La natalità nel nostro Paese è in diminuzione da anni, in gioco vi sono cause sia strutturali, legate sia agli andamenti demografici degli ultimi 40 anni, sia associabili alla bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
La necessità del riordino della materia delle spese fiscali si scontra con le difficoltà di una loro razionalizzazione. Il ruolo disincentivante della politica.
In alcuni Paesi EU 28 il peso della protezione sociale sul PIL è in diminuzione. Il quadro, piuttosto variegato, risente delle riforme messe in atto negli ultimi anni a partire dalla grande crisi finanziaria.
L’impatto dei moltiplicatori degli investimenti pubblici sulla crescita è un argomento di dibattito sia politico sia accademico. In un recente paper del National Bureau of Economic Research, si discute sull’efficacia degli investimenti pubblici partendo da differenti livelli di stock di capitale pubblico iniziale.
Quali sono le recenti riforme dei sistemi pensionistici nei Paesi OCSE? Sono adeguati a garantire la sostenibilità futura? Il punto della situazione nel biennale rapporto OCSE Pensions at at glance.
CAUSE STRUTTURALI E NON DEL CALO DELLE NASCITE
Nel 2018 sono stati iscritti all’anagrafe 439.747 bambini, circa 18mila unità in meno rispetto all’anno precedente (-4%). Rispetto al 2008 sono nati 136.912 bambini in meno.
Dal 2008 in Italia si assiste a una diminuzione costante delle nascite con una media del 4% annuo. Il tasso di fecondità totale è di 1.29 figli per donna (era 1.45 nel 2008). Differente se si considerano separatamente le donne italiane da quelle straniere: per le prime il tasso di fecondità è di 1.21 (era di 1.34 nel 2008) mentre per le seconde è di 1.94 (era 2.65 nel 2008).
La diminuzione della natalità ha, in parte, cause strutturali, perché la generazione delle “baby boomers” (donne nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) sta uscendo dalla fase riproduttiva, dall’altro le generazioni in età riproduttiva sono, e saranno, meno numerose.
Il fenomeno risente, in parte, anche della bassa partecipazione delle donne nel mercato del lavoro: il tasso di occupazione femminile nel 2018 è stato del 49.5% contro il 62% della Francia e 72% della Germania. È dimostrato difatti che esiste una correlazione positiva tra natalità e tasso di occupazione.
Mancano provvedimenti efficaci per favorire la riconciliazione lavoro/natalità in quanto le ultime misure, come ad esempio il cd bonus bebè, più che altro una misura di contrasto alla povertà infantile, si sono rivelate inadatte ad incrementare il tasso di fertilità.
ISTAT – Natalità e fecondità della popolazione residente 2018
IL DEDALO DELLE SPESE FISCALI
Le spese fiscali, misure che riducono il gettito per gruppi di contribuenti e per alcune attività economiche, rappresentano una importante voce del bilancio dello Stato.
Un criterio di valutazione adottato dalla Commissione per le spese fiscali è quella di individuare, per ciascuna misura, il mancato gettito e il numero di beneficiari allo scopo di fornire indicazioni tecniche per il riordino della materia.
Nel 2016 si sono contate 610 misure con un impatto finanziario di -76.5 miliardi di euro. sebbene sulla maggior parte di queste non si abbiano dati completi.
I risultati del rapporto 2019, pubblicato contestualmente alla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2020, ci dicono che, in aggregato, quasi il 30% delle agevolazioni ha un gettito inferiore ai 10 milioni di euro e un numero di soggetti interessati molto basso, circa 667mila, con un costo complessivo stimato per l’anno 2020 di 367 milioni di euro. Mentre solo 13 misure interessano 80 milioni di soggetto con un costo di circa 42 miliardi di euro.
La riforma e il riordino della materia è di difficile attuazione per evidenti asimmetrie di natura politica, se da un lato l’introduzione di una misura aumenta il consenso elettorale, dall’altro l’eliminazione può sicuramente ridurlo. Il risultato è il mantenimento dello status quo da parte dei vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni e nel frattempo la materia è diventata sempre più intricata.
MEF – Rapporto Annuale sulle spese fiscali 2019
http://www.mef.gov.it/ministero/commissioni/red_spe_fis/index.html
DOVE ARRETRA LA PROTEZIONE SOCIALE IN EUROPA
La spesa per la protezione sociale (l’aggregato comprende la spesa per le pensioni di vecchiaia e di reversibilità, per la salute e la disabilità, le politiche per la casa, la famiglia e l’infanzia, la disoccupazione, la casa e l’esclusione sociale al lordo delle spese amministrative sostenute) nei paesi EU28 arretra leggermente nel 2017 attestandosi al 27.9% del PIL contro il 28.7% del 2012.
