La settimana in corso è incentrata sul dibattito delle misure contenute nella manovra di bilancio. Alla lettera della commissione europea che nutre perplessità sull’andamento divergente del livello del debito pubblico, il governo italiano risponde che nella manovra sarà confermata la traiettoria discendente del debito senza ricorrere a strette pro-cicliche.

Le recenti stime annuali dell’Istat e dell’Eurostat confermano, a fronte di un’importante revisione metodologica, un preoccupante incremento del debito pubblico rispetto al PIL, nell’ultimo anno. Il richiamo della commissione è giustificato perché nonostante i tassi eccezionalmente bassi degli ultimi 5 anni, il debito è tendenzialmente in ulteriore aumento anche nei primi due trimestri del 2019.

La crescita economica potrebbe essere stimolata dalla ripresa degli investimenti pubblici, in Italia da tempo al palo. Un paper della banca d’Italia conclude che vi sono fattori più rilevanti dello stanziamento di fondi: l’efficienza e la capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni insieme a un quadro macroeconomico favorevole.

Nel dibattito economico si punta il dito sui saldi strutturali utilizzati dalla Commissione europea e sulle debolezze della metodologia di calcolo dell’output Gap. La sorprendente risposta di alcuni esperti è che si tratta di critiche non accademiche. La risposta degli interessati è di eliminare i saldi strutturali dalle valutazioni delle politiche di bilancio. Il dibattito continua…

Uno sguardo, infine, su un settore di punta della manifattura italiana, il farmaceutico dove sempre più imprese basano il proprio fatturato sulla produzione in conto terzi.

I DOLORI DEI SALDI STRUTTURALI

L’output GAP misura, in un determinato anno, lo scostamento tra la produzione reale di un paese e il prodotto potenziale.

L’ indicatore è importante perché è utilizzato dalla Commissione europea nella valutazione della sostenibilità dei deficit di bilancio nelle manovre di ciascun Paese. Se l’output gap è negativo (bassa domanda, capacità produttiva inutilizzata) il deficit strutturale è basso per cui il deficit reale può essere elevato. Viceversa, se l’output gap è positivo il deficit strutturale è alto e il deficit reale va diminuito.

Il nodo cruciale risiede nella metodologia di calcolo del PIL potenziale che non è esente da difetti. Recentemente si sono avute numerose critiche metodologiche, si veda ad esempio la “Campaign against ‘nonsense’ output gaps” lanciata su Twitter.

Alcuni tecnici della commissione hanno risposto, a titolo personale, che le questioni sollevate sono concettualmente ed empiricamente inaccurate, senza entrare nei dettagli e spiegarne i motivi.

Nella realtà alcune questioni sono da approfondire, quali ad esempio la forma a U rovesciata delle stime, giudicata non plausibile; l’inflazione che non entra nel calcolo e il risultato misterioso dell’output gap molto simile tra Germania e Italia, vicino allo zero. Nelle more di una revisione l’opinione di alcuni esperti è che tale misura non dovrebbe essere più utilizzata nei documenti di finanza pubblica.

Bruegel – Why structural balances should be scrapped from EU fiscal rules

https://bruegel.org/2019/10/why-structural-balances-should-be-scrapped-from-eu-fiscal-rules/

IL PUZZLE DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI IN ITALIA

Dopo la crisi finanziaria del 2007, il livello degli investimenti pubblici in Italia ha visto una traiettoria discendente a partire dal 2009.

Se nelle altre grandi economie dell’area Euro (Francia, Germania e Spagna), gli investimenti fissi lordi delle pubbliche amministrazioni hanno ripreso a crescere più o meno dopo il 2014 in valore assoluto, in Italia il trend non è cambiato, sebbene, come abbiamo visto in passato su questa pagina, c’è un timido accenno di svolta nei primi mesi del 2019.

L’impatto dell’incremento della spesa per investimenti finanziata in deficit in misura dell’1% di PIL, può avere effetti duraturi di lungo periodo grazie a moltiplicatori superiori a 1. Se la spesa non è efficiente o i costi di finanziamento del debito pubblico sono elevati, l’efficacia dell’investimento diminuisce e si hanno moltiplicatori significativamente minori di 1.

La spesa per investimenti può quindi avere effetti macroeconomici rilevanti sebbene ad alcune condizioni: che la spesa sia efficiente, che ci siano condizioni monetarie favorevoli e, soprattutto, che non ci siano ripercussioni sfavorevoli sul rischio sovrano.

Queste sono condizioni tutt’altro che scontate visti i recenti incrementi dello spread, inoltre nel nostro Paese c’è disponibilità finanziaria per gli investimenti ma i tempi di progettazione ed esecuzione sono molto lunghi. I tempi di realizzazione delle infrastrutture in Italia sono molto più lunghi della media europea.

I principali imputati sono freni normativi e burocratici, scarsa professionalità della committenza pubblica, non adeguata nella gestione complessiva degli appalti.

Banca d’Italia – Capitale e investimenti pubblici in Italia: effetti macroeconomici, misurazione e debolezze regolamentari

https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2019-0520/index.html

IL CONTO TERZI NEL FARMACEUTICO, È VERA GLORIA ?

