La rassegna della settimana: #1 ISTAT: in Italia il mercato del lavoro continua la ripresa sebbene ad un passo inferiore rispetto al primo semestre del 2022 ma in linea con la crescita del PIL. #2 VoxEU: l’attuale insorgenza dell’inflazione è caratterizzata da un’elevata dispersione tra i Paesi dell’Area euro che rende più difficile la trasmissione della politica monetaria. #3 IMF: il quadro delle regole fiscali necessita di una riforma basata sul rischio Paese, sul più forte ruolo delle istituzioni fiscali locali e sull’emissione di debito comune. #4 OECD: gli effetti di una maggiore trasparenza dei prezzi nella dinamica di medio e lungo periodo del mercato farmaceutico. #5 European Commission: una proposta di regolamento per affrontare l’emergenza dei prezzi dell’energia, con l’obiettivo di ridurre la domanda e sostenere famiglie e imprese in difficoltà per il “caro-bolletta”.
Il mercato del lavoro italiano nel secondo trimestre 2022 continua la ripresa, in quanto è stato registrato un incremento delle ore lavorate dell’1,3% in termini congiunturali e del 5,1% in termini tendenziali. Sebbene sia in linea, come fa notare il comunicato ISTAT Mercato del lavoro II trimestre 2022, con la crescita, andando a scomporre la produttività (PIL per occupato di contabilità nazionale) in PIL per ora lavorata e ore lavorate per occupato, si osserva un quadro meno lineare nel rapporto tra PIL, produttività e ore lavorate. (Leggi)
L’inflazione nell’Area dell’euro è caratterizzata da un’elevata eterogeneità tra i Paesi: ad esempio, ad agosto 2022 i prezzi sono aumentati del 6,5% in Francia e del 25% in Estonia. Un ulteriore elemento di dispersione è dato dal differente contributo, per ciascun Paese, all’inflazione di beni energetici, alimentari e beni e servizi non energetici. Un editoriale VoxEU di P. Beynet e A. Goujard intitolato “The surge in inflation dispersion in the euro area: Key drivers and policy responses“, discute di come la dispersione dell’inflazione possa influenzare negativamente la trasmissione della politica monetaria. (Leggi)
Nonostante le attuali regole di Politica fiscale della UE abbiano qualche effetto nel vincolare il deficit, non riescono a prevenire gli elevati livelli di deficit e debito che in passato hanno messo in pericolo la stabilità dell’Eurozona. Un working paper del FMI di NG Arnold et al. intitolato “Reforming the EU Fiscal Framework: Strengthening the Fiscal Rules and Institutions” discute sulla necessità di riformare il quadro di politica fiscale della UE e propongono nuove regole fiscali basate sul rischio con l’obiettivo di rafforzare sia la capacità di bilancio centrale sia le istituzioni nazionali. (Leggi)
La trasparenza nei prezzi del mercato farmaceutico è un tema molto sentito nella società civile e tra i politici. Migliorare la trasparenza dei prezzi nel mercato farmaceutico significa promuovere la responsabilità pubblica e migliorare l’efficienza del sistemi sanitari e delle coperture economiche. Sebbene sia stato un tema molto trattato, in un paper OECD E. Barrenho and R. Lopert “Exploring the consequences of greater price transparency on the dynamics of pharmaceutical markets” si chiedono qual’è è l’aspetto che dovrebbe essere più trasparente e quali sono gli effetti sul mercato farmaceutico. (Leggi)
L’Unione europea negli ultimi mesi sta affrontando una severa crisi energetica dovuta alla mancata corrispondenza tra domanda e offerta. Per affrontare l’impennata dei prezzi del gas e dell’energia che hanno colpito famiglie e imprese, la Commissione europea in una proposta di Regolamento ha avanzato delle misure eccezionali per ridurre la domanda di energia e per redistribuire il surplus del settore energia ai clienti finali. La proposta segue di qualche mese le misure adottate di recente per ridurre la domanda di gas e raggiungere l’obiettivo dell’80% di stoccaggio di gas entro novembre 2022. (Leggi)
OCCUPAZIONE PIL E PRODUTTIVITÀ
Il mercato del lavoro in Italia nel secondo trimestre del 2022 ha registrato un incremento delle ore lavorate dell’1,3% in termini congiunturali – lo 0,3 p.p. in meno rispetto al trimestre precedente – e 5,1% in termini tendenziali. Scorrendo i dati dell’indagine campionaria sulle Forze di lavoro, gli occupati sono aumentati dello 0,8% in termini congiunturali. L’incremento è dovuto alla variazione positiva dell’1,6% degli occupati a tempo determinato e dello 0,8% di quelli a tempo indeterminato. I disoccupati sono calati del 4,6% e agli inattivi dello 0,9%. In termini tendenziali l’occupazione è aumentata del 3%: gli occupati a tempo determinato sono aumentati del 2,5% mentre quelli a tempo determinato dell’8,3%. I segnali di miglioramento provengono anche dalla diminuzione dei lavoratori in cassa integrazione guadagni: 18mila contro i 200mila dello stesso trimestre dell’anno precedente.
