L’INAIL ha pubblicato il quarto rapporto sulle infezioni denunciate all’Ente con dati aggiornati al 31 maggio 2020. I casi denunciati sono 47,022 il 20.2% dei casi totali (232,997) di cui 208 deceduto lo 0.62% del totale (33,415). L’81.6% dei casi e il 39.3% dei decessi riguardano il settore della sanità e dell’assistenza sociale (amministratori regionali, provinciali e comunali inclusi). Il 55.8% dei casi e il 58.7% dei decessi si sono verificati nel Nord-Ovest. Il virus nel 71.7% dei casi ha colpito le donne e mentre i deceduti sono in maggioranza uomini con l’82.7% del totale.

L’iniziativa della Commissione europea denominata Next Generation Fund che ha previsto 433.2 miliardi in sovvenzioni e la rimodulazione del budget annuale del 2020 con 4.8 miliardi di euro aggiuntivi è stata accolta favorevolmente dai mercati e i rendimenti dei titoli di stato di Grecia, Spagna e Italia sono diminuiti. Un post di Zoltan Davras del Think Tank Bruegel tuttavia stima che, a causa delle lentezze della macchina del budget, nel periodo 2020-2022 solo il 24.9% dei sussidi sarà speso, proprio quando lo sforzo richiesto è più intenso.

Il decimo aggiornamento del report di rapida valutazione del rischio Coronavirus dell’European Centre for Disease Prevention and Control suggerisce cautela riguardo l’evoluzione dell’infezione nell’Unione europea e in Gran Bretagna. Le misure di lockdown imposte alla popolazione sono state efficaci nel rallentare la diffusione del virus in tutti i Paesi tranne che in Polonia e in Svezia. Nel probabile scenario di un aumento dei casi nelle prossime settimane, l’ECDC formula alcune proposte per evitare la ripresa dell’infezione.

La pandemia ha evidenziato i limiti e le fragilità dei sistemi sanitari di quei Paesi/Regioni la cui organizzazione è incentrata essenzialmente sull’assistenza ospedaliera. L’assistenza sanitaria di base, se implementata in tutte le sue potenzialità, può garantire sostenibilità dei sistemi sanitari e migliorarne l’efficienza. Il Rapporto dell’OCSE analizza l’assistenza sanitaria primaria dei Paesi membri prima della pandemia e identifica le principali sfide che i paesi dell’OCSE devono affrontare per realizzarne il pieno potenziale.

Per le conseguenze del lockdown milioni di lavoratori in tutto il mondo hanno preso il lavoro o rischiano il posto. Le imprese dei servizi e la pubblica amministrazione hanno fatto ricorso al lavoro da remoto, ma per altri settori non è stato possibile. Un paper del Fondo Monetario Internazionale ha calcolato un “indice di fattibilità del lavoro da casa” allo scopo di individuare la percentuale di lavoratori a rischio licenziamento. Secondo le stime degli autori, nei 35 Paesi analizzati rischia il posto il 30% della forza lavoro (circa 93 milioni di persone). Gioca un ruolo fondamentale un mix di competenze e di innovazione tecnologica.

IL CORONAVIRUS AL LAVORO

Le schede INAIL sulle denunce di infortunio da Covid-19 forniscono un quadro essenziale sulla diffusione del virus nel mondo del lavoro, soprattutto per quelle attività che, sanità ed assistenza a parte, hanno continuato ad operare durante il lockdown.

L’Istituto avverte che i dati sono provvisori, soggetti ad ulteriori aggiornamenti, e che si riferiscono esclusivamente ai lavoratori assicurati mentre il numero dei decessi può aver risentito dalla complessità delle procedure di riconoscimento.

A partire da quest’aggiornamento il rapporto è corredato da 21 schede sulle Regioni e le Provincie autonome che saranno rilasciate a cadenza mensile. Le denunce di infortunio a causa del Covid-19 sono il 23% di quelle totali ricevute dall’inizio dell’anno, il 98.4% delle quali sono concentrate nei mesi di marzo, aprile e maggio.

Le categorie più colpite, oltre quelle legate all’assistenza sanitaria sono i lavoratori delle gestioni assicurative del “Noleggio e servizi di supporto“, comprendente i servizi di vigilanza, di pulizia e call center, con il 4,2% delle denunce e il “Manifatturiero” con il 2.6%. L’incidenza delle gestioni assicurative dell’Agricoltura, della Navigazione e di quelle per Conto dello Stato è pari all’1% circa. Il 91.8% dei decessi è avvenuto nell’industria e servizi.

