa di una nuova riforma del sistema pensionistico. (Leggi)
Nel 2020 vi sono state 6.489.469 dimissioni ospedaliere, in diminuzione del 20,8% rispetto al 2019. Le dimissioni per acuti in regime ordinario sono state 4.910.582, un numero minore del 18,2% rispetto all’anno precedente. Il Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero su dati delle Schede di dimissione Ospedaliera (SDO) del 2020 ha evidenziato in che modo la pandemia ha influito sull’attività ospedaliera. Tutte le attività di ricovero hanno subito una contrazione significativa: i ricoveri per acuti in regime diurno sono stati 1.251.653, il 28,4% in meno rispetto al 2019, i ricoveri per riabilitazione e per lungodegenza rispettivamente -25,3% e-26,1%. (Leggi)
Nel 2020 in Italia il numero dei presidi residenziali – strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie – sono 12.630 con una dotazione di 411.992 posti letto. I dati sono contenuti nel rapporto Istat “Le strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie per l’anno 2020”. Dopo una crescita dei posti letto negli anni tra il 2015 e il 2018 del 7,6% con un massimo di 420.329, dal 2028 al 2020 si è osservata una contrazione dell’1% annuo. L’offerta è contraddistinta da uno spiccato gradiente territoriale: 9,7 posti letto ogni 1000 residenti al Nord e nel Centro e 3,9 nel Mezzogiorno. (Leggi)
Il rincaro dei prezzi dei beni energetici ha influenzato negativamente le performance finanziarie delle imprese. In un Occasional Paper della Banca d’Italia intitolato “L’impatto della guerra in Ucraina sui prezzi dell’energia: conseguenze sulla performance finanziaria delle imprese“, F. Ferriani e A. Gazzani hanno analizzato l’andamento delle principali imprese europee quotate nell’Eurostoxx 600. Le imprese con una maggiore intensità di emissioni di anidride carbonica e ad elevata intensità energetica subiranno una riduzione dei rendimenti azionari e un aumento dello spread sui Credit Default Swap (CDS). (Leggi)
Il nuovo esecutivo ha presentato nella Conferenza delle Regioni del 17 novembre scorso la bozza del disegno di legge “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione“. La presentazione ha avviato un dibattito tra gli attori politici, in particolare i presidenti delle Regioni del Mezzogiorno, gli osservatori e gli addetti ai lavori del comparto sanità. Tra i punti controversi l’avvio del processo di autonomia su iniziativa regionale, il limitato ruolo del Parlamento, le materie delegate e il nodo dei Livelli essenziali delle prestazioni. (Leggi)

ENERGIA, PENSIONI E REDDITO DI CITTADINANZA
Il disegno di legge di bilancio 2023 approvato dal consiglio dei ministri è una manovra incentrata in gran parte su misure volte a proteggere le famiglie e le imprese dal caro energia e dall’aumento dell’inflazione. Il pacchetto energia, finanziato tutto in deficit, ammonta a 21 miliardi di euro –
nel 2023 l’indebitamento netto della Pubblica amministrazione salirà al 4,5%. Sono azzerati gli oneri di sistema che pesano per il 20% sul costo della bolletta e il cui peso ricadrà sul Tesoro per un importo di circa 4 miliardi di euro a trimestre. Il bonus una tantum per i redditi bassi è stato confermato ed è stata ampliata la base dei beneficiari.
Le imprese energivore beneficeranno di un credito di imposta maggiorato, con l’aliquota che sale dal 40% al 45% mentre per quelle non energivore l’aliquota sale dal 30% al 35%; alla sanità sono destinati ristori energia per 1,4 miliardi di euro. Chi è in difficoltà con i pagamenti beneficerà della rateizzazione per un massimo di 36 mesi. Per contrastare l’inflazione, l’IVA sui alcuni prodotti per l’infanzia e per le donne sarà ridotta dal 10 al 5%. Sul fronte delle pensioni un nuovo provvedimento blocca il ritorno della Legge Fornero: prima del varo di una nuova riforma delle pensioni, il governo aprirà una finestra di 12 mesi in cui si potrà andare in pensione a 63 anni con 41 di contributi, dal costo stimato di 700 milioni per il 2023. Gli assegni pensionistici saranno indicizzati del 7,3% per fronteggiare l’inflazione ed avranno un impatto sui conti pubblici per 5,4 miliardi di euro nel 2022 e di 21,3 miliardi nel 2023.