Cala anche il numero delle partite IVA con attività sospesa da più di 10 mesi: 10mila contro i 60mila del secondo trimestre 2022. Si stanno tuttavia ampliando i divari tra i lavoratori con un titolo di studio elevato e quelli con un titolo di studio più basso indicatore di una maggiore difficoltà di impiego per i lavoratori con poche competenze: gli occupati diplomati crescono del 3,1% mentre gli occupati con un diploma di livello inferiore crescono dell’1,8%. Come anche osservato dal recente OECD Employment Outlook 2022, il mercato del lavoro duramente provato dalla pandemia, continua la ripresa, sebbene in modo irregolare, mentre stanno emergendo delle tendenze, come l’aumento della concentrazione del mercato, da monitorare e contrastare.
Da un a prospettiva macroeconomica, utilizzando l’occupazione di contabilità nazionale, il PIL per occupato, in termini congiunturali, è aumentato dello 0,5%, 0,8 p.p. in meno rispetto al trimestre precedente. L’incremento è dovuto per lo 0,1% alle ore lavorate per occupato e per lo 0,4% all’incremento della PIL per ora lavorata. In termini tendenziali l’incremento del PIL per occupato è stato del 5,3%, con un contributo maggiore delle ore lavorate +2,9% rispetto all’incremento del PIL per ora lavorata +2,3%.
DISPERSIONE DELL’INFLAZIONE E POLICY MIX
L’incremento dei prezzi a livello globale, iniziato nella seconda metà del 2021 sta interessando i Paesi dell’Area dell’euro in modo diseguale. Le stime flash di Eurostat nel mese di agosto mostrano un’elevata eterogeneità tra i Paesi dell’Area: 6,5% annuale in Francia 8,8% in Germania, 9,0% in Italia e livelli superiori al 20%, con un picco del 25% in Estonia, nei Paesi baltici. La dispersione dell’inflazione tra Paesi rende incerta l’efficacia della politica monetaria, e ostacola il coordinamento tra le politiche monetarie e fiscali. Nell’Area le principali componenti dell’inflazione sono l’energia, con un incremento atteso del 38,3% su base annua, gli alimentari, tabacco e alcolici, con un incremento atteso del 10,6% su base annua, i beni industriali non energetici +5% e i servizi +3,8%.
La politica monetaria può essere insufficiente per i Paesi con l’inflazione più elevata e troppo restrittiva per i Paesi con l’inflazione a livello più basso, danneggiando l’attività economica. L’editoriale analizza le determinati della dispersione dell’inflazione tra Paesi: una delle cause principali è l’impatto della pandemia di Covid-19. Durante il lockdown i prezzi hanno raggiunto livelli molto bassi con grandi differenze tra i vari paesi. L’incremento dei prezzi è avvenuto su basi fortemente diverse, inoltre la riapertura delle economie è avvenuta con velocità diverse e questo spiega l’incremento della deviazione standard. Un secondo fattore è l’abnorme incremento dei prezzi dell’energia verificatosi in modo non uniforme tra paesi: in agosto l’aumento è stato del 6,2% a Malta e del 16% in Lettonia. Un terzo fattore è la variabilità tra l’inflazione Core – escluso energia e alimentari, tabacco e alcolici.
