Secondo il bollettino della Banca d’Italia nel primo trimestre del 2020 la produzione industriale è in calo in media del 6% con un picco nel mese di marzo del 15%. In base a i dati dell’industria e all’andamento di alcuni comparti dei servizi, la perdita stimata del PIL per il 2020 è del 5% annuo, in diminuzione anche nel secondo trimestre e in relazione al prolungamento delle misure di contenimento. Stima confermata oggi dall’ISTAT.

Alla vigilia della fase due di contrasto non farmacologico all’epidemia il governo è ancora incerto sulle strategie da adottare. L’eterogenea situazione sanitaria tra le Regioni italiane, in Sicilia, ad esempio, il numero dei contagi è di 12 volte inferiore a quello della Lombardia suggerirebbe un approccio differenziato. Contrariamente a queste evidenze, nell’ultimo decreto-legge si prevede una seconda fase uguale per tutte le Regioni italiane. Un paper CEPR simula uno scenario di ripartenza per Veneto e Lombardia che tiene conto della diversa situazione sanitaria tra le due Regioni.

Il dato comunicato quotidianamente dalla protezione civile appare sottostimato per diverse ragioni. Alcune evidenze emerse dai dati delle anagrafi comunali della popolazione hanno suggerito la necessità di analisi più approfondite per stimare il numero effettivo dei decessi da Coronavirus. Sulla base dei dati comunali sui decessi totali in Italia messi a disposizione da qualche settimana dell’ISTAT, uno studio stima il numero diretto ed indiretto dei decessi per alcune Regioni italiane partendo dallo sbilanciamento genere.

L’epidemia di Coronavirus sta colpendo più duramente determinate fasce della popolazione e in particolare il genere maschile. Il presidente dell’ISTAT Giancarlo Blangiardo analizza la mortalità su un campione di comuni italiani. Nel report sono stimati gli effetti sulla demografia del Paese secondo quattro scenari. Due sono basati su ipotesi coerenti all’epidemia in corso e due basati su episodi precedenti in cui si sono verificati picchi di mortalità: il primo in corrispondenza della pandemia cosiddetta “spagnola” e il secondo nel 1957 in corrispondenza di un primo trimestre dell’anno particolarmente rigido.

Il blocco delle attività economiche metterà a dura prova i conti pubblici e una delle misure ipotizzate per il riequilibro, anche se per il momento accantonata, è il ricorso a una patrimoniale. Dagli ultimi dati ISTAT 2019, in Italia la ricchezza al netto delle passività finanziarie è 8,4 volte il reddito disponibile. Un recente lavoro della Banca d’Italia fa il punto sulla ricchezza del Paese e sulla sua evoluzione nel tempo integrando dati di fonte propria con quelli dell’ISTAT.

PIL A PICCO NEL PRIMO TRIMESTRE

Nel corso della settimana sono state pubblicate le prime stime ufficiali sul PIL nei vari Paesi: in USA -4.8% annualizzato; -5.8% in Francia dove i consumi privati sono diminuiti del 18% rispetto al trimestre precedente (QoQ) contro contro un consensus di -4%; in Spagna -5.2% (QoQ) vs un aspettativa di -4.3%; -3.8% per l’Area euro e -3.7% nell’Unione europea mentre per la Germania bisognerà attendere il 15 maggio 2020.

Per l’Italia il PIL è diminuito del 4.7%, rispetto al trimestre precedente, e di 4.8% rispetto al primo trimestre dell’anno precedente. Il tasso annualizzato per il 2020 è -4.9%. Si tratta di stime preliminari senza ulteriori disaggregazioni, prodotte con una minore disponibilità di dati dovuta all’emergenza in corso. Le stime saranno oggetto di revisione, anche approfondite, e pubblicate il 3 di giugno 2020.

Contemporaneamente l’Istat ha rilasciato i dati sull’occupazione del mese di marzo 2020 : a fronte di un lieve calo dell’occupazione -0,1% (-27mula unità), il dato più preoccupante è l’incremento consistente del 2.3%, pari a 301mila unità rispetto a febbraio 2020, del numero degli inattivi (persone che non fanno parte delle forze di lavoro).