Il reddito di cittadinanza ha le ore contate: in attesa di una nuova misura di protezione sociale, ai beneficiari di età compresa tra i 18 e i 59 anni, abili a lavoro e senza, minori, disabili o anziani a carico, sarà riconosciuto il rinnovo dell’assegno per 8 mensilità invece delle precedenti 18 rinnovabili. È prevista la partecipazione ad un corso di formazione di almeno 6 mesi pena la decadenza del beneficio così come nel caso di rifiuto di un’offerta di lavoro congrua. Seguono alcune misure di carattere fiscale quali flat tax fino a 85mila euro per autonomi e partite IVA, una tregua fiscale che prevede l’azzeramento delle cartelle sotto 1000 euro fino al 2015 e la rateizzazione fino a 5 anni senza interessi per chi non ha versato le tasse a causa delle difficoltà dovute al Covid, all’inflazione al caro energia.
MEF – Disegno di legge di bilancio per l’anno 2023
https://www.mef.gov.it/inevidenza/DDL-Bilancio-approvato-dal-Cdm-manovra-da-35-miliardi/
L’ATTIVITÀ OSPEDALIERA NELL’ANNO DELLA PANDEMIA
Il rilascio dei dati sull’attività di ricovero ospedaliero del 2020 da parte del Ministero della Salute consente di effettuare analisi puntuali dell’impatto dalla pandemia sull’assistenza ospedaliera. Le dimissioni complessive hanno subito una contrazione del 20,8% rispetto al 2019 passando da 8.193.592 a 6.489.469. Le dimissioni per acuti sono diminuite del 18,2% a 4.910.582 con 36.727.653 giornate per accesso, corrispondenti a una degenza media di 7,5 giorni. Delle 4.910.582 dimissioni in regime per acuti, 3.709.772 sono avvenute negli ospedali pubblici e 1.200.810 in quelli privati: la degenza media degli ospedali pubblici è stata di 8,0 giorni quella degli ospedali privati di 5,8.
Il tasso di ospedalizzazione complessivo standardizzato per età e genere nel 2020 si è ridotto a 99,0 ogni 1000 abitanti da 123,9 nel 2019 mentre il tasso di ospedalizzazione standardizzato per acuti è passato da 90,1 ogni 1000 abitanti nel 2019 a 74,4 nel 2020. Anche la mobilità interregionale ha subito un rallentamento: la mobilità per acuti in regime ordinario nel 2020 sé stata del 7,2%, ossia 1,1 p.p in meno del 2029; la mobilità per acuti in regime diurno è stata pari al 9,3% contro il 9,5% del 2019. È peggiorata l’appropriatezza organizzativa: nel 2020 la percentuale di dimissioni da reparti chirurgici con Diagnosis Related Group (DRG) medico – indicatore previsto tra le misure del Patto per la Salute 2010-2012 – è stata del 27,04% mentre nel 2019 era stata del 26,65%.
La percentuale di ricoveri regime diurno medico con finalità diagnostiche – sempre Patto per la salute 2010-2012 – è stata pari al 35,52% nel 2020 in aumento rispetto al 35,25% del 2019; la percentuale della degenza oltre soglia per i DRG medici per pazienti con età maggiore di 65 anni è stata pari a 4,97% nel 2020 contro i 4,59% nel 2019. A causa della rimodulazione delle attività programmate considerate differibili, i tassi di ospedalizzazione (dimissioni per 100.000 abitanti) per alcune patologie sono diminuiti in modo sensibile. Nel diabete non controllato si è passati a 7,7 da 10,2 nel 2019, nell’influenza nell’anziano a 6,72 da 12,40, nel diabete con complicanze a 20,07 da 27,45, nelle malattie polmonari croniche ostruttive a 27,35 da 48,74 e nell’insufficienza cardiaca per i pazienti con età superiore a 65 anni a 733,38 da 994,67.
