L’ultimo rapporto SVIMEZ evidenzia i ritardi accumulati dalle Regioni meridionali anche rispetto ai Paesi dell’est e al resto dell’Europa. Il rapporto rappresenta una società in grande difficoltà, con bassi tassi di occupazione giovanile e femminile; costretta all’emigrazione, nelle fasce più istruite, alla ricerca di lavoro così come alla mobilità forzata per ricevere migliori cure sanitarie. Le risposta a questi e, numerosi altri, ormai “annosi”, problemi non è tuttavia quella contenuta nel rapporto, dove viene richiesta una ripresa degli investimenti pubblici in nome dell’interesse nazionale.

Si dibatte sulle diseguaglianze di reddito senza indagare quali siano state le cause. Un economista esperto del mercato del lavoro EP Lazear, ha stimato che la produttività è aumentata di più in quei settori dove sono richieste competenze elevate. Il ruolo paradossalmente avverso dell’istruzione.

L’assegnazione del Nobel dell’economia 2019 per gli studi randomizzati controllati sull’efficacia delle misure di contrasto alla povertà, ha portato alla ribalta il vivace, quasi virulento, dibattito tra gli addetti ai lavori su quali sono i più efficaci metodi di stima dei nessi causali in campo economico. Secondo un recente lavoro del Fondo monetario internazionale per alcuni eventi, difficili da replicare con esperimenti, quali le grandi crisi finanziarie la metodologia predittiva migliore viene dall’utilizzo di tecniche di Machine Learning.

Il bollettino economico di Banca d’Italia fa il punto sullo stato dell’economia italiana nel tetro trimestre di quest’anno. In evidenza la diminuzione del differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi a 10 anni dovuti anche alla diminuzione del rischio di ridenominazione.

Uno legame ancora più stretto tra lavoro e automazione potrebbe rendersi necessario nei prossimi anni quando l’invecchiamento della popolazione, e la sua più che proporzionale diminuzione nelle classi di età da 15 a 64, metterà a rischio gli attuali tassi di crescita delle economie avanzate. L’aumento della produttività grazie all’automazione può compensare il rallentamento dell’economia, contribuendo a mantenere inalterati gli attuali tassi di crescita.

CHIUDERE CON LE CONTRAPPOSIZIONI TERRITORIALI

Il Mezzogiorno d’Italia è sempre lontano sia dal Centro Nord per i persistenti divari territoriali, sia dall’Europa dove le economie dei Paesi dell’Europa dell’Est crescono a ritmi elevati.

Anche per il triennio 2016-2018, il Mezzogiorno è cresciuto più lentamente del resto del Paese: nel 2018 l’aumento del PIL è stato dello 0.6%, in diminuzione rispetto all’1% del 2017, ossia 0.3 punti percentuali in meno rispetto al dato del Centro Nord e a quello nazionale.

Non solo la bassa crescita ma anche altre grandezze testimoniano distanze mai colmate dal secondo dopoguerra. Il tasso di occupazione dei giovani 20-34 anni di laureati e diplomati, a tre anni dal titolo, nel 2019 è al 32.6% (contro una media UE28 del 76.8%).

Sempre modesta la partecipazione femminile al mercato del lavoro: nel decennio 2008-2018 è aumentata ad un tasso dello 0.3% annuo, la metà di quello europeo dello 0.6% passando al 30.5% nel 2018 dal 27.5 di 10 anni prima (la media UE28 è del 63.3%).

Pesa l’invecchiamento della popolazione soprattutto nei piccoli comuni dove l’indice di vecchiaia è quasi il doppio di quello medio dell’area (303,2% contro 152,8%).

Gli investimenti fissi lordi nel 2018 tengono: in aumento del 3.1% (Centro Nord +3.5%) rispetto al 2017 ma si concentrano per la maggior parte in settori poco produttivi quali l’edilizia. Preoccupante il calo degli investimenti pubblici in particolare per la riduzione nel tempo degli interventi in infrastrutturazione per ferrovie e autostrade (ad esempio l’AV nel Mezzogiorno è solo l’11% della rete totale).

In questo quadro sconfortante, varie sono le istanze del rapporto: in particolare l’autonomia differenziata va rivista nell’ottica dell’interesse nazionale e non da quello particolaristico degli “egoismi” locali.

SVIMEZ – Rapporto 2019

http://lnx.svimez.info/svimez/rapporto-2019-tutti-i-materiali/

L’INEQUIVOCABILE LEGAME TRA SALARI E PRODUTTIVITÀ

Nel corso degli ultimi tre decenni anni si sta assistendo a un incremento delle diseguaglianze salariali. I lavoratori più qualificati ricevono salari proporzionalmente più elevati dei lavoratori meno qualificati.

Vi sono vari fattori che spiegano le dinamiche del mercato del lavoro ma quello più importante è che gli incrementi salariali sono legati indiscutibilmente a incrementi della produttività del lavoro.

La distribuzione della produttività è cambiata nel tempo: si è spostata a destra (aumento della produttività) e ha cambiato forma. La forma è più distesa perché è aumentata la produttività dei lavoratori più qualificati, mentre quella dei lavoratori meno qualificati è diminuita. Questo spiega in gran parte le disuguaglianze osservate ma quali elementi hanno portato a questo risultato?

I cambiamenti tecnologici hanno, innanzitutto, influenzato la produttività dei lavoratori più istruiti a scapito di quelli meno istruiti. Il commercio internazionale, inoltre, può aver provocato la sostituzione dei lavoratori meno qualificati di un paese sviluppato con la manodopera meno qualificata dei lavoratori dei paesi emergenti.

