I sostenitori della valutazione delle politiche pubbliche attraverso dati e misurazioni sono spesso visti come studiosi relegati in un mondo sperduto e autoreferenziale fatto di numeri e modelli astrusi incomprensibili ai più. Il volume della Fondazione CERM Evidence-based Policy! edito da il Mulino, dimostra, al contrario, quanto stringente sia la necessità di misurare gli interventi pubblici allo scopo di verificarne l’efficacia, porre dei correttivi dove necessario e per ampliare le conoscenze sulla relazione tra obiettivi perseguiti e politiche attuate. (Leggi)
Il dibattito sul controllo dei saldi di finanza pubblica e sul Patto di stabilità e crescita (SGP) negli ultimi venti anni è stato oggetto di scontro vivace tra ciascun Stato membro e le Istituzioni europee. Uno studio del Bureau d’Économie Théorique et Appliquée (BETA) propone un modello di apprendimento automatico (ML) basato su 141 variabili per prevedere, attraverso alcune caratteristiche chiave, il rispetto della regola del 3%. Il modello ha un’accuratezza predittiva del 91,7%, superiore ai modelli alternativi di riferimento. (Leggi)
In Europa e negli USA i tassi di interesse negli ultimi quindici anni sono in costante diminuzione, come evidenziato da un documento Bruegel. I tassi di interesse reali sono persino negativi e lo saranno probabilmente per un altro decennio. Negli Stati Uniti il trend discendente è stato causato dall’incremento di concentrazione del mercato delle imprese tecnologiche con la conseguente diminuzione di domanda di capitale. In Europa invece le cause risiedono nell’invecchiamento della popolazione, nell’accresciuto ruolo del capitale immateriale e dall’incremento dell’offerta di capitale. (Leggi)
La pandemia ha colpito con durezza il sistema di istruzione e formazione dei Paesi EU rendendo necessario un rapido adattamento per compensare la perdita di apprendimento dovuta ai ripetuti lockdown. Un European Economy Discussion Papers pone l’accento sui nuovi modi di comunicare l’apprendimento e sull’accentuazione delle disuguaglianze soprattutto nell’accesso all’istruzione di qualità. Sono auspicabili investimenti pubblici di qualità in istruzione e formazione anche allo scopo di migliorare l’inclusività dei risultati. (Leggi)
In Italia la Covid-19 ha riportato indietro di 0,9 anni rispetto al 2019 la speranza di vita alla nascita a 82,3 anni, livello del 2010 annullando del tutto il progresso osservato nell’ultimo decennio. È una delle più rilevanti evidenze emerse dall’ottavo rapporto sul Benessere equo e solidale (BES) 2020. Il rapporto contiene anche l’evoluzione dei 152 indicatori suddivisi per dodici domìni. La pubblicazione del 2020 si è arricchita di trentatré indicatori nelle diverse dimensioni per tenere conto anche degli obiettivi del NGEU. (Leggi)

CONOSCERE PER DELIBERARE
In Italia la valutazione delle politiche pubbliche basata sull’evidenza non gode di buona reputazione: è avversata dai politici, i quali sono più interessati a risultati di brevissimo periodo a fini elettorali, mentre è vista con diffidenza dall’opinione pubblica come prerogativa di una èlite autoreferenziale. Eppure, proprio dall’analisi puntuale, ben documentata e rigorosa dell’intervento pubblico si possono trarre i maggiori benefici per la collettività: spesa pubblica di qualità e interventi finalmente efficaci nel medio lungo periodo.
Il volume curato da Fabio Pammolli, Guido De Blasio e Antonio Nicita affronta quindi un argomento scomodo perché si intromette nel rapporto tra politici e cittadini, con l’intento, ad alto rischio di fraintendimento, di modificarlo in meglio. Grazie agli interventi di studiosi del settore ed esperti della materia sono stati trattati tutti i campi dell’intervento pubblico: istruzione, sanità, trasporti, mercato del lavoro, welfare, famiglia, imprese, divari territoriali, differenze di genere, immigrazione e ambiente.
La raccolta di saggi non è solo una mera rassegna di strumenti statistici ma è anche una riflessione sul metodo per ampliare le conoscenze, migliorare le teorie e al fine di evitare le correlazioni spurie, ossia quelle relazioni apparenti tra due fenomeni dove la casualità viene confusa per causalità. Se, secondo Karl Popper, è sufficiente una prova contraria per smentire le ipotesi di partenza oggi, dove la colpa del fallimento delle politiche è per paradosso imputata alla realtà, abbiamo sempre più bisogno di Evidence-based Policy!
Pammolli, G. De Blasio, A. Nicita (a cura di) Evidence-based Policy!, Il Mulino 2021

ATTENTI A QUEGLI OTTO
Il patto di Stabilità e Crescita (SGP), sospeso per gli anni 2020-2022 a causa della grave crisi economica a supporto delle finanze pubbliche dei paesi più colpiti, ha avuto fin dalla nascita nel 1996 una vita travagliata. Dopo tre riforme avvenute nel 2005, 2011 e il 2013 il SGP è diventato un mero elenco di indicatori da monitorare senza nessuna valutazione dell’efficienza della gestione delle finanze pubbliche nazionali.
Il lavoro interviene sui fondamenti della conformità alle regole del SGP proponendo una metodologia per rafforzare l’azione preventiva nell’Area dell’euro. La riforma del 2011 aveva introdotto il Macroeconomic Imbalance Scoreboard costituito da un ampio set di indicatori per il monitoraggio di squilibri interni ed esterni. Le riforme hanno tuttavia prodotto una struttura parecchio complicata per il monitoraggio preventivo degli squilibri con ripercussioni indesiderate sugli Stati membri.