Ministero della Salute – Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero (Dati SDO 2020)
https://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=3277
L’EFFETTO DELLA PANDEMIA SULLE STRUTTURE SOCIO ASSISTENZIALI
Le strutture socio assistenziali in Italia alla fine del 2020 erano 12.630 con una dotazione di 411.992 posti letto. Durante la prima fase della pandemia queste strutture sono state colpite in modo severo in quanto gli ospiti (342.361) sono diminuiti del 10% rispetto all’anno precedente. Per affrontare l’emergenza sono state affrontate nuove sfide organizzative e gestionali ma nonostante ciò, durante la pandemia il numero dei decessi è aumentato del 43% rispetto all’anno precedente (corrispondenti a 32mila decessi in più). La contrazione ha riguardato gli anziani di sesso maschile non autosufficienti, più marcata nel Nord-Est -16% e nelle Isole -20%.
Gli ospiti sono in prevalenza ultrasessantacinquenni, il 75% sul totale. Il 20% ha un’età compresa tra i 18 e i 64 anni mentre i minori sono il 5%. Nel 2020 la presenza di ultrasessantacinquenni ha visto un decremento del 13%, corrispondenti a 13mila anziani in meno. Analizzando la destinazione dei posti letto, il 77% dei posti letto complessivi – corrispondenti a 319mila posti – sono dedicati all’assistenza socio-sanitaria, nel restante 23% viene svolta la funzione socio assistenziale. Nei posti letto socio sanitari sono assistiti in maggioranza anziani non autosufficienti, per il 75% sul totale, agli anziani autosufficienti, il 9% e alle presone disabili il 7%.
I posti letto socio assistenziali sono destinati a persone con disagi vari: il 41% a individui con difficoltà abitativa, il 39% sono riservati a funzioni socio-educative per ospiti in gran parte di età inferiore ai 18 anni mentre il 15% è destinato a funzioni di tutela per quelle persone che necessitano di autonomia in contesti protetti – anziani, minori e adulti con disagio sociale. Oltre alle differenze territoriali nella distribuzione dei posti letto, vi è anche eterogeneità nella distribuzione delle tipologie di assistiti: al Nord gli anziani non autosufficienti sono in numero doppio rispetto al Mezzogiorno, mentre nel Centro vi è un numero maggiore di posti dedicati ad anziani autosufficienti. Al Sud vi è una percentuale maggiore di posti letto dedicati a persone con disabilita o con patologie psichiatriche e nelle Isole vi è una quota di offerta maggiore per minori e persone con patologie psichiatriche.
ISTAT – Le strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie
CRISI ENERGETICA: IMPRESE A RISCHIO?
Dalla seconda metà del 2021 i prezzi dell’energia hanno subito un incremento significativo a causa della robusta ripresa del post pandemia che ha incontrato un collo di bottiglia nel mercato dell’energia. L’Europa ha risentito maggiormente di queste difficoltà dai primi mesi del 2022 quando la Russia ha invaso l’Ucraina. Dal 23 febbraio al 31 luglio di quest’anno i prezzi all’ingrosso del gas e dell’energia elettrica in Europa sono aumentati rispettivamente del 115% e del 237%. L’impennata dei prezzi è stata provocata dall’elevata dipendenza dei Paesi europei dalle importazioni russe per il 29% del petrolio greggio e il 43% del gas naturale, sebbene la dipendenza tra paesi sia molto eterogenea: i più esposti sono Germania, Paesi Baltici, Italia e i Paesi dell’Europa centrale.
