La rassegna della settimana: #1 MEF: approvato dal Consiglio dei Ministri il DEF 2022. Nonostante le difficoltà congiunturali dovute al conflitto in Ucraina è stata prevista nel 2022 una manovra espansiva. #2 ISTAT: La forte ripresa del 2022 è stata caratterizzata dal mantenimento della competitività dei settori produttivi rispetto ai principali Paesi competitori dell’Area euro. #3 Banca d’Italia: in un quadro macroeconomico globale in deterioramento viene prevista per l’Italia una frenata del PIL nel 2022 secondo ipotesi formulate su tre scenari. #4 Bruegel: innovazione tecnologica e produttività, un nesso che in Europa non sembra essere così stretto per una limitata capacità delle imprese. #5 CEPS: i vantaggi e i benefici economico dell’introduzione di una tariffa sulle importazioni di gas naturali dalla Russia.
La previsione tendenziale della crescita del PIL reale nel 2022 è diminuita al 2,9% contro il 4,3% delle precedenti stime. Il Documento di economia e finanza 2022, approvato la settimana scorsa dal Consiglio dei ministri, incorpora gli effetti sulle tendenze di finanza pubblica delle incertezze dello scenario macroeconomico dovute alla guerra in Ucraina e alle sanzioni imposte alla Russia. Nonostante la dinamica sfavorevole del PIL sono state confermate gli obiettivi di deficit nominale dal 5,6% del 2022 al 2,8% del 2025. In questo modo sarà possibile creare misure espansive pari allo 0,5% del PIL nel 2022. (Leggi)
La robusta ripresa dell’Italia nel 2022, seconda solo alla Francia nell’Area dell’euro, è stata guidata da consumi e investimenti e da una vivace dinamica dell’export. È quanto emerso dal “Rapporto sulla competitività dei settori produttivi 2022” dell’ISTAT. I settori produttivi italiani non hanno perso competitività rispetto ai principali partner europei. Il costo del lavoro è cresciuto in modo più moderato rispetto a Spagna, Francia e Germania mentre l’incremento dei prezzi alla produzione si è trasferito solo in parte sui prezzi al consumo provocando una diminuzione del mark-up. (Leggi)
L’economia italiana nel primo trimestre 2022 è in frenata. Le incertezze sull’evoluzione della pandemia avevano già rallentato la crescita nel quarto trimestre 2021. Le tensioni sui prezzi sorte nello stesso periodo si sono acuite nel 2022 a causa della guerra in Ucraina per il rincaro dei prodotti energetici. Il Bollettino economico n. 2 della Banca d’Italia analizza il contesto macroeconomico stimando l’inflazione al 7,5% in marzo e una contrazione del PIL nel primo trimestre del 2022. Sono inoltre formulati tre scenari elaborati su ipotesi alternative sull’effetto della guerra, dell’inflazione e dei consumi in Italia. (Leggi)
In Europa, nonostante le imprese abbiano investito in tecnologie digitali e attività immateriali, non si è assistito a un corrispondente guadagno di produttività. Per accertare le cause di questo rompicapo, un working paper Bruegel “Measuring the intangible economy to address policy challenges” di Le Mouel (2022) si è avvalso del dataset MICROPROD progettato per migliorare ed armonizzare la raccolta di dati a livello di impresa nell Unione europea. Le imprese hanno una diversa capacità di utilizzare le nuove tecnologie con il risultato di divergenze nella produttività e nel dinamismo aziendale smorzato. (Leggi)
Dopo l’invasione dell’Ucraina uno degli obiettivi dei Paesi dell’Unione europea è di ridurre la dipendenza dal gas naturale russo. Il blocco delle forniture può tuttavia provocare danni economici nel breve termine. Un CEPS Policy Insights di Gross (2022) “Optimal tariff versus optimal sanction“, ha svolto un’analisi economica sugli effetti dell’imposizione di una tariffa sull’importazione di gas naturale. Una tariffa sulle importazioni su Gazprom, operante in regime di monopolio, sarà vantaggiosa per l’UE perché abbasserà la curva di domanda di gas costringendo Gazprom ad abbassare i prezzi. (Leggi)

INFLAZIONE E FINANZA PUBBLICA
Nel DEF 2022 viene illustrata l’evoluzione della finanza pubblica e dello scenario macroeconomico alla luce dell’inflazione e degli esiti della guerra in Ucraina. L’andamento dei saldi di finanza pubblica, nonostante le ulteriori misure di sostegno per un ammontare di 5,3 miliardi di euro a favore delle famiglie e imprese per il contenimento di prezzi del gas ed energia elettrica, è in netto miglioramento rispetto alle previsioni del DEF e della NADEF 2021.