INAIL – Quarto report nazionale sulle infezioni di origine professionale denunciate all’Inail

https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/sala-stampa/comunicati-stampa/com-stampa-denunce-contagi-covid-31-maggio-2020.html

UN PREOCCUPANTE RITARDO

Il Next Generation Eu e la sua inclusione nel bilancio pluriennale rischiano di avere effetti molto limitati sulle economie dei Paesi bisognosi a causa delle lentezze procedurali del Bilancio UE. I programmi operativi vanno progettati, approvati ed attuati e questo richiede del tempo.

Sebbene il 78% degli impegni siano stati programmati nel triennio 2020-2021, secondo le attese della Commissione in questo trienno sarà speso solo il 24.9%. Un altro forte assunto è che il tasso di assorbimento sia del 100% per tutti, quando invece questo varia da Paese a Paese. Per esempio nel bilancio 2007-2013 l’assorbimento è stato del 48% in Ungheria, del 73% dell’Italia e del 95% del Portogallo ed Estonia.

Anche la componente di 73 miliardi di euro delle garanzie può essere afflitta dagli stessi problemi: gli impegni di spesa per il triennio 2020-2022 sono del 63% mentre i pagamenti previsti solo il 31%.

Dei 250 miliardi di prestiti a fronte di un impegno del 100%, sono previste erogazioni nel biennio 2021-2022 per il 43% nell’ipotesi che il 100% siano prestiti e con un tasso di assorbimento di novo del 100%.

La proposta per superare i ritardi e le lentezze procedurali e disporre immediatamente di finanziamenti per la ripresa è quella di ricorrere al mercato. Ciascun Paese potrà finanziarsi sul mercato e successivamente per sostenere la riprese e quando i fondi europei saranno disponibili potranno utilizzarli per indebitarsi di meno. Il meccanismo di finanziamento alternativo ipotizza mercati efficienti che pratichino un costo del finanziamento in linea con le condizioni previste dall’Europa, ipotesi non del tutto scontata.

Bruegel – Three-quarters of Next Generation EU payments will have to wait until 2023

https://www.bruegel.org/2020/06/three-quarters-of-next-generation-eu-payments-will-have-to-wait-until-2023/

NON DOBBIAMO ABBASSARE LA GUARDIA

L’adozione delle misure di contenimento, nei Paesi dell’Unione europea, è stata efficace nella maggior parte dei casi. Il picco è stato superato in tutti i Paesi europei, tranne Polonia e Svezia e l’incidenza a 14 giorni della trasmissione è diminuita dell’80% dal suo massimo del 9 aprile 2020. Le misure stanno tuttavia provocando seri problemi sociali ed economici.

Negli ultimi mesi, alla vigila della stagione estiva, i governi stanno allentando le misure di contenimento quasi dovunque. L’epidemia, tuttavia non è stata debellata, in alcuni Paesi sono ancora presenti focolai locali e la ricerca di nuovi vaccini o terapie risolutive è ancora indietro. In caso di un incremento dei casi, come previsto nelle prossime settimane, vi è il rischio concreto che la popolazione non segua più le indicazioni per l’affaticamento da isolamento.

Per questi motivi l’European Centre for Disease Prevention and Control raccomanda di non abbassare la guardia e suggerisce alcune misure per mantenere bassa la trasmissione ed evitare la ripresa dell’epidemia. Sulla scorta della strategia Test, Trace and Track raccomandata dall’OMS L’ECDC suggerisce di monitorare da vicino la situazione epidemiologica, testare la popolazione per individuare precocemente e attivamente i casi e tracciare i contatti anche con il supporto di strumenti e applicazioni elettroniche.

A livello mondiale le strategie adottate sono eterogenee. Nel nostro Paese le azioni della Fase due appaiono scollegate tra loro. Il Ministero della salute e l’ISTAT hanno avviato un’analisi sierologica a campione, qualche regione ha avviato indagini sierologiche su categorie di lavori a rischio, è stata da poco rilasciata un’applicazione denominata IMMUNI per individuare i contatti interrompere la catena di contagio, mentre le somministrazioni di tamponi avvengono quasi esclusivamente a livello ospedaliero.

