La selezione della settimana: #1 Una conferma dei dati del 2020 e un 2019 migliore di quanto stimato in precedenza: è il quadro delineato dall’ISTAT nei conti economici nazionali di settembre. #2 Secondo l’OCSE vi sono segnali di un potenziale rallentamento della ripresa globale, nel contempo il governo italiano nella NADEF 2021 prevede un’accelerazione della crescita nel nostro Paese. #3 Invecchiamento della popolazione e automazione sono due fenomeni legati tra di loro: i paesi con un minore tasso di invecchiamento sono anche quelli con una minore diffusione dell’automazione. #4 In Italia il cammino delle Regioni verso la neutralità climatica sta avvenendo in ordine sparso: la maggior parte non è ancora in linea con gli obiettivi intermedi fissati dalla UE. #5 I cambiamenti strutturali dell’economia avvenuti negli ultimi 50 anni, come lo spostamento dell’attività economica verso servizi a produttività stagnante, sono alla base del rallentamento della produttività del lavoro negli USA e nella EU.


Nel 2020 il PIL reale -8,9%, gli investimenti fissi lordi -9,2%, le unità di lavoro (ULA) -10,3%, l’indebitamento netto su PIL -9,6% e la pressione fiscale al 42,8%. Questi i principali dati di contabilità nazionale, mercato del lavoro e finanza pubblica, contenuti nella pubblicazione ISTAT Conti economici nazionali 2020, in cui sono riportate le revisioni delle stime del PIL per il biennio 2019 – 2020 e dell’indebitamento delle AP per il triennio 2018 – 2020. Grazie all’acquisizione di nuovi dati, l’incremento del PIL reale del 2019 è maggiore di 0,1 p.p. rispetto a quanto comunicato in precedenza: +0,4% invece di +0,3%. (Leggi)

L’economia mondiale è in ripresa e i livelli di prodotto pre-crisi sanitaria sono stati recuperati nei Paesi industrializzati, sebbene restino ampi margini di incertezza sia per le aspettative di inflazione in aumento sia per il rallentamento delle catene globali di approvvigionamento. L’OECD Economic Outlook nell’interim report di settembre, fa il punto sulle prospettive della ripresa globale, focalizzando l’attenzione sulle difficoltà dei Paesi a basso reddito e sulle politiche monetarie e fiscali. In questo contesto macroeconomico l’Italia va in controtendenza: secondo la NADEF 2021 la crescita programmatica sarà 6% del 2021 con un’onda lunga negli anni successivi. (Leggi)

L’invecchiamento della popolazione e la diminuzione del tasso di fecondità sta interessando gran parte dei Paesi industrializzati con implicazioni su diverse aree dell’attività economica. La diminuzione del tasso di natalità sta riducendo sia il tasso di crescita della forza lavoro sia la percentuale di popolazione in età dal lavoro (15-64). Uno studio su dati di 60 Paesi nel periodo 1993-2016 intitolato Population growth and automation density: theory and cross-country evidence, trova una correlazione robusta tra diminuzione del tasso di crescita della popolazione e variazione nella crescita della densità dell’automazione. (Leggi)

La neutralità climatica è un obiettivo dell’Unione Europea da raggiungere nel 2050. L’accordo approvato dal Parlamento europeo lo scorso giugno ha convertito l’impegno politico del Green New Deal in obbligo vincolante per gli stati membri. In mancanza di una roadmap nazionale per le emissioni zero, Italy for Climate promuove nel nostro Paese dal 2019 il dibattito su clima ed energia. La pubblicazione di I4C La corsa delle Regioni verso la neutralità climatica 2021 analizza le performance delle Regioni italiane sul clima sulla base di 6 indicatori, individuando tendenze, ritardi e i driver locali. (Leggi)

Negli ultimi venti anni in Europa e negli USA c’è stato un rallentamento sia della produttività del lavoro sia della produttività totale dei fattori (TFP). Sono state formulate diverse ipotesi a riguardo: minore rendimento dell’attività di R&S, minore dinamismo delle imprese, basso tasso di diffusione dell’innovazione e delle tecnologie oppure stime errate. Il paper Cesifo Structural Change and Productivity Growth in Europe, con un’analisi su dati EU-KLEMS 1970-2017, lega le cause della diminuzione della produttività del lavoro degli ultimi 20 anni nelle economie USA e UE14. ai cambiamenti strutturali intervenuti dagli anni ’70 in cui la riallocazione di risorse è avvenuta in servizi con produttività stagnante. (Leggi)

IL 2020 IN CIFRE

L’ultima pubblicazione dell’ISTAT sui conti nazionali consente di illustrare in dettaglio i risultati economici di un anno in cui c’è stata una crisi economica senza precedenti. Dal lato della domanda, il contributo alla contrazione del PIL reale dell’8,9% è dovuto in larga parte dalla caduta dei consumi finali di 6,1 p.p. – data dal saldo tra il contributo negativo della spesa delle famiglie -6,4 p.p. e quello positivo della spesa delle AP +0,3 p.p. – e dalla riduzione degli investimenti fissi lordi di 1,7 p.p.