Disaggregando per genere, il tasso di inattività delle donne è del 44.7% (+0.6% rispetto al mese precedente e + 1.5% rispetto a marzo 2019) e il tasso di inattività delle donne è del 26.5% (+1% rispetto al mese precedente e + 1.8% rispetto a marzo 2019). Per questo motivo il tasso di disoccupazione, a fronte di una lieve riduzione dell’occupazione (-0,1%), è diminuito all’8,4% (-0.9 p.p. rispetto al mese precedente).

ISTAT – Stima preliminare del PIL I trimestre 2020

https://www.istat.it/it/archivio/

UNA RIPARTENZA RAGIONATA

Secondo il modello econometrico della Banca d’Italia ogni settimana di blocco dell’attività economica, secondo un calcolo automatico che non considera gli effetti indiretti, provoca una riduzione del PIL annuale di circa lo 0,5 per cento (link).

Una pronta ripresa dell’attività economica potrà ridurre l’impatto delle misure di contrasto al Covid sull’economia (diminuzione del PIL) ma non è ancora chiaro quali modalità siano le più efficaci nel bilanciare la tenuta del sistema economico e il salvataggio di vite umane.

La situazione sanitaria tra le Regioni italiane non è tuttavia uniforme. Nel Nord-Ovest, in particolare in Lombardia, l’epidemia non è ancora sotto controllo mentre nel Nord-est, in particolare in Veneto, si sta avendo maggior successo nelle azioni di contrasto.

Nel paper si stimano, al fine di valutare un mix di policy adeguato e differenziato per Regione, gli effetti di 5 scenari sul PIL regionale e sul tasso di riproduzione Rt, due estremi: lockdown prolungato oppure tutti al lavoro e tre intermedi: ripartono solo i settori a basso rischio e alcuni ad alto rischio di contagio, al lavoro solo le età più giovani 20-49 in tutti i settori oppure al lavoro le età 20-49 nei settori a basso rischio e 20-29 nei settori ad alto rischio.

Nel caso di ritorno al lavoro per tutti non ci sarebbe nessuna riduzione del PIL ma un incremento insostenibile dei casi (41,446 in Lombardia e 38,497 in Veneto) nel caso di prolungato lockdown si avrebbe una caduta insostenibile del PIL del 26% per l’anno in corso.

Nel caso di ripartenza parziale (tutti i settori a basso rischio e alcuni ad alto) si avrebbe una caduta del PIL vicina al 10% con un numero di casi più contenuto. Da una combinazione di classi di età e settori è possibile trovare il mix che consente una caduta del PIL sostenibile al 5% e un numero di casi leggermente maggiore, uno scenario verosimile per una ripartenza ragionata.

CEPR – Restarting the Economy While Saving Lives Under COVID-19

https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3580626

QUAL È IL REALE NUMERO DEI DECESSI?

La pubblicazione dei dati ISTAT sui decessi totali fino al 4 aprile 2020 in un campione seppur ridotto di comuni italiani (1,689 su 7,904) ha consentito a un gruppo di ricercatori di fare il punto sul numero degli effettivi decessi in alcune Regioni italiane per cause dirette e indirette dell’epidemia di Coronavirus.

Il lavoro conferma i dubbi degli esperti sull’affidabilità dei dati ufficiali comunicati quotidianamente dalla Protezione civile soprattutto sotto quest’aspetto. I dati dell’ISTAT contengono tutti i decessi per cui sono compresi sia i decessi di base, ossia quelli che sarebbero avvenuti normalmente sia i decessi diretti e quelli indiretti o collaterali ossia dovuti al sovraccarico subìto dal Servizio sanitario nazionale in alcuni territori.

L’analisi viene limitata per motivi di significatività statistica solo a Emilia-Romagna e Lombardia, due tra le Regioni più colpite. In Emilia-Romagna i decessi Covid sono il 65% dei decessi in eccesso rispetto alla media del periodo mentre in Lombardia il 57%. Per stabilire quanti dei decessi in eccesso non-Covid siano dovuti al Covid direttamente e indirettamente, si parte dallo sbilanciamento tra i decessi maschili e quelli femminili.

Dai dati ufficiali su tutto il territorio nazionale le donne rappresentano solo il 35.8% del totale; in Lombardia questa percentuale scende al 30%; nel campione ISTAT la percentuale è del 47%. Per la Lombardia i decessi collaterali sono stimati in un numero pari al 50% circa dei decessi da Covid (ufficiali e stimati), mentre in Emilia-Romagna varia dal 20% al 30%.