Nel 2021 l’indebitamento netto della PA – saldo tra entrate e uscite correnti primarie – è diminuito al 7,2% sul PIL, un risultato ottenuto grazie alla buona dinamica delle uscite primarie, inferiori rispetto alle previsioni sia per quanto riguarda i consumi sia per le prestazioni sociali non pensionistiche. Il conflitto in Ucraina ha acuito le tensioni inflazionistiche sui prezzi dei generi alimentari e sui prodotti energetici, sui tassi di interesse attesi e sul clima di fiducia di famiglie e imprese. È previsto un rallentamento del commercio globale, un calo delle esportazioni italiane e un incremento dei costi delle materie prime.
Le previsioni tendenziali per il 2022 e il 2023 sono state riviste al ribasso: il PIL reale nel 2022 crescerà del 2,9% e nel 2023 del 2,3%. Il quadro programmatico incorpora gli effetti delle nuove misure che saranno approvate nel corso dell’anno, pari allo 0,5% sul PIL, ad ulteriore sostegno a famiglie e imprese: il PIL reale nel 2022 crescerà del 3,1% e nel 2023 del 2,4%. L’indebitamento netto programmatico nel 2022 sarà -5,6% e il debito pubblico 147,0% sul PIL.
MEF – Documento di economia e finanza 2022
https://www.mef.gov.it/documenti-pubblicazioni/doc-finanza-pubblica/index.html#cont1
L’ETEROGENEA COMPOSIZIONE DELLA RIPRESA E IL RUOLO DEL PNRR
L’eccezionale ripresa del PIL reale nel 2021 +6,6%, associata agli investimenti del PNRR, prometteva il rapido recupero dell’attività economica a livelli pre-crisi e una fase ciclica duratura, frenata dagli ultimi eventi in corso. Lo scorso anno l’impatto sui settori produttivi italiani è stato eterogeneo e direttamente proporzionale all’intensità della contrazione dell’attività nel 2020.
Secondo l’indicatore sintetico di competitività (ISCo) i settori con un recupero maggiore di sono stati i petroliferi, tessile e abbigliamento mentre il settore degli autoveicoli ha subito un peggioramento di competitività assoluta e relativa. Una dinamica analoga si è registrata nel terziario dove le performance migliori si sono avute in quei settori – quale il turismo – più colpiti dalle restrizioni, sebbene per l’ampiezza della contrazione non è stato possibile recuperare del tutto i livelli di attività pre-pandemia.
Gli investimenti del PNRR renderanno i settori produttivi protagonisti della ripresa: secondo le stime del Ministero delle infrastrutture gli investimenti attiveranno un incremento del valore aggiunto di 38 miliardi di euro. Di questi 14, miliardi interesserà i settore delle costruzioni, 8,4 i servizi e 6,2 il manifatturiero. La maggiore quota di valore aggiunto è generato dalla costruzioni seguiti dalla R&S e dai servizi informatici. Per ogni euro investito, le costruzioni genereranno 77 centesimi di valore aggiunto, 88 centesimi dalla R&S e 79 centesimi di servizi informatici.
ISTAT – Rapporto sulla competitività dei settori produttivi – Edizione 2022
LE PROSPETTIVE DELL’ITALIA NEL 2022
L’incremento dei prezzi al consumo e alla produzione dell’ultimo scorcio del 2021 e le conseguenze delle sanzioni alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina stanno indebolendo la crescita macroeconomica globale. In Italia dalle indagini sul clima di fiducia è emerso un peggioramento da parte delle famiglie ma una tenuta della fiducia da parte delle imprese.
L’indicatore ciclico coincidente Ita-coin è lievemente aumentato nel I trimestre del 2022 restando tuttavia sui livelli medi del quarto trimestre del 2021. Secondo le stime della Banca d’Italia l’attività economica nel primo trimestre si sarebbe contratta dello 0,7% in termini congiunturali con un intervallo di fiducia ampio compreso tra +/- 0,5 p.p. L’indicatore settimanale dell’attività economica (Itwei) indica una contrazione del prodotto del 2% rispetto al trimestre precedente, nonostante la stima vada interpretata con cautela data l’elevata volatilità dei dati ad alta frequenza.