Il valore aggiunto in termini reali si è contratto dell’8,7%: nel settore primario è diminuito del 6,3%, nella manifattura, il settore più colpito, -11,5% e nei servizi -8,3%. Disaggregando i servizi, i comparti più colpiti sono stati il Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli e motocicli; trasporto e magazzinaggio; servizi di alloggio e di ristorazione con -16,6% e quello delle Attività artistiche, di intrattenimento e divertimento; riparazione di beni per la casa e altri servizi con -14,9%.

Il mercato del lavoro ha registrato un calo delle ULA del 10,3%: hanno risentito degli effetti della crisi più le ULA indipendenti -12,8% rispetto a quelle dipendenti -9,3%. Sono diminuite anche le retribuzioni e i redditi da lavoro dipendente rispettivamente del 7,2% e del 6,3%. La pressione fiscale è aumentata al 42,8%, con un incremento di 0,5 p.p. rispetto al 2019: tale risultato si è venuto a determinare in quanto la diminuzione delle entrate fiscali e contributive (-6,7%) è stata inferiore a quella del PIL nominale (-7,9).

ISTAT – Conti economici nazionali – Anno 2020

https://www.istat.it/it/archivio/261362

https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2021-0620/index.html

LA RIPRESA GLOBALE PUÒ PERDERE LO SLANCIO MA L’ITALIA CRESCE

Le prospettive dell’economia globale continuano a migliorare sebbene dall’OCSE provengano messaggi di cautela per il permanere di alcuni elementi di incertezza. La diffusione della variante Delta del Coronavirus e il differente grado di copertura vaccinale rischiano di rallentare la crescita globale. Le misure di contenimento in alcuni Paesi dell’Asia e del Pacifico, introdotte per arginare la diffusione della nuova variante, porteranno a un’ulteriore congestione delle catene globali di approvvigionamento.

Le previsioni sull’indice dei prezzi al consumo per i Paesi del G20 sono state riviste in aumento rispetto all’Outlook di maggio: nel 2021 +2,1% e nel 2022 +2,2% sebbene in alcuni Paesi l’andamento dell’inflazione sia ancora moderato. Nel 2022 le economie emergenti potranno subire le ripercussioni maggiori se nei mercati finanziari si verranno a formare aspettative inflattive. Nonostante il fronte dei prezzi caldo e le strozzature dal lato dell’offerta, l’OCSE suggerisce politiche monetarie ancora accomodanti e politiche fiscali flessibili contingentate allo stato di salute dell’economia.

In questo contesto macroeconomico l’Italia, unico Paese industrializzato dove l’inflazione è stata rivista al ribasso per il 2021 – +0,7%, sta crescendo più del previsto grazie all’andamento del primo semestre superiore alle aspettative. Secondo il quadro programmatico della NADEF 2021, la crescita del PIL reale sarà del 6%, in linea con il consenso internazionale – OCSE +5,9%, S&P +6% e UPB +5,8% – con gli investimenti in aumento del 15,5 nel 2021 e del 6,8% nel 2021% (recupera la contrazione del 9,2% del 2020).

OECD – Economic Outlook, Interim Report September 2021

https://www.oecd-ilibrary.org/economics/oecd-economic-outlook/volume-2021/issue-1_490d4832-en

IL WELFARE SALVATO DAI ROBOT?

Nei Paesi industrializzati i tassi di fecondità (TFT) e di natalità grezzo (TNG) hanno subito una consistente contrazione: tra il 1950 e il 1955 negli USA il numero medio di figli per donna era 3,33 e vi erano 24,4 nati su 1000 abitanti; tra il 2010 e il 2015 il numero medio dei figli per donna si è ridotto a 1,89 e i nati per 1000 abitanti si sono pressoché dimezzati a 12,6. Trend simili si sono avuti in Italia, Giappone, Germania e Regno Unito.

Questo fenomeno nel lungo periodo avrà ripercussioni sulla sostenibilità dei sistemi di welfare perché una popolazione in età da lavoro sempre meno numerosa non sarà in grado di finanziare il welfare destinato a una popolazione anziana sempre più numerosa. Ci sono stati dei comportamenti compensativi: il minor numero dei figli ha consentito alle famiglie di investire più risorse sull’istruzione dei propri figli, incrementando il capitale umano, e per il minor tempo dedicato alla cura della prole è aumentata l’offerta di lavoro.