ECDC – Rapid Risk Assessment: Coronavirus disease 2019 (COVID-19) in the EU/EEA and the UK – tenth update

https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/rapid-risk-assessment-coronavirus-disease-2019-covid-19-pandemic-tenth-update

POTENZIARE L’ASSISTENZA SANITARIA PRIMARIA

La pandemia in corso ha messo in evidenza, soprattutto in alcuni Paesi, gravi carenze nell’organizzazione dei rispettivi sistemi sanitari. Analizzando l’esperienza di 35 Paesi industrializzati ed emergenti, l’OCSE ha individuato le pratiche più promettenti in questo campo.

Le cure primarie vanno ridisegnate verso un’assistenza non più basata sul singolo medico, ma su team multidisciplinari, dotati di tecnologie digitali e integrati con operatori specializzati. In molti Paesi OCSE l’assistenza primaria è sottodimensionata: il dato più evidente è la riduzione, dal 2000 al 2017, del numero dei medici di famiglia con punte superiori al 30% in Irlanda, più del 20% in Gran Bretagna (-10% in Italia).

Il ricorso all’ospedalizzazione è una costosa scorciatoia soprattutto per i malati cronici. In un’indagine svolta in 11 Paesi OCSE nel 2016 è emerso che tra il 29% e il 51% delle persone intervistate ha avuto problemi di coordinamento delle cure nel servizio sanitario.

L’invecchiamento della popolazione nei Paesi OCSE dove nel 2050 si prevede che la quota degli ultrasessantacinquenni raggiunga il 28%, richiede un cambio nel modello di assistenza maggiormente centrata sull’assistenza alla persona e meno basata sull’ospedalizzazione.

I benefici del potenziamento dell’assistenza primaria sono molteplici: maggiore appropriatezza delle cure senza passare necessariamente dall’ospedale o dal pronto soccorso, ritardo nell’insorgenza di malattie croniche e riduzione dei tassi di mortalità, minori disuguaglianze nell’accesso alle cure, maggiore efficacia nelle cure e, soprattutto, reattività in caso di pandemia.

OECD – Realising the Potential of Primary Health Care

https://www.oecd.org/health/realising-the-potential-of-primary-health-care-a92adee4-en.htm

QUALI LAVORI SONO A RISCHIO LOCKDOWN

La crisi sanitaria e le misure di contenimento stanno provocando una delle più severe crisi occupazionali dopo la Seconda guerra mondiale. Secondo l’ILO le restrizioni stanno interessando, a livello globale, più di 3.3 miliardi di lavoratori.

Il ricorso al lavoro da remoto ha interessato alcuni settori che, grazie a questa modalità, hanno continuato l’attività con rischi minori per l’occupazione. Mariya Brussevich, Era Dabla-Norris e Salma Khalid in un working paper del Fondo Monetario Internazionale stimano il numero dei lavoratori a rischio in base alla praticabilità di svolgere il lavoro da remoto. Lo studio si basa sulla costruzione di un indice di telelavoro in base al quale sono classificate le tipologie di lavoro. Nei 35 Paesi oggetto dello studio sono a rischio circa 93 milioni di posti di lavoro.

Lo studio non si limita alla classificazione delle occupazioni o alla fattibilità del telelavoro ma approfondisce le caratteristiche socioeconomiche dei lavoratori in modo da tenere conto dell’eterogeneità dei loro compiti all’interno di una determinata occupazione.

In questo modo è possibile comprendere come le misure di distanziamento sociale possono influenzare i singoli lavoratori. Gli occupati che hanno meno probabilità di lavorare in remoto sono principalmente giovani, senza una formazione universitaria, che lavorano con contratti non standard e impiegati in piccole imprese.

Anche la tecnologia gioca un ruolo importante: i lavoratori dei Paesi emergenti hanno incontrato durante il lockdown maggiori difficolta a causa dell’accesso limitato alla tecnologia.

IMF – Who will Bear the Brunt of Lockdown Policies? Evidence from Tele-workability Measures Across Countries

https://www.imf.org/en/Publications/WP/Issues/2020/06/12/Who-will-Bear-the-Brunt-of-Lockdown-Policies-Evidence-from-Tele-workability-Measures-Across-49479?cid=em-COM-789-41719