Il modello, basato su tecniche di ML, ha individuato un numero ridotto di indicatori al tempo t-1 dall’eccellente capacità predittiva dello sforamento della regola del 3%: saldo di bilancio delle amministrazioni pubbliche, variazione % delle passività del settore delle società finanziarie, variabile anche a t-2 della presenza di una crisi, output gap, prezzo del petrolio, rendimento obbligazionario e spazio fiscale.
BETA’s – Forecasting the Stability and Growth Pact compliance using Machine Learning
UN RACCONTO DI DUE CONTINENTI
I tassi di interesse reali – al netto dell’inflazione – sono da oltre 15 anni in diminuzione sia in Europa sia in USA ma per cause in parte differenti. La contrazione dei tassi di interesse è collegata in letteratura al rallentamento della produttività attraverso alcuni meccanismi: diminuzione della concorrenza dovuta a una maggiore concentrazione, più investimenti in attività immateriali rispetto a quelle materiali, maggior rischio macroeconomico.
Negli USA il fenomeno è legato all’innovazione e alla concentrazione mentre in Europa, è legato al rischio macroeconomico e all’innovazione. Negli USA l’innovazione ha comportato la concentrazione di grandi imprese tecnologiche che operano ormai in regime di monopolio. Il mercato da allora è caratterizzato da una ridotta propensione all’innovazione, innalzando barriere all’ingresso e scoraggiando nuovi investimenti: una minore domanda di capitali riduce i tassi di interesse.
In Europa la concentrazione non ha avuto lo stesso ruolo, mentre i maggiori investimenti in attività immateriali hanno provocato in aggregato un rallentamento della produttività totale dei fattori. Il maggior premio al rischio – legato all’investimento nelle imprese private – comporta un maggior rendimento ma deprime il tasso risk free – legato ai titoli pubblici. Su quest’ultimo aspetto l’azione dell’Europa può focalizzarsi sul sistema finanziario ancora troppo frammentato. Vanno ridisegnati i meccanismi di finanziamento bancari, basati ancora sulle garanzie collaterali, uno strumento inadeguato in tempi di asset immateriali e puntare sul programma europeo Capital Market Union.
Bruegel – Low interest rates in Europe and the US: one trend, two stories
https://www.bruegel.org/2021/03/low-interest-rates-in-europe-and-the-us-one-trend-two-stories/
LE NUOVE SFIDE DELL’STRUZIONE
L’Unione europea, soprattutto nell’ultimo anno in risposta all’emergenza sanitaria, ha intrapreso alcune iniziative per sostenere gli investimenti nelle competenze delle persone. Investire in istruzione di alta qualità durante tutto l’arco della vita è essenziale per ridurre l’abbandono scolastico – il 10% in Europa nel 2018 – e per promuovere, più in generale, le pari opportunità e la mobilità sociale. Investire nelle competenze significa affrontare al meglio le nuove sfide della globalizzazione, del progresso tecnologico e della sostenibilità ambientale.
Un’occasione anche per Italia dove la pandemia ha costretto la didattica a profondi cambiamenti in un contesto di divari territoriali ancora marcati. Dai dati BES 2020, nel capitolo dedicato all’istruzione, nonostante i miglioramenti dell’ultimo decennio, emerge un ritardo crescente rispetto all’Europa. Nel 2018 era in possesso di un diploma superiore solo il 62,5% della popolazione tra 25 e 64 anni contro il 78,5% della media europea. Nell’istruzione universitaria il 27,9% della popolazione 30 e 34 anni contro la media europea del 42,1%.
A causa della riduzione dell’offerta di lavoro, nel primo semestre del 2020, la quota dei NEET nei 25-39 anni è aumentata al 23,9% mentre il ricorso alla didattica a distanza si è scontrato sia con il basso livello delle competenze digitali sia con il ritardo nella digitalizzazione del Paese.
PRIMI ESITI DELLA PANDEMIA
Nel rapporto BES gli indicatori misurano aspetti diversi del benessere equo e sostenibile e sono raggruppati in dodici domìni: dalla salute all’istruzione, dal benessere economico all’ambiente e all’innovazione. Da più di dodici mesi il nostro Paese sta affrontato una difficile emergenza sanitaria e una profonda crisi socioeconomica. Dall’analisi dei capitoli si può ricavare una mappa preliminare degli esiti della pandemia sulla società italiana.
Focalizzando l’attenzione sul capitolo dedicato alla salute si osservano i primi effetti sulla salute della popolazione italiana. La speranza di vita per entrambi i sessi è diminuita passando da 83,3 a 82,3 anni a conferma del quadro descritto dai dati ISTAT sulla mortalità nel 2020, in cui si rilevava una mortalità extra di oltre centomila unità rispetto alla media 2015-2019; la diminuzione e più consistente si è registrata al Nord dove la perdita è stata di 1,5 anni – da 83,6 a 82,1 anni.
Nel 2020 è peggiorata la salute mentale delle persone di 75 e più anni ma anche quella delle persone sole della classe di età 55-64 e delle giovani donne 20-24 specie in Piemonte, Lombardia e Campania. Nel 2020 il 48% della popolazione di 75 anni e più è affetta da tre o più patologie con valori più alti nel Mezzogiorno (56,9%) e tra le donne (55%). L’ampiezza dei numeri detta l’agenda della sanità post pandemia: maggiore prevenzione un migliore accesso alle cure e più qualità nei servizi sanitari.
ISTAT – Rapporto Bes 2020: il benessere equo e sostenibile in Italia