Nel bollettino sono formulati tre scenari per l’economia italiana legati alle ipotesi di andamento del conflitto in Ucraina. Secondo lo scenario favorevole, ossia termine del conflitto a breve, l’inflazione nel 2022 si attesterebbe al 4,0% con una crescita del PIL reale del 3,0%; secondo lo scenario mediano, protrarsi del conflitto, la crescita sarebbe limitata al 2,2% con un tasso di inflazione al 5,6%. Nello scenario sfavorevole, in cui al prolungamento della guerra si aggiunge una minore disponibilità di prodotti energetici (in primis il gas) il PIL si contrarrebbe di 0,5 p.p. con un tasso di inflazione all’8,0%.
Banca d’Italia – Bollettino economico n. 2
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-economico/2022-2/index.html
INNOVAZIONE NON È SINONIMO DI PRODUTTIVITÀ
Dai primi anni 2000 in Europa si è assistito alla frenata della produttività. Dal 2000 al 2016 la Total factor productivity (TFP) è cresciuta in media del 5% mentre gli investimenti intangibili, al contrario, sono cresciuti in media del 26%. Un trend analogo è riscontrabile anche negli USA dal 1990. Il dato aggregato è contraddittorio in quanto una grande quantità di studi ha evidenziato la presenza di effetti positivi degli investimenti intangibili sulla produttività a livello di singola impresa, di settore o di Paese.
La causa potrebbe risiedere in alcune complesse dinamiche tra imprese: il processo di distruzione creatrice, foriero di innovazione, si è indebolito, il mercato è diventato meno contendibile (ossia le barriere all’ingresso sono aumentate rendendo difficoltoso l’ingresso di nuove imprese) e il contributo delle giovani imprese all’attività economica è diminuito. Da studi dedicati all’impatto delle attività immateriali nell’economia USA è emerso che gli investimenti in tecnologie, in particolare digitali, hanno in comune una crescita fiacca della produttività, l’incremento dei profitti e il declino della competitività.
Un gruppo ristretto di imprese sono state più abili delle altre nello sfruttare i vantaggi offerti da queste tecnologie, per capacità organizzativa e disponibilità finanziarie, costringendo le altre a un ritardo incolmabile. Alcuni studi Bruegel basandosi sui dati MICROPROD confermano questa dinamica anche a livello Paese dove si e riscontrata un’ampia eterogeneità tra le risorse investite in tecnologia digitale.
Bruegel – Measuring the intangible economy to address policy challenges
https://www.bruegel.org/2022/04/measuring-the-intangible-economy-to-address-policy-challenges/
I VANTAGGI DI UNA TARIFFA SUL GAS RUSSO
Il conflitto in Ucraina ha mostrato il lato debole dell'Europa per la sua dipendenza nei confronti della Russia per le materie prime energetiche. L’Unione europea importa quasi il 70% delle esportazioni da gasdotto della Russia e può avvantaggiarsi del potere di mercato derivante dalla condizione di monopsonista.
Se un blocco delle importazioni di gas naturale può comportare dei danni economici, sebbene nel breve periodo, l'imposizione di una tariffa speciale sulle importazioni può dare dei benefici alle finanze pubbliche e concedere tempo ai paesi UE di diversificare i fornitori. La tariffa può essere attuata immediatamente e può esser giustificata di fronte al WTO ai sensi dell'articolo XXI per motivi di sicurezza nazionale. L'applicazione di una tariffa globale del 30% sulle importazioni di gas, contribuirebbe a maggiori entrate fiscali quantificabili dai 30 ai 50 miliardi di euro che potrebbero essere utilizzare per il sostegno delle fasce economicamente più deboli colpite dal rincaro dell'energia.
Secondo un modello di commercio estero standard a equilibrio parziale, una tariffa può incrementare il benessere dell’UE. Per massimizzare il benessere la tariffa dovrebbe essere vicina a 1/3 del livello del prezzo oltre il quale ci sarebbe un blocco delle importazioni dalla Russia, di conseguenza Gazprom ridurrebbe i ricavi del 50%. Se si volesse associare alla tariffa anche una sanzione ottimale, questa dovrebbe essere fissata al 60% del prezzo massimo e in questo caso Gazprom ridurrebbe i ricavi del 75%.