Tra i Paesi EA-12 la deviazione standard è in linea con quella del periodo 2005-2019 mentre includendo i Paesi dell’Est e del Baltico, è stata maggiore del 156%. La politica monetaria dovrà considerare temporanea un’inflazione dipendente da questi fattori ed agire di conseguenza, scongiurando la frammentazione tra gli stati membri. La politica fiscale dovrebbe avere un ruolo più incisivo laddove l’inflazione è più elevata e la politica monetaria potrebbe rivelasi insufficiente. Una politica tariffaria mirata e con effetti redistributivi potrebbe essere efficace a patto che non sia di lunga durata per evitare di affievolire quei segnali che stimolano la transizione energetica
VoxEU – The surge in inflation dispersion in the euro area: Key drivers and policy responses
https://cepr.org/voxeu/columns/surge-inflation-dispersion-euro-area-key-drivers-and-policy-responses
RINFORZARE LE REGOLE FISCALI UE
Il quadro delle regole fiscali nella UE va riformato: alla vigilia della disattivazione della clausola di salvaguardia generale a partire dal 2023, un paper del FMI è intervenuto nel dibattito presentando alcune proposte. Il quadro fiscale UE è riuscito, in qualche modo, a vincolare il deficit pubblico tuttavia non è riuscito ad evitare la formazione di deficit e di debiti ad un livello tale da mettere in pericolo la sopravvivenza dell’Unione monetaria sia in passato sia come sta accadendo adesso nel post pandemia. Vi sono delle importanti criticità nel compromesso tra contenimento del debito e la stabilizzazione dell’attività economica.
Questo ha comportato in passato aggiustamenti troppo deboli in periodi di espansione economica e troppo severi in periodi di contrazione, mentre l’applicazione, dopo la fine delle clausole di salvaguardia, degli indici attualmente in vigore, provocherebbe un aggiustamento troppo rapido per i Paesi coinvolti. Un ulteriore limite è nella mancata stabilizzazione dell’Area dell’euro: la BCE nel decennio successivo alla crisi del debito sovrano ha sottostimato l’obiettivo d’inflazione (sebbene questo sia avvenuto anche in USA per la FED). Le proposte degli autori sono basate su tre idee: stabilire nuove regole fiscali basate sul rischio, un ruolo più forte per i quadri fiscali e le istituzioni nazionali e emissione di debito comune e, nell’ambito del bilancio EU e finanziamento comune del servizio del debito.
Riguardo al primo punto, la velocità e la portata del consolidamento dei conti dipenderebbero dal rischio fiscale come individuato dalla procedura di valutazione del debito sviluppata dall’organismo indipendente European Fiscal Council (EFC). sentita la Commissione europea, gli Organismi fiscali nazionali e altri portatori di interesse. I paesi ad alto rischio dovrebbero stabilire dei massimali di spesa in modo che nell’arco di 3/5 anni si abbiano saldi di bilancio pari a zero o positivi. Riguardo il secondo punto, a tutti i Paesi verrebbe richiesto di implementare quadri di bilancio a medio termine coerenti con le regole a livello UE. Riguardo il terzo punto, l’emissione del debito comune avrebbe il vantaggio di migliorare la stabilità dell’Area dell’euro in caso di shock avversi nel caso la politica monetaria stia operando al limite inferiore.
IMF – Reforming the EU Fiscal Framework: Strengthening the Fiscal Rules and Institutions
TRASPARENZA NEL MERCATO FARMACEUTICO
Nel mercato farmaceutico i pezzi sono stabiliti con un elevato grado di riservatezza. Con la contrattazione riservata è possibile giungere ad un accordo vantaggioso sia per gli erogatori nazionali, sia per l’industria farmaceutica, sia per i pazienti. I primi riescono ad ottenere un prezzo che garantisce risparmi di spesa, le seconde sono messe in condizione di poter praticare una differenziazione di prezzo tra Paesi e i terzi beneficiano di un accesso equo al farmaco. Questa pratica tuttavia impedisce il controllo pubblico della spesa sanitaria e allenta le responsabilità nelle decisioni di rimborso e copertura.