Punto di forza delle piccole e medie imprese dei distretti industriali negli anni del boom economico italiano, il conto terzi nel settore manifatturiero è una dimensione imprenditoriale di cui si parla diffusamente, specie in negativo per la scarsa propensione all’innovazione. Si tratta di un contratto di produrre beni o apprestare servizi da parte di un’impresa per conto di un’altra che può esternalizzare in tutto o in parte il processo produttivo.

I numeri sono, tuttavia, rilevanti: il 27% delle imprese manifatturiere italiane nel 2016 ha almeno una volta prodotto per conto terzi. Le imprese in cui conto terzi pesa il più del 50% del fatturato sono il 17,3% del settore con 455mila addetti e fatturato conto terzi di 47 miliardi di euro, sebbene in diminuzione rispetto al 2011.

Queste imprese investono 1.8 volte la media manifatturiera, in particolare, per il settore farmaceutico, il 4.3% del fatturato è investito in macchinari (grazie anche al programma Industria 4.0) e 413 euro per dipendente in formazione. Irrilevante la spesa in R&S. La crescita del fatturato nel biennio 2017-2018, + 8.6% è superiore al settore quello del settore manifatturiero +2.3%.

L’Italia è il primo Paese europeo per produzione farmaceutica conto terzi con 2.1 miliardi di fatturato.

Sono dati di un settore che sta affrontando un lungo periodo di prezzi dei farmaci in diminuzione, margini in discesa, che ha trovato una soluzione (temporanea, definitiva?) nel conto terzi, mancando di quell’importante innovazione per competere globalmente e creare valore.

Farmindustria – Il Conto Terzi in Italia

https://www.farmindustria.it/eventi/il-conto-terzi-in-italia/?event=no

L’indagine Prometeia-Farmindustria 2019

L’EFFETTO BENEFICO DEI TASSI BASSI E L’ITALIA CHE NON RIESCE AD APPROFITTARNE

Il debito pubblico per il 2018 in Italia è arrivato al 134.7 sul PIL, in aumento di 0.7 punti percentuali rispetto al 2017 ritornando al livello del 2016.

L’indebitamento netto sul PIL è diminuito di 0.2 p.p. rispetto al 2017 (2.2% rispetto a 2.4%).

Questi sono i parametri inviati all’Eurostat dall’Istat il 30 di settembre scorso. I dati mostrano anche una spesa per interessi sul debito in diminuzione dal 2014. Si è passati dal 4.6% sul PIL del 2014 al 3.7% con un corrispondente risparmio di 9.4 miliardi in 4 anni.

Nonostante il saldo primario sempre in avanzo, il debito pubblico resta alto a causa di un indebitamento netto elevato nel tempo. I dati del 2017 e del 2018 sono provvisori e saranno sottoposti a successive revisioni nel corso del prossimo anno.

Si rammenta che i dati di contabilità nazionale sono stati recentemente sottoposti a revisione periodica sia per quanto riguarda l’indebitamento, che per il 2018 è stato rivisto al rialzo di 0.1 p.p. sia per quanto riguarda il rapporto debito PIL passato dal 131.5% al 134.8% (per l’inclusione degli interessi dei buoni fruttiferi postali trasferiti al MEF in seguito alla trasformazione in SPA della Cassa depositi e prestiti).

Istat – Notifica dell’indebitamento netto e del debito delle amministrazioni pubbliche secondo il trattato di Maastricht

https://www.istat.it/it/archivio/234535

CALA IL DEBITO PUBBLICO IN EUROPA, IN ITALIA RAGGIUNGE LIVELLI DI GUARDIA

Nel secondo semestre 2019 il debito pubblico nell’area euro diminuisce a 86.4% del PIL da 86.5% del primo semestre, in EU28 diminuisce a 80.5% da 81.1% del secondo semestre.

Il calo è anche tendenziale: nel secondo semestre 2018 il debito era, per le due aree, rispettivamente l’87.3% e l’81.5%.

Rispetto al secondo semestre 2018 tra i venti paesi che hanno registrato una diminuzione si segnalano la Slovenia e l’Ungheria con -5.5 punti percentuali (d’ora in poi p.p.), l’Austria con -4.4 p.p., il Portogallo -4.5 p.p., l’Irlanda -4.4 p.p.

Tra i sei paesi che hanno incrementato il debito c’è Cipro con +6.4 p.p., Grecia +2.7 (ma nel secondo semestre 2019 -1.9 p.p. rispetto al primo) e Italia +2.0 p.p., che incrementa ulteriormente nel secondo semestre 2019 di 1.1. p.p. arrivando a 138.0%, seconda solo alla Grecia 180.2% e prima del Portogallo con 121.2%.

Tra le grandi economia dell’area euro, le Germania -1.9 p.p., la Francia + 0.6 p.p. e la Spagna + 0.3 p.p. I dati delle rilevazioni trimestrali possono differire valori annuali, calcolati ai fini dell’indebitamento secondo Maastricht.

Alla luce delle previsioni contenute nel DPB e di questi ultime rilevazioni, la lettera di Bruxelles, arrivata al governo italiano martedì 22 ottobre, ha chiesto chiarimenti in quanto “Italy’s plan does not comply with the debt reduction benchmark in 2020.”

Eurostat – Government debt down to 86.4% of GDP in euro area

https://ec.europa.eu/eurostat/web/government-finance-statistics/data/database