Dal 2008 in poi l’aggregato si era mantenuto sempre sopra il 28%. Considerando i maggiori Paesi dell’Unione, Francia, Germania, Italia e Spagna, osserviamo eterogeneità nell’andamento dei vari aggregati.
Il Paese dove la spesa è diminuita di più è la Spagna che con una spesa sociale al 23.4% del PIL nel 2017 è di 2.3 punti percentuali (p.p.) in meno rispetto al 2012. La Germania ha visto un leggero aumento di della spesa di 0.8 p.p., in Francia è aumentata di 0.3 p.p. mentre in Italia è invariata.
In Spagna si ha la dinamica più articolata, in quanto la spesa per la disoccupazione diminuisce di 1.7 p.p. così come la pesa per la salute -0.7 p.p. mentre aumenta la spesa per le pensioni di vecchiaia e reversibilità +0.4. p.p.
In Italia la spesa per la famiglia è l’infanzia è aumentata di 0.6 p.p. per l’adozione di alcune misure di sostegno. L’incremento è stato controbilanciato da una diminuzione della spesa per la salute e la disabilità e delle pensioni, entrambi di -0.3 p.p.
Questo risultato si è ottenuto grazie alla spesa sanitaria sotto controllo e agli effetti benefici sul sistema pensionistico della cd legge Fornero.
EUROSTAT – Share of EU GDP spent on social protection slightly down
EUROSTAT – Social protection statistics – social benefits
https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-press-releases/-/3-22112019-AP
QUALI MOLTIPLICATORI PER GLI INVESTIMENTI PUBBLICI
A partire dalla grande crisi finanziaria globale il dibattito sulla ripresa degli investimenti pubblici e privati come misura fondamentale per far ripartire la crescita ha assunto toni vibranti.
La ripresa degli investimenti assume un ruolo cruciale anche per il nostro Paese dove, se il trend degli investimenti privati ha ripreso lentamente a crescere, dopo un’iniziale diminuzione in seguito alla grande crisi, quello degli investimenti pubblici è in costante diminuzione da quasi 10 anni.
Il tema più dibattuto è quello sulla grandezza dei moltiplicatori degli investimenti, ossia l’effetto sul PIL per punto percentuale di investimento. La ricerca in questione ha analizzato l’impatto degli investimenti sotto diversi aspetti.
I moltiplicatori degli investimenti, ad esempio, sono più elevati in un’economia dove il debito pubblico è basso oppure quando c’è una minore apertura al commercio internazionale. La spesa per investimenti, Inoltre, si hanno effetti migliori della spesa per consumi perché incrementano la produttività del sistema economico.
Se si considera lo stock di capitale pubblico iniziale i risultati dovrebbero essere quelli attesi dalla teoria neoclassica, ossia se lo stock di capitale pubblico iniziale è basso, l’impatto di investimenti pubblici addizionali è alto e viceversa.
L’ipotesi è confermata dal confronto di politiche di investimento attuate in Paesi industrializzati e in Paesi in via di sviluppo nel corso di varie decadi.
NBER – Is the Public Investment Multiplier Higher in Developing Countries? An Empirical Investigation
LE SFIDE DELLE SOCIETÀ CHE INVECCHIANO
La popolazione in età lavorativa (20-64 anni) è stimata in diminuzione del 10% nell’OCSE in media entro il 2060, vale a dire dello 0.26% all’anno.
Per affrontare al meglio la pressione sui sistemi pensionistici dovuta all’invecchiamento della popolazione e alla riduzione degli individui in età lavorativa, l’OCSE ritiene necessari alcuni interventi quali: aumentare i contributi oppure ridurre l’importo futuro degli assegni oppure ancora incrementare l’età pensionabile. Tutte le misure considerate, in particolare l’ultima, hanno delle controindicazioni rilevanti nel mercato del lavoro.
Negli ultimi decenni si è verificato un passaggio di paradigma da regimi a benefici definiti a contributi definiti, per affrontare le questioni di sostenibilità finanziaria delle pensioni PAYGO (in cui le prestazioni sono direttamente legate ai contributi o alle tasse pagate dai singoli partecipanti).
Sulla scia della crisi finanziaria, molti Paesi OCSE hanno intrapreso delle misure per migliorare la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici.
Negli ultimi due anni, la maggior parte delle riforme si è focalizzato sull’allentamento dei requisiti di età per ricevere una pensione, sull’aumento prestazioni pensionistiche, comprese pensioni di primo livello, sull’ampliamento della copertura pensionistica o incoraggiamento del risparmio privato.
OECD – Pensions at a Glance 2019
https://www.oecd-ilibrary.org/social-issues-migration-health/pensions-at-a-glance-2019_b6d3dcfc-en