Corriere della Sera Economia – 18 maggio 2020
La pandemia ha prodotto una lacerazione profonda nei rapporti tra società ed economia, tra diritti ed equilibri di bilancio. Il Paese era già indebolito da una lunga stagnazione. A fine anno, il debito pubblico sarà oltre il 160 per cento del Pil e l’accesso ai mercati potrebbe divenire improvvisamente più faticoso. A essere in gioco sono le fondamenta stesse dell’assetto istituzionale e degli equilibri costituzionali del Paese. La cintura protettiva della Banca centrale europea offre un riferimento essenziale per la tenuta dei conti. E la nuova linea di credito per la pandemia aperta dal Mes segna una svolta nei rapporti con gli Stati membri. Ma da sola l’Europa non basta e la condizionalità che conta è quella che sapremo assicurare qualificando le nostre stesse decisioni di spesa. In sanità, per fortuna, il quadro complessivo non appare negativo. Negli anni, la dialettica tra la Ragioneria generale dello Stato e le Regioni ha guidato un progressivo allineamento tra fabbisogni e stanziamenti. Per questo motivo, al di là delle decisioni che saranno prese sul lato del finanziamento, i 36 miliardi di finanziamento del Mes (Fondo Salva Stati), le priorità sul lato dell’offerta sanitaria non sono cambiate. La pandemia le ha rese salienti e urgenti.
Prima priorità. Ancora troppi ospedali italiani sono vecchi, inadeguati e con rigidità e costi di gestione molto elevati. I ritardi nei contratti di appalto, le lungaggini burocratiche dei dialoghi competitivi, l’incapacità del management e della politica di costruire il cofinanziamento tra stanziamenti a fondo perduto e linee di credito della Banca europea degli investimenti, hanno ritardato la modernizzazione di alcune tra le più importanti strutture pubbliche. Covid ha evidenziato l’importanza di ospedali con un layout moderno, dotati di terapie intensive adeguate e di dotazioni tecnologiche di cui si sappiano programmare ciclo di vita, manutenzioni, sostituzione.
Nuove partnership
Al Paese non servono nuovi ospedali: la chiusura delle strutture più piccole, che mai potranno raggiungere standard di funzionamento adeguati, deve proseguire, e con essa il decongestionamento dell’ospedale e il rafforzamento dei servizi territoriali, delle terapie domiciliari, della telemedicina. È urgente, invece, sostituire i grandi ospedali dei secoli scorsi con strutture modulari e ad alta efficienza energetica. Non è questo un compito per un commissario centrale a tempo. Serve, invece, che il ministero dell’Economia indirizzi la combinazione tra linee di finanziamento, disciplinando l’uso delle garanzie e degli strumenti finanziari. Schemi di partnership pubblico privato come quelli che, per citare un esempio recente, hanno portato alla costruzione del nuovo ospedale di Treviso, sono divenuti un riferimento in Europa. Replichiamo quel modello dove serve, in tempi serrati, semplificando ciò che si deve nelle procedure e assicurando i controlli con l’ausilio di anchor investor come Bei e di altri investitori istituzionali. Seconda priorità. La piena di Covid-19 è stata assorbita meglio là dove essa ha trovato bacini di espansione presidiati dall’assistenza territoriale e domiciliare. L’integrazione tra sanità e assistenza, il bilanciamento tra prevenzione, territorio e ospedale, il rafforzamento delle cure primarie dei medici di medicina generale, degli uffici d’igiene, della medicina del lavoro, sono presupposti per la gestione della cronicità e delle multimorbilità, oltre che per il coordinamento tra erogazione di servizi, trasferimenti monetari per le disabilità, politiche sociali. Là dove è stata perseguita come obiettivo, questa integrazione ha dato impulso all’interoperabilità dei sistemi informativi, fino a farne la spina dorsale per il tracciamento degli eventi Covid, il presidio sanitario delle residenze assistite, le cure domiciliari. La trasformazione della tessera sanitaria in fascicolo sanitario integrato è un passaggio utile. Più che nuovi stanziamenti, saranno gli obiettivi e la programmazione a indirizzare, a livello centrale e nelle Regioni, le funzioni e le prestazioni dei nuovi sistemi informativi per la prevenzione, la sanità, l’assistenza, le politiche sociali.
Il rischio spesa
Terza priorità. Serve tenere ben saldi i riferimenti all’autonomia e alla spesa standard delle Regioni introdotti dalla legge 42/2009. Il definitivo superamento della spesa storica e l’eliminazione di tetti e vincoli di destinazione sono condizioni indispensabili per l’effettiva integrazione tra prevenzione, assistenza, sanità territoriale, sanità ospedaliera, innovazione farmaceutica. Certo, l’attore pubblico dovrà saper svolgere analisi e valutazioni d’impatto complessive, leggendo gli effetti delle proprie scelte allocative lungo tutta la filiera di trattamento. Per procedere in questa direzione, è urgente rafforzate le competenze ingegneristiche e di analisi dei dati presenti nel Ministero della Salute, in AIFA, nelle Regioni. Soprattutto, servirà scongiurare il rischio più grave: quello di prendere decisioni disordinate, guidate dalle emozioni o dal calcolo politico. L’esito sarebbe un aumento non temporaneo e non giustificato della spesa corrente. Ed è un rischio, questo, che il Paese non può davvero permettersi di correre.