Un altro importante effetto compensativo può provenire dall’automazione del lavoro che ha il potenziale di aumentare la produttività e la crescita economica. Il paper approfondisce questo aspetto, se i paesi con un tasso di crescita della popolazione più basso hanno un tasso di adozione della tecnologia più rapido. Il risultato dell’analisi conferma quanto ipotizzato: un aumento dell’1% della crescita della popolazione è associato a una riduzione di circa il 2% del tasso di crescita della densità di automazione.

WU – Population growth and automation density: theory and cross-country evidence

https://epub.wu.ac.at/8284/

CLIMA: REGIONI IN ORDINE SPARSO

L’accordo sulla neutralità climatica approvato dal Parlamento europeo lo scorso giugno ha rafforzato l’obiettivo sulla riduzione delle emissioni di gas serra del 55% rispetto al 1990. Si tratta di un incremento ambizioso: +15 p.p. rispetto a quanto fissato in precedenza dall’accordo di Parigi, con un ulteriore aumento di 2 p.p. dovuto all’imminente regolamentazione della rimozione delle emissioni nell’uso del suolo e nella silvicoltura.

In questo mutato contesto, un rapporto di I4C ha fotografato lo stato di avanzamento verso la neutralità climatica nel nostro Pese attraverso un’analisi sia della performance climatica delle Regioni tra il 2017 e il 2019 sia dell’istantanea al 2019. Nel complesso l’Italia nel biennio 2017-2019 ha diminuito in media le emissioni di gas serra dell’1,7% ma solo 10 Regioni hanno ridotto le emissioni: Lazio, Liguria, Friuli Venezia-Giulia, Campania, Lombardia, Puglia, Piemonte, Emilia Romagna, Sicilia e Toscana: di queste solo nelle prime 6 vi è stata una riduzione superiore alla media nazionale.

Le Regioni in cui il consumo di energia è diminuito oppure l’adozione di energie rinnovabili è aumentato sono di volta in volta differenti e in gran arte non corrispondenti a quelle in cui le emissioni sono diminuite: questo indica non solo la mancanza di una roadmap condivisa a livello nazionale ma anche l’assenza di politiche coordinate a livello regionale. Questa ulteriore frammentazione si va ad aggiungere alle divisioni già esistenti a livello europeo, rendendo più intricato il raggiungimento degli obiettivi.

I4C – La corsa delle Regioni verso la neutralità climatica 2021

http://italyforclimate.org/studi-e-ricerche/

L’ECONOMIA DEI SERVIZI CRESCE MENO

Negli ultimi venti anni nell’Unione Europea e negli USA si è assistito a una sensibile diminuzione del tasso di crescita della produttività: da elaborazioni su dati EU-KLEMS negli USA il tasso di variazione media della produttività del lavoro dal 1981 al 1994 è stato dell’1,4% mentre dal 2007 al 2017 è sceso all’1,0%; il tasso di variazione media della produttività totale dei fattori (TFP) 2007-2017 è stato dello 0,4% ossia 0,5 p.p. in meno del periodo 1981-1984.

In alcuni Paesi europei il calo è stato ancora più marcato: in Italia il tasso di variazione media della produttività del lavoro dal 1981 al 1994 è stato del 2,0% mentre dal 2007 al 2017 solo dello 0,2% – nel periodo 2007 al 2017 il tasso medio della TFP è stato del -0,3%. In Germania dal 1981 al 1994 la produttività del lavoro è cresciuta in media del 2,8% mentre dal 2007 al 2017 è stata solo dello 0,8% e la TFP è aumentata dello 0,6% – 1,9 p.p. in meno del periodo 1981-1994; anche per Francia e Spagna vi è stato un rallentamento di ampiezza analoga sia per la produttività del lavoro sia per la TFP.

Non è sempre chiaro che cosa abbia determinato questo rallentamento e il dibattito tra gli economisti è ancora in corso: secondo alcuni le cause vanno ricercate nel contestuale rallentamento dei tradizionali motori della crescita quali adozione delle tecnologie, R&S, dinamismo delle imprese e barriere all’entrata; un nuovo filone si sta concentrando sulle modifiche nella composizione settoriale: secondo questi ultimi lo spostamento dell’attività economica verso settore dei servizi, in cui alcune branche sono a produttività stagnante, è alla base della riduzione di 0,4 p.p. annui del tasso di crescita della produttività tra il 1970-2017 nei Paesi EU-14.

CESIFO – Structural Change and Productivity Growth in Europe – Past, Present and Future

https://www.cesifo.org/en/publikationen/2021/working-paper/structural-change-and-productivity-growth-europe-past-present-and