Lo scopo del lavoro di F. Ferriani e A. Gazzani è di analizzare l’impatto dell’incremento dei beni energetici sulle performance delle imprese europee quotate all’Eurostoxx 600 nel periodo successivo al conflitto. Per valutare la sensibilità delle imprese ai prezzi dell’energia vengono individuate quelle con una maggiore spesa in input energetici in proporzione ai ricavi (intensità energetica), o in alternativa, con un’elevata intensità nelle emissioni di anidride carbonica. Queste imprese vedranno ridurre i propri rendimenti azionari e, allo stesso tempo, subiranno un incremento nello spread dei Credit Default Swap (CDS) – un contratto che consente di coprirsi dall’insolvenza di un creditore.
I risultati delle analisi evidenziano come a un incremento dell’intensità energetica di 1 p.p. corrisponda una riduzione, nel periodo successivo al conflitto, del rendimenti azionario in un intervallo compreso tra 0,11 e 0,17 p.p. Analogamente, a un incremento di 1 p.p. dell’intensità energetica corrisponde un incremento dello spread dei CDS compreso tra 0,14 e 0,38 p.p. Risultati analoghi si ottengono se la variabile esplicativa è l’intensità delle emissioni di anidride carbonica. Il lavoro valuta anche se le probabilità di default sono influenzate da un periodo prolungato di prezzi energetici elevati. A partire da luglio, dopo tre mesi, la probabilità di fallimento aumenta dall’1,85% al 2,15%. Si tratta di un incremento non preoccupante sebbene per un gruppo di 77 imprese appartenente al settore chimico, automobilistico, alimentari e lavorazione dei metalli la probabilità di fallimento superi il 3%.
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2022-0729/index.html

I PRIMI INCERTI PASSI DEL REGIONALISMO DIFFERENZIATO
La bozza del disegno di legge sull’autonomia differenziata, composto da 9 articoli definisce, i principi generali per l’attribuzione delle funzioni connesse con il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’art 116 della Costituzione e per le modalità dell’approvazione delle intese tra Stato e Regione. Ai sensi dell’articolo 1 comma a, l’iter di attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia è avviato dalla Regione, con delibera sentiti gli Enti Locali, nell’ambito dell’autonomia statutaria. Ai sensi del comma 3 lo schema di intesa preliminare tra Stato e Regione è approvato dal Consiglio dei Ministri e sottoscritto tra il Presidente del consiglio dei Ministri e il Presidente del consiglio regionale.
Ai sensi del comma 4, lo schema di intesa passa alle Camere per ricevere il parere Commissione parlamentare per le questioni regionali: lo schema di intesa definitivo è deliberato, ai sensi del comma 5 dal Consiglio dei ministri su proposta del Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie e contestualmente viene approvato il disegno di legge di “mera” approvazione dell’intesa da presentare alle Camere secondo l’articolo 71 della Costituzione. Questo primo punto è considerato molto controverso in quanto le Camere sono relegate alla mera approvazione dell’intesa senza poter modificare il testo e senza poter intervenire nel momento della cessione ad altri soggetti di materie che sono di sua competenza.
Un altro elemento controverso riguarda i tempi e le modalità di finanziamento dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP). Secondo quanto previsto dall’articolo 3, il trasferimento delle funzioni e delle risorse avviene in seguito alla determinazione dei LEP, da garantire su tutto il territorio nazionale. I LEP vanno definiti entro un anno dall’entrata in vigore della legge, e, nelle more, sono finanziati secondo il criterio della spesa storica per passare successivamente ai costi standard e ai fabbisogni standard. Le criticità riguardano sia il ritardo con cui lo stato ha, fino a questo momento, nella definizione dei LEP che l’autonomia differenziata procrastinerebbe ulteriormente sia il finanziamento tramite i costi standard che per alcuni Presidenti di Regione penalizzerebbe le Regioni del Mezzogiorno.