L’eccessiva riservatezza, inoltre, sta minando la fiducia nel settore farmaceutico sia dei pazienti sia degli erogatori, che hanno l’obiettivo, questi ultimi, di premiare l’innovazione, mantenere un accesso equo e di garantire la sostenibilità sei sistemi sanitari. Nonostante l’esigenza sia fortemente sentita le azioni attuate sono “festina lente” in quanto, al momento, nonostante siano stati implementati, a livello nazionale e globale, numerosi database per condividere le informazioni sui prezzi o al pubblico o alle autorità competenti, non vi è nessuna evidenza sui benefici positivi di queste iniziative sulla trasparenza del settore. Tra gli operatori del settore e i vari portatori di interesse non vi è chiarezza su che tipo informazioni debbano essere divulgate.
Le delibere sulla trasparenza di prezzi sono spesso accompagnate da informazioni sul ricavo e i costi dell’industria, i dati dei trial clinici, informazioni sui brevetti e i diritti di esclusività, e i dati sui finanziamenti pubblici in R&D. La trasparenza è vista come il mezzo per ottenere il fine di avere prezzi più vantaggiosi ed espandere l’accesso. La letteratura che ha studiato gli effetti di questa maggiore trasparenza tra Paesi è, tuttavia, scarsa e si è occupata solo dei benefici della trasparenza all’interno di ciascun Paese, trascurando di analizzare la diffusione dei potenziali benefici tra i paesi. Non c’è accordo, inoltre, tra gli studiosi di come una maggiore trasparenza possa influenzare il mercato di riferimento. L’articolo si conclude con alcune indicazioni utili per colmare le lacune e focalizzare in modo più pertinente gli studi futuri.
FRENARE LA DOMANDA DI ENERGIA
La Commissione europea, con la recente proposta sul risparmio di energia, si pone due obiettivi: far fronte ai prezzi elevati riducendo la domanda di energia e redistribuire il surplus del settore ai consumatori finali. Per raggiungere il primo obiettivo, è necessario ridurre la domanda di energia in quelle ore di picco in cui gli impianti di produzione a gas hanno un impatto sensibile sui prezzi. La Commissione è intervenuta con misure di politica economica ai sensi dell’articolo 122 del trattato, a causa delle gravi difficoltà di approvvigionamento nel settore dell’energia. È stata proposta, a tal fine, la diminuzione del 5% del consumo di gas in alcune fasce orarie predefinite, contraddistinte dai picchi di consumo maggiori.
A ciascun stato membro è stato richiesto di individuare il 10% delle ore in cui è atteso un prezzo di produzione elevato e di ridurre la domanda in questo ambito. L’obiettivo ulteriore è di ridurre del 10% la domanda di elettricità fino al 31 marzo 2023, tramite anche delle compensazioni finanziarie. La riduzione della domanda negli orari di picco potrà generare un risparmio nel consumo di gas nel periodo invernale di 1,2 miliardi di metri cubi. Il secondo obiettivo potrà essere raggiunto ponendo un tetto massimo temporaneo alle entrate dei produttori inframarginali di energia elettrica. Questi produttori generano energia elettrica tramite carbone, nucleare ed energie alternative, sostenendo costi più bassi, beneficiando dei prezzi elevati e realizzando ricavi eccezionali.
La Commissione propone di fissare un tetto pari a 180 euro/MWh. Il prezzo non impatterà sugli gli investimenti e consentirà di raggiungere la capacità coerente agli obiettivi green del 2030 e del 2050. Il differenziale tra il prezzo di mercato e il cap sarà incassato dal Governo e impiegato per aiutare a ridurre l’importo delle bollette. Viene proposto un contributo temporaneo sui profitti anche alle imprese del settore dell’energia e delle materie prime a cui non è applicato il price cap. Il contributo sarà prelevato dal governo da quelle imprese che avranno superato del 20% i profitti medi del triennio precedente e saranno destinati ai consumatori più vulnerabili, alle imprese duramente colpite dal caro energia e alle aziende ad alta intensità di energia.