La selezione della settimana: #1 OECD: la ripresa della pandemia in Europa e l’incremento dell’inflazione rendono il passo della crescita globale più incerto. Le previsioni per l’Italia sono viste al rialzo rispetto allo scorso settembre: +6,3% nel 2021, +4,6% nel 2022 e +2,6% nel 2023. #2 Governo italiano: un nuova strategia nazionale per l’intelligenza artificiale in 24 azioni di policy da attuare nei prossimi tre anni. #3 ISTAT: la popolazione italiana è in graduale e costante diminuzione. Nei prossimi 50 anni si avranno 12 milioni di residenti in meno. #4 Commissione europea: nel DPB 2022 l’Italia supporta la crescita con gli investimenti del PNRR ma è necessario frenare l’aumento della spesa pubblica corrente. #5 Banca d’Italia: le barriere ai FDI introdotte in molti paesi tra gli anni novanta e il 200 hanno ridotto gli investimenti stranieri nell’industria manifatturiera e nei servizi, soprattutto in caso di limitazioni all’acquisto di azioni.
Gli entusiasmi per la crescita superiore alle attese del 2021 si stanno affievolendo alla luce del mutato contesto globale. Destano preoccupazione il nuovo scenario pandemico, alle prese con la quarta ondata e con nuove varianti del virus, la ancora non risolta strozzatura dal lato dell’offerta dovuta alla grave carenza di manodopera in alcuni settori manifatturieri e, soprattutto, il conseguente incremento dei prezzi quasi ovunque con le banche centrali ancora alla finestra. L’Economic Outlook dell’OCSE di dicembre prevede per il 2022 e 2023 una crescita globale sempre sostenuta ma con un passo più moderato. Le prospettive per l’Italia sono riviste in lieve rialzo nel 2021. (Leggi)
Ventiquattro politiche da attuare nel triennio 2022-2024 per potenziare il sistema dell’intelligenza artificiale (IA) in Italia: rafforzare le competenze ed attrarre talenti, irrobustire l’ecosistema della ricerca, incrementare i finanziamenti per la ricerca avanzata in IA e incentivare l’adozione della IA e delle sue applicazioni nelle imprese e nella PA. Sono le principali politiche e aree strategiche di intervento del “Programma Strategico Intelligenza Artificiale 2022-2024” approvato il 24 novembre scorso dal consiglio dei ministri. L’obiettivo è di sfruttare in pieno il grande potenziale inespresso di IA del Paese. (Leggi)
Il trend in diminuzione della popolazione italiana residente continuerà nei prossimi decenni: nello scenario mediano 58 milioni nel 2030, 54,1 milioni nel 2050 e 47,6 milioni nel 2070, 12 milioni in meno rispetto al 2020. Le migrazioni interne saranno all’origine dello spopolamento delle zone a densità intermedia e rurali a favore delle città e zone densamente popolate. Questi i principali dati delle nuove Previsioni della popolazione per gli anni 2020-2070 e delle famiglie per gli anni 2020-2040 dell’ISTAT. Nel 2040 il 40% delle famiglie sarà composto dal persone sole mentre la percentuale di coppie senza figli aumenterà dal 20% del 2020 al 22% del 2040 (Leggi).
Il 18 giugno scorso il Consiglio d’Europa, nel giudizio sul Programma di Stabilità, aveva raccomandato all’Italia di utilizzare le risorse del Recovery and Resilience Facility (RRF) per finanziare ulteriori investimenti perseguendo, allo stesso tempo, una politica fiscale prudente e di limitare la crescita della spesa pubblica corrente. La Commissione europea nel “Commission opinion on the 2022 Draft Budgetary Plan of Italy“, ha esaminato il Draft Budgetary Plan (DBP) 2022 dell’Italia, sulla base di queste premesse, evidenziando il miglioramento dei deficit e del rapporto debito su PIL ma denunciando la mancata programmazione nel limitare la crescita della spesa corrente (Leggi).
Il ruolo dei Finanziamenti diretti esteri (FDI), è sempre stato considerato un elemento favorevole nello sviluppo economico dei Paesi, soprattutto in quelli in via di sviluppo. Sia negli anni 90 sia negli anni 2000 molti Paesi hanno elevato barriere all’ingesso degli FDI contestualmente alla liberalizzazione del commercio, mentre dopo la Grande Crisi Finanziaria del 2008 il trend ha rallentato. La pubblicazione della Banca d’Italia “The impact of restrictions on FDI” a firma di Albori, Corneli, Nispi Landi e Schiavone ha analizzato l’impatto delle restrizioni sugli FDI in 17 Paesi OCSE e in 23 settori nel periodo 2012-2018. (Leggi)
EMERGONO GRAVI SQUILIBRI GLOBALI
Dalla valutazione dell’OCSE nell’Economic Outlook di dicembre sulla situazione macroeconomica generale emergono numerosi elementi di incertezza. Nel 2021 la perdita di prodotto del 2020 è stata recuperata a livello globale, grazie a una crescita sostenuta e superiore alle attese, sebbene stiano emergendo squilibri tali da frenare lo slancio degli ultimi mesi.