Aggiornare il numero dei decessi comprendendo anche quelli al di fuori degli ospedali potrebbe essere la strada giusta per una franca comunicazione del fenomeno, come ha fatto, molto di recente, l’Inghilterra.

Scienza in rete – Verso una stima di morti dirette e indirette per Covid

https://www.scienzainrete.it/articolo/verso-stima-di-morti-dirette-e-indirette-covid/enrico-bucci-luca-leuzzi-enzo-marinari

COVID E DEMOGRAFIA

L’epidemia di Coronavirus avrà degli affetti non ancora definiti sulla struttura demografica della popolazione italiana nel 2020 con una conseguente diminuzione sia dell’aspettativa di vita alla nascita sia di quella a 65 anni.

L’analisi ISTAT si basa sui dati della mortalità di 5.069 comuni inseriti nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), circa 2/3 del totale. L’incremento della mortalità osservata dal 1° marzo al 4 aprile 2020 è di +44% per le classi di età superiori a 65 anni (65+) e dell’11% per le restanti classi. In particolare, per gli uomini 65+ la mortalità è aumentata del 56% e per le donne il 34%.

Nella storia dell’Italia postunitaria, vi sono stati alcuni anni in cui la mortalità della popolazione 65+ è stata differente in modo sensibile rispetto all’anno precedente (e a quello successivo): 1918 +63%, nel 1956 +29% e nel 2015.

La stima è su 4 scenari: nel primo in cui l’incremento della mortalità è stimato in +29% per tre mesi l’incremento complessivo dei decessi sarà di 42mila unità con una conseguente diminuzione dell’aspettativa alla nascita di 6.25 mesi e dell’aspettativa a 65 anni di 6.20 mesi.

Nel secondo scenario in cui la stima dell’incremento della mortalità è del 63% per 3 mesi, l’incremento complessivo dei decessi sarà di 93mila unità on una diminuzione dell’aspettativa alla nascita di un anno e un mese e dell’aspettativa a 65 anni di un anno e 0.88 mesi.

Nello scenario più simile a quello attuale +44% nel primo mese +22% nel secondo e +11% nel terzo, l’incremento complessivo dei decessi sarà di 38mila unità on una diminuzione dell’aspettativa alla nascita di 5.56 mesi e dell’aspettativa a 65 anni 5.51 mesi.

Nell’ultimo scenario si ipotizzano ondate per sette mesi + 44% da marzo ad aprile, +22% da maggio a giugno e +11% da luglio a settembre con +81mila decessi e una riduzione dell’aspettativa di vita alla nascita di 11.46 mesi.

ISTAT – Scenari sugli effetti demografici di Covid-19

https://www.istat.it/it/archivio/241844

LA RICCHEZZA NON FINANZIARIA DEGLI ITALIANI

La stima della ricchezza degli italiani ha una lunga storia che risale a qualche decennio dopo l’unità d’Italia ma solo da relativamente poco tempo ci si avvale dell’utilizzo di conti patrimoniali.

Nel lavoro in questione si misura la ricchezza delle famiglie e delle società non finanziarie italiane con un confronto internazionale, partendo da una pluralità di fonti nazionali e internazionali e tenendo conto delle non perfetta comparabilità di dati tra diversi Paesi.

Nel 2017 per le famiglie italiane il 49% della ricchezza è rappresentato dalle abitazioni, il 29% da attività finanziarie (azioni e altre), il 13% da biglietti e depositi e il restante da fabbricati non residenziali e altre attività non finanziarie.

Per le società non finanziarie, il 31% da titoli, il 30% da prestiti, il 20% da biglietti e depositi, il 6% da azioni. Le famiglie detengono la maggior parte della ricchezza mentre che è cresciuta a un tasso dell’1.3% annuo dal 2005 al 2015.

Dal confronto internazionale si evidenzia che l’Italia ha una maggiore incidenza delle attività non finanziarie rispetto ad altri Paesi. In media dal 2005 al 2017 si hanno valori superiori al 40% mentre in Francia con valori compresi tra il 33 e il 38%. Il Paese con la percentuale più bassa è l’Inghilterra con valori tra il 21 e il 26%.

Banca d’Italia – Un’introduzione ai conti patrimoniali dell’Italia: caratteristiche metodologiche e principali evidenze

https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2020-0559/index.html