Settimana incentrata sul Nobel per la scienza economica assegnato a un terzetto di studiosi di eccezione che si occupano di povertà usando metodi sperimentali innovativi per la disciplina.
Il dibattito sul gap delle entrate tributarie e contributive, problema mai risolto nel nostro Paese, è stato di recente rinfocolato dalle stime sulle coperture della Nadef 2019 per il 2020 derivanti dalla lotta all’evasione, contabilizzate più realisticamente nel recente Documento programmatico di bilancio 2020 (DBP). L’ultimo rapporto ISTAT sull’economia non osservata stima il fenomeno in lieve diminuzione rispetto al PIL.
Nel World Economic Outlook (WEO) di ottobre, il Fondo monetario internazionale rivede ulteriormente al ribasso le stime della crescita globale per il 2020. Di rilievo il fenomeno della “scomparsa” degli investimenti esteri diretti nel 2018. Si tratta di un flusso importante: studi effettuati sui paesi dell’Africa dell’est, trovano una relazione positiva pari al +0.16% di crescita reale a fronte dell’incremento dell’1% degli FDI tra il 1975 e il 2108.
Un paper, ancora in fase preliminare, stima in quale misura l’invecchiamento della popolazione ha effetti negativi sul tasso di crescita di lungo periodo nelle economie avanzate.
LA LOTTA ALLA POVERTÀ FATTA BENE
Negli esperimenti sul campo, i ricercatori controllano le variabili indipendenti operando nella vita quotidiana. Il principale vantaggio rispetto agli esperimenti in laboratorio, è che i soggetti ignorano che sono in corso studi nei loro confronti.
Con gli studi controllati randomizzati, metodologia mutuata dalla medicina, dove i soggetti sono assegnati casualmente a gruppi sperimentali o di controllo, si indaga in modo rigoroso il rapporto causa effetto di una misura (in medicina l’efficacia o meno di un farmaco).
I vincitori del Nobel per l’Economia 2019 Abijit Banejree, Esther Duflo (MIT) e Michael Kremer (Harvard), premiati per “il loro approccio sperimentale per alleviare la povertà globale”, hanno introdotto queste metodologie nei loro lavori dove sono messe alla dura prova dell’evidenza dei fatti alcune tra le più diffuse misure di lotta alla povertà.
La struttura della rete sociale cambia con il microcredito? I sussidi all’acquisto di cibo, l’istruzione, l’uso di fertilizzanti o la lotta alle malattie aiutano a rompere la trappola della povertà? Due paper di esempio (senza essere riduttivi rispetto una produzione davvero vasta): Banejree e Duflo con un test randomizzato in India sfatano la convinzione che i trasferimenti di denaro riducono l’offerta di lavoro dei beneficiari; Kremer e altri in Kenya trovano modeste evidenze che l’istruzione abbia influenze modernizzatrici sulle studentesse.
Non è la prima volta che l’Accademia di Svezia riconosce lavori sulla povertà: nel 1998 fu premiato di Amartya Sen che ha investigato sulla carestia come problema economico individuale invece che come fenomeno indistinto di offerta ineguale di cibo nel sistema economico.
The Prize in Economic Sciences 2019
https://www.nobelprize.org/prizes/economic-sciences/2019/press-release/
IL RALLENTAMENTO DELLA CRESCITA È DOVUTO ALL’INVECCHIAMENTO
Nelle maggiori economie Europee, negli ultimi 30 anni, il tasso di crescita di lungo periodo è diminuito in modo persistente ma non uniforme. Nel Regno Unito è diminuita dello 0.8% mentre in Italia del 2.2.%.
Questi Paesi hanno in comune l’invecchiamento della popolazione risultato sia dalla diminuzione del tasso di fertilità, sia dalla riduzione della mortalità in tarda età. L’aspettativa di vita alla nascita è aumentata di 10 anni rispetto agli anni ’70.
Il comportamento dei lavoratori si è modificato meno velocemente perché gli individui programmano di vivere più a lungo in pensione invece che al lavoro. Inoltre, il finanziamento dei sistemi pensionistici, drena risorse attraverso la tassazione.
Quali effetti sulla crescita di lungo periodo? Un modello a generazioni sovrapposte dimostra che l’invecchiamento ha effetti sulla crescita in tutte le sue componenti. Gli effetti variano a seconda del Paese: l’invecchiamento spiega il 70% della diminuzione della crescita di lungo periodo per Francia e Germania, il 50% per il regno Unito e il 25% per l’Italia.
Per il nostro Paese si stima che il finanziamento delle pensioni abbia depresso la crescita annua di un ulteriore 0.18% negli ultimi 20 anni.