Anche il sistema d’istruzione, infine, può aver creato una distorsione come sembra stia accadendo negli USA dove il sistema terziario fornisce un’istruzione migliore rispetto a 30 anni prima mentre la secondaria ne dà una al massimo uguale.

NBER – Productivity and Wages: Common Factors and Idiosyncrasies Across Countries and Industries

https://www.nber.org/papers/w26428

CORRELAZIONE NON VUOL DIRE CAUSALITÀ

I test controllati randomizzati sono lo strumento migliore per stimare le conseguenze di un evento o di una politica economica. La maggior parte degli esperimenti in campo economico, per varie questioni, anche etiche, non sono sempre praticabili.

Un aspetto importante difficile da osservare è il cosiddetto controfattuale, ossia quello che sarebbe accaduto se fosse stata adottata una policy diversa. Le tecniche di Machine Learning stanno avendo un’ampia diffusione in campo economico in quanto, grazie al loro utilizzo, è possibile scoprire schemi complicati senza che essi siano stati specificati in anticipo.

Un caso di studio paradigmatico è l’inizio di una grande crisi finanziaria in quanto vi sono numerosi driver coinvolti e non vi è un consenso teorico su come questi fattori interagiscono per scatenarla.

La difficoltà principale è nel poter distinguere senza ambiguità tra e cause scatenanti e vulnerabilità. Proprio per questo è utile disporre di un modello predittivo che analizzi in modo efficiente un’ampia gamma di variabili indipendenti allo scopo di identificare relazioni, soglie e interazioni dal contenuto informativo robusto.

Applicando un algoritmo chiamato Random Forest è stato possibile stimare l’impatto di una ipotetica crisi finanziaria sulla crescita dei Paesi (non tanto la probabilità che si avveri). Gli effetti sui Paesi oggetto di studio sono differenziati, con una perdita di PIL in due anni con un range molto ampio che va dagli USA che perdono un media meno del 5% e la Cina che ne perde più del 10% (Italia intorno al 7%).

IMF – Machine Learning and Causality: The Impact of Financial Crises on Growth

https://www.imf.org/en/Publications/WP/Issues/2019/11/01/Machine-Learning-and-Causality-The-Impact-of-Financial-Crises-on-Growth-48722?cid=em-COM-789-39661

CALA LO SPREAD GRAZIE ALLA RIDUZIONE RISCHIO RIDENOMINAZIONE

In seguito al cambio della coalizione di governo, ai primi di settembre dell’anno, sono venute meno le incertezze sulle politiche di bilancio. Il quasi contemporaneo taglio dei tassi e la ripresa del Quantitative Easing da parte della BCE, ultimo atto del presidente Mario Draghi, ha restituito al mercato monetario condizioni più favorevoli.

Il combinato, ha ridotto sensibilmente il differenziale tra i rendimenti dei titoli di stato del nostro Paese e quelli della Germania. Lo spread è passato da 240 punti base della fine di agosto a 143 punti base (bp) della settimana in corso.

Ha contribuito a questo risultato anche la diminuzione della componente dovuta rischio di ridenominazione, ossia il compenso richiesto dal mercato che un’attività in euro sia convertita in una valuta erede, sottoposta a svalutazione. La notizia, tra giugno e luglio, che la commissione non avrebbe avviato nessuna procedura di infrazione aveva contribuito a una prima diminuzione.

A metà ottobre il rischio di ridenominazione pesava sullo spread 32 punti base (circa il 23% dello spread). Un calo permanente dello spread di 100 bp significa un risparmio nel pagamento di interessi di circa 3 miliardi all’anno, a beneficio delle casse dello stato. Il rischio ridenominazione ha effetti importati perché vale poco meno di un miliardo di euro l’anno.

Banca d’Italia – Bollettino economico n. 4

https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-economico/2019-4/index.html

L’AUTOMAZIONE NON È NEMICA DEL LAVORO

Lo scenario europeo è caratterizzato da due trend contrapposti. Da un lato si assiste all’adozione di nuove tecnologie a tassi di sostituzione dei lavori tradizionali, nel tempo, sempre più elevati. Dall’altro la popolazione per alcuni paesi europei è in diminuzione nel medio e lungo termine e ancora di più nella fascia di età 15-64

L’OECD prevede che il 14% dei lavori sarà automatizzato e il 32% subirà delle radicali trasformazioni grazie all’automazione. Le previsioni della Commissione europea, nello scenario di base, stimano per il 2050 una diminuzione del 10% della classe di età 20-65 a fronte di una crescita della popolazione del 4%.

A fronte di una potenziale diminuzione dell’offerta di lavoro, è necessario incrementare la produttività del lavoro per contrastare la riduzione della crescita del PIL. Per mantenere il tasso di crescita del PIL al livello corrente, la crescita della produttività dovrebbe essere di un punto percentuale superiore a quella attuale.

Questo significa che la crescita della produttività dovrebbe essere doppia di quella corrente e la tecnologia non è ancora sufficiente a garantire questo incremento. Da notare che per l’Italia il tasso di partenza per le simulazioni è la media EU28 la produttività è stagnante a partire dalla seconda metà degli anni 90 del secolo scorso.

ECFIN – The Automatisation Challenge Meets the Demographic Challenge: In Need of Higher Productivity Growth

https://ec.europa.eu/info/publications/fellowship-initiative-2018-2019-automatisation-challenge-meets-demographic-challenge-need-higher-productivity-grow_en