A livello globale nel 2021 il rimbalzo del PIL sarà del 5,6%, inferiore di 0,1 p.p. rispetto allo scorso settembre, nel 2022 la crescita continuerà vivace con +4,5% e nel 2023 vi sarà un rallentamento +3,2%. L’OCSE avverte su alcune potenziali situazioni di rischio: la ripresa non è stata uniforme tra Paesi a causa delle differenti condizioni sanitarie, in secondo luogo, stanno emergendo gravi carenze nell’offerta di lavoro e infine lo squilibrio tra domanda e offerta tra i beni alimentari e l’energia, ha causato un incremento dei prezzi al consumo superiore alle attese e di maggiore durata rispetto a quanto preventivato. Secondo l’OCSE il picco dell’inflazione sarà raggiunto nel 2021-2022 prima di rientrare al 3% nel 2023.
Andamento della pandemia e scarsità di lavoro sono tra loro in relazione e quando la situazione sanitaria migliorerà, le strozzature dell’offerta di lavoro dovrebbero diminuire. In Italia la ripresa prosegue robusta e viene supportata sia delle politiche fiscali sia dei programmi di investimento europei. L’inflazione è in aumento sebbene in misura più moderata rispetto ad altri Paesi e +2.2% nel 2022 e +1,6% nel 2023. La crescita è stata lievemente rivista al rialzo rispetto alle ultime previsioni di settembre: +6,3% nel 2021, +4,6% nel 2022 e +2,6% nel 2023. Secondo le ultime stime ISTAT, al momento, la variazione acquisita al terzo trimestre 2021 è di +6.2%.
https://www.oecd.org/newsroom/oecd-to-release-economic-outlook-on-wednesday-1-december-2021.htm

COME RILANCIARE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
L’intelligenza artificiale (IA) è considerata un’innovazione chiave per lo sviluppo economico in quanto può incrementare la produttività del lavoro e favorire la crescita economica. Rispetto al resto del mondo nel vecchio continente, dove il livello di impiego nelle imprese dell’IA è basso, c’è un notevole ritardo nell’adozione. Sono state riscontrate barriere nelle diverse fasi dell’innovazione, dalla ricerca, dallo sviluppo all’adozione.
Analogamente in Italia, l’adozione della IA nelle imprese private è bassa: secondo una ricerca del Politecnico di Milano, nel 2020 il mercato privato è solo il 3% rispetto a quello europeo, sebbene sia in aumento del 15% rispetto al 2019. Nella Pubblica amministrazione vi è un divario tra l’offerta, in linea con il settore in Europa, e l’effettiva utilizzazione che è invece bassa. Il Governo ha approvato il Programma Strategico IA per colmare queste lacune lungo tutta la filiera dell’ecosistema italiano dell’innovazione.
La ricerca sulla IA in Italia è molto attiva ma vi sono alcuni punti di debolezza: la ricerca è frammentata e scarsamente finanziata; la formazione dei ricercatori italiani è adeguata ma vi è un insufficiente afflusso di talenti dall’estero; solo il 16,6% dei ricercatori è di genere femminile e il numero di brevetti per pubblicazioni è basso.
I tre centri di trasferimento tecnologico e le circa 260 aziende italiane che offrono prodotti e servizi IA sebbene attive nono sono sufficienti a far decollare il settore. Il Programma vuole essere un “radicale aggiornamento della strategia nazionale per l’IA”, in tre aree di intervento: rafforzare le competenze e attrarre talenti, aumentare i finanziamenti per la ricerca avanzata nell’IA e incentivare l’adozione dell’IA e delle sue applicazioni nel pubblico e nel privato.
Governo italiano – Programma Strategico Intelligenza Artificiale 2022-2024
IL DECLINO DEMOGRAFICO DEL PAESE
La popolazione italiana è in graduale ma costante declino dal 2014 quando i residenti erano 60,8 milioni. Dal 1993 il saldo naturale, ossia la differenza tra il numero delle nascite e il numero dei decessi, è negativo ad eccezione del 2004 e 2006 nonostante i saldi migratori di segno positivo divenuti dal 2007 non più sufficienti a compensare.
Secondo lo scenario mediano delle nuove previsioni della popolazione ISTAT, con base 1° gennaio 2020, nel 2030 i residenti diminuiranno a 58 milioni, riducendosi nel decennio 2020-2030 ad un tasso medio annuo del 2,9‰. La contrazione proseguirà anche nei decenni successivi: nel 2050 la popolazione sarà di 54,1 milioni ad un tasso di variazione medio annuo del 3,4‰ nel ventennio considerato.