LA MANOVRA INVIATA IN EUROPA
Il consiglio dei ministri ha approvato il documento programmatico di bilancio per il 2020. Le principali novità, come già emerso dalla Nadef 2019, sono la disattivazione sia delle clausole di salvaguardia per il 2020, dell’ammontare di 23,1 miliardi di euro sia della metà di quelle del 2021 che erano di 28 miliardi di euro.
Confermata la riduzione del cuneo fiscale a partire dal 1° luglio 2020, misura dall’onere per le finanze pubbliche di 3 miliardi di euro. I beneficiari di questa misura saranno i redditi tra i 26.600 € e 36.000 € che riceveranno in più in busta paga in media 500 € nel 2020 e 1000 nel 2021. Per i beneficiari del bonus Renzi, il vantaggio sarà limitato a 50 euro l’anno.
Il nodo cruciale di questa manovra di 31 miliardi di euro è nelle coperture che sono assicurate per circa 15 miliardi, il resto va a deficit che raggiungerà il 2.2% del PIL, in aumento rispetto alle previsioni del Def 2019 di 0.1 p.p.
Vi è finalmente un maggior realismo sulle entrate dalla lotta all’evasione fiscale, stimate per il 2020 a 0.181% del PIL (circa 3 miliardi in termini nominali). Con la legge di bilancio 2020 dovrebbe entrare in vigore anche la web tax del 3% che rischia di ricadere sui consumatori se non sarà internalizzata dalle aziende.
INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI AL TRAMONTO ?
Il World Economic Outlook di ottobre 2019 ribadisce le preoccupazioni sul rallentamento della crescita globale che sarà del 3%, in diminuzione di 0.3 p.p. rispetto alle previsioni di aprile. Il rallentamento interesserà soprattutto le economie avanzate e in particolare USA ed Europa.
Tra le varie analisi, un focus da evidenziare è la “scomparsa” nell’economia globale degli investimenti esteri diretti (FDI) nell’ultimo anno. Il quadro internazionale è stato caratterizzato dalla diminuzione dei flussi finanziari in entrata e in uscita negli anni successivi alla crisi globale. Per gli FDI fino al 2017 vi era stato un incremento a un tasso del 3% all’anno raggiungendo i livelli pre-crisi ma nel 2018 si sono fermati.
Le cause di questo blocco sono rintracciabili negli USA dall’adozione nel 2018 del 2017 US Tax Cuts and Jobs Act che ha abolito la tassazione sui rimpatri dei ricavi delle multinazionali. La reazione è delle imprese è stata quella di rimpatriare i precedenti guadagni delle loro affiliate estere per 230 miliardi di $, limitando di fatti i reinvestimenti.
Il declino degli FDI USA spiega solo in parte il fenomeno perché l’altra faccia della medaglia è rappresentato dell’area euro e in particolare dal Lussemburgo e dai Paesi Bassi, che hanno ridotto a loro volta di 740 miliardi di $ gli investimenti all’estero. Per i paesi europei si assiste al declino degli investimenti da parte delle Special Purpose Entity, organizzazioni chiuse nate per isolare le imprese dai rischi finanziari.
IMF – World Economic Outlook October 2019
https://www.imf.org/en/Publications/WEO/Issues/2019/10/01/world-economic-outlook-october-2019
L’ECONOMIA NON OSSERVATA CRESCE MENO DEL PIL NEL 2017
Il valore aggiunto generato dall’economia non osservata (economia sommersa e attività illegali) per il 2017 è stimata in circa 211 miliardi di euro, in aumento del 1.5% rispetto al 2016.
Il peso sul PIL è pari al 12,1%, quota in diminuzione di 1 p.p. rispetto al 2016. Il peso dell’attività sommersa è dell’11,1% in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente mentre il valore delle attività illegali, sebbene in aumento dello 0.9% rispetto al 2016, resta invariato sul PIL (1.1%).
Nell’attività sommersa il peso maggiore è dato dal fenomeno dalla sotto-dichiarazione (comunicazioni intenzionalmente errate dei costi e del fatturato) che pesa il 46.1%, in lieve aumento rispetto al 2016, segue il lavoro irregolare con il 37.3%, in lieve diminuzione.
Il settore dove vi è una maggiore incidenza del valore aggiunto generato dalla sotto-dichiarazione è il commercio, trasporti, alloggio e ristorazione con il 41,7%. Il lavoro irregolare è in aumento dello 0.7% rispetto al 2016 con 3 milioni e settecentomila unità di lavoro a tempo pieno (tasso di irregolarità del 15.5%). Molto alta è l’incidenza nel settore altri servizi alle persone (47,7%).
Nella rilevazione manca la disaggregazione territoriale, che renderebbe questi dati più significativi.