Il calo più consistente si avrà tra il 2050 e il 2070 quando la popolazione arriverà a 47,6 milioni contraendosi ad un tasso medio annuo del 6,4‰ nel periodo. Il margine di incertezza di questo tipo di previsioni aumenta tuttavia con l’aumentare dell’orizzonte temporale: nel 2070 l’intervallo di confidenza al 90% oscilla tra 41,1 e 54,9 milioni sebbene la probabilità che la popolazione sia superiore di quella attuale è solo dell’1%.
La composizione della popolazione per classi di età subirà importanti cambiamenti: nel 2020 la popolazione ultrasessantacinquenni è il 23,2%, quella inferiore ai 14 anni, il 14% e quella compresa tra 15 e 64 il 63,8%; nel 2050 le percentuali passeranno rispettivamente al 35%, all’11,7% e al 36,9% con un rapporto tra ultrasessantacinquenni e ragazzi di 3 a 1. L’intervallo di confidenza per la classe di età 15-64 nel 2050 sarà compresa tra il 51,9% e il 54,7%, questa compressione della popolazione in età da lavoro, metterà a rischio la sostenibilità di lungo periodo dei sistemi di welfare.
ISTAT – Previsioni della popolazione residente e delle famiglie

ATTENZIONE ALLA SPESA PUBBLICA CORRENTE
La commissione europea ha pubblicato le proprie considerazioni sul Documento Programmatico di Bilancio 2022 (DPB). Sulla base di quanto già segnalato dal Consiglio d’Europa lo scorso giugno, è stato valutato l’impatto della manovra sulla spesa corrente. Il DPB 2022 ha previsto la riduzione del disavanzo delle amministrazioni pubbliche dal 9,4% del 2021 al 5,6% del 2022: la riduzione è possibile grazie alla crescita economica e alla graduale eliminazione del sostegni temporanei all’emergenza.
Il DPB 2022 ha, tuttavia, introdotto nuove misure che andranno a incidere sul deficit con un incremento dall’effetto di 1,5% sul PIL sulla posizione di bilancio complessiva. Alla luce della nuova spesa il disavanzo delle AP avrà un rientro più graduale tra il 2023 e il 2024 quando dal 3.9% calerà al 3,3%. La Commissione invita l’Italia a prendere le misure necessarie nell’ambito dell’iter della Legge di bilancio a limitare la crescita della spesa pubblica corrente.
Rilievi analoghi sono stati sollevati dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio nell’audizione sul DDL Bilancio 2022 in cui si evidenzia l’impostazione espansiva della manovra dall’impatto di 1-1,4 p.p. di PIL. L’attenzione dell’UPB è rivolta alle misure aventi carattere strutturale con effetti permanenti sui conti pubblici o che verosimilmente dovranno essere riproposti per il perdurare dell’incremento dei prezzi delle materie prime.
Dati gli elevati livelli di debito è fondamentale perseguire una politica di bilancio prudente al fine di garantire la sostenibilità nel medio termine. Secondo l’UPB è necessaria “una rappresentazione più chiara del profilo temporale del quadro di finanza pubblica” finanche al 2030 anno in cui il rapporto debito PIL dovrebbe tornare al di sotto di quello del 2019.
EC – Commission opinion on the 2022 Draft Budgetary Plan of Italy
FDI DOPO LA LIBERALIZZAIONE, LE RESTRZIONI
I governi hanno da sempre focalizzato l’attenzione sugli investimenti diretti esteri per le potenziali implicazioni sulla sicurezza nazionale. Nel periodo precedente agli anni 70, sono state imposte le maggiori restrizioni agli FDI nei settori strategici quali difesa e nucleare oppure dove le imprese di proprietà pubblica operavano in regime di monopolio. Dagli anni ’70 vi è stata una graduale liberalizzazione da parte delle economie avanzate.
Negli ultimi venti anni anche i Paesi emergenti hanno abbassato le barriere verso gli FDI da sempre restii agli investimenti stranieri sul loro territorio. Negli ultimi anni tuttavia si registra un ritorno al passato: sempre più paesi soprattutto avanzati hanno introdotto nuove limitazioni in apparenza per problemi di sicurezza nazionale ma probabilmente secondo l’OCSE ancora con l’intento protezionista. Lo studio della di Albori et al. analizza l’effetto delle restrizioni sui flussi degli FDI livello settoriale tramite l’utilizzo dell’indicatore OCSE di apertura del mercato Foreign Direct Investment Regulatory Restrictiveness Index (FDI-RRI).
L’analisi settoriale, sebbene riduca l’intervallo dell’analisi al 2012-2018, dà risultati più precisi in quanto le restrizioni interessano specifici settori. L’indice OCSE misura quattro tipi di restrizioni il più significativo riguarda le restrizioni sul capitale estero, una limitazione molto efficace in quanto può nei casi estremi vietare del tutto la proprietà straniera. L’impatto delle restrizioni sulla partecipazione azionaria e sui flussi di servizi è significativa ed economicamente rilevante: -22,5% nel periodo considerato.
Banca d’Italia – L’impatto delle restrizioni sugli investimenti diretti esteri in entrata
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2021-0656/index.html