L’Istat presenta un rapporto sullo stato di salute nelle Regioni italiane per un arco di tempo molto lungo, dal 2005 al 2015. Lo stato di salute è quasi dovunque migliorato sebbene permangono alcune criticità, legate principalmente alla poca prevenzione e a stili di vita non corretti. Il lavoro può essere utilizzato anche come valutazione a posteriori degli effetti della normativa sui piani di rientro sulla salute di cittadini.

Il consiglio dei ministri ha approvato la NADEF 2019. Nonostante la disattivazione delle clausole di salvaguardia per 23 miliardi, sono da trovare 14 miliardi e le misure proposte, tra cui il recupero dell’evasione, sono di difficile attuazione.

Una ricerca del CERGAS sulla Long Term Care ha mappato 369 diversi atti regionali adottati nell’arco temporale da gennaio 2015 ad aprile 2019. A fronte di una contrazione delle risorse, le Regioni riorganizzano i servizi, in un quadro legislativo frammentato.

Una metodologia che disincentiverebbe la produzione di nuovi antibiotici, può diventare invece la miglior forma di incentivazione. Un rapporto dell’OHE fa il punto sul dibattito che tratta le modifiche metodologiche dell’HTA. L’obiettivo è una nuova metodologia che misuri correttamente anche i benefici collettivi, e non solo quelli individuali, dei nuovi antibiotici.

La demografia ha effetti anche sulla struttura dell’economia, più servizi e meno manifattura. L’invecchiamento della popolazione ha anche effetti sulla crescita di lungo periodo.

MIGLIORA LO STATO DI SALUTE DEGLI ITALIANI, PERMANGONO LE DISEGUAGLIANZE TERRITORIALI

Il periodo 2005-2015 è stato contraddistinto da una grave crisi finanziaria che ha messo alla prova la finanza pubblica delle economie occidentali che si sono interrogate sulla sostenibilità dei propri sistemi sanitari.

Nel nostro Paese, inoltre, a partire dal 2006, è entrata in vigore la legislazione sui piani di rientro, che si applica alle Regioni che presentano squilibri nel settore della sanità. Tale normativa ha provocato profonde riorganizzazioni dei SSN soprattutto in alcune Regioni del Mezzogiorno. Qual è stato l’impatto sulla salute degli italiani anche in rapporto con il resto dell’Unione europea?

L’indicatore principale sullo stato di salute di una popolazione è l’aspettativa di vita alla nascita. In Italia la vita media continua ad aumentare sia per gli uomini (+ 2 anni, in Europa + 2.3) sia per donne (+ 1 anno, in Europa + 1.8) sebbene il differenziale donne/uomini è diminuito nel decennio considerato a 4.4 anni da 5.6 anni.

Vi è stata anche una riduzione significativa della mortalità per maggiori cause in media del 29% con profonde differenze regionali (Trentino 58.7 decessi ogni 10mila residenti, contro gli 81,4 della Campania).

Le decine di indicatori del rapporto confermano una differenziazione territoriale marcata. L’aspetto più interessante è un paragrafo sul quadro di insieme in conclusioe della prima parte (la seconda è dedicata esclusivamente alla Sardegna), dove è presentato un indicatore sintetico che raggruppa le Regioni in 5 cluster omogenei.

Le Regioni del cluster “in buona salute” sono il Veneto e il Trentino, In “salute discreta con comportamenti a rischio” sono Friuli, Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Sardegna. Con prevalenza di “malattie croniche“, Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Le Regioni con una salute più critica sono la Campania caratterizzata da “precarie condizioni di salute”, e la Val d’Aosta, con “mortalità prematura e comportamenti a rischio”.

Su questi risultati pesano, oltre alle eredità del passato e le peculiarità territoriali, sia le differenze economiche dei territori, ad esclusione della Val d’Aosta, sia lo stato finanziario dei sistemi sanitari regionali, Lazio e la maggior Parte delle Regioni del Mezzogiorno, tranne Sardegna e Basilicata, da sempre in piano di rientro.

ISTAT – La salute nelle Regioni Italiane

https://www.istat.it/it/archivio/233561

NEL 2020 e 2021 CALA IL CUNEO FISCALE MA NEL NADEF PIÙ OMBRE CHE LUCI

Siamo di fronte a una manovra leggermente espansiva con coperture incerte che derivano da misure non strutturali e difficilmente realizzabili, visti i precedenti storici di lotte all’evasione sempre inefficaci.

Tra le misure di maggior rilievo nello scenario programmatico della bozza della Nota di aggiornamento al DEF 2019, approvata dal Consiglio dei ministri il 30 settembre scorso, si segnalano la disattivazione delle clausole di salvaguardia sull’IVA prevista per gennaio 2020 e la riduzione del cuneo fiscale.

Complessivamente la manovra richiederà risorse pari allo 0,8% del PIL (circa 14,1 miliardi di euro) che saranno trovate grazie ad alcuni nuovi provvedimenti, il più importante dei quali è la lotta all’evasione stimata in circa 7 miliardi (0.4% del PIL).

Obiettivo ambizioso in quanto nel 2108 le entrate dalla lotta all’evasione sono state 15,35 miliardi. Le restanti risorse proverranno da misure di efficientamento della spesa e dalla riduzione delle spese fiscali e dei sussidi dannosi per l’ambiente. La riduzione del cuneo fiscale, unica misura pro-crescita, nel 2020 graverà sulla finanza pubblica di 0.15 punti di PIL (corrispondente a circa 2.6 miliardi di euro) e nel 2021 di 0.3 punti.

Nello scenario programmatico l’indebitamento netto è previsto aumentare di 0.1 p.p. rispetto al DEF 2019 arrivando a 2.2% del PIL. Nel 2020 rapporto debito/PIL scenderà a 134.1% del PIL dal 135.7 del 2019 (valori diversi da quelli del DEF 2019 per rivalutazione PIL ISTAT e cambio di metodologia di calcolo Eurostat).

MEF – Nota di aggiornamento al DEF 2019

http://www.mef.gov.it/documenti-pubblicazioni/doc-finanza-pubblica/index.html#cont2

HTA DA DISINCENTIVO A INCENTIVO PULL NELLA RICERCA DI NUOVI ANTIBIOTICI

Può l’Health Technology Assessment (HTA) aiutare a risolvere il problema dell’antibiotico resistenza, agendo da incentivo “pull”?

Secondo alcuni studi, il valore dei nuovi antibiotici sarà in gran parte determinato dalla loro capacità di prevenire la diffusione di malattie ad altri pazienti e di rallentare lo sviluppo di resistenze ad altri farmaci. Questi benefici sono considerati come esternalità positive, ossia che hanno effetti sulla salute pubblica, di conseguenza non possono essere direttamente computati nelle transazioni di mercato.

Da queste circostanze nasce la difficoltà di valutare la convenienza dell’investimento in questi farmaci. L’HTA è un metodo che valuta direttamente l’efficacia delle prestazioni sanitarie sul paziente al fine di una migliore programmazione dell’assistenza ai cittadini. Per questo motivo l’HTA è inadeguato, perché i nuovi antibiotici hanno un basso valore nei risultati individuali e ne conseguirebbe un disincentivo alla produzione (come già oggi accade).

Vi sono state numerose proposte di riforma dell’HTA allo scopo di includere nella metodologia gli effetti sulla salute pubblica. L’inclusione di questa nuova dimensione presenta sfide metodologiche legate principalmente alla stima corretta del valore degli effetti “sull’intero sistema sanitario”.

OHE – HTA and Payment Mechanisms for New Drugs to Tackle AMR

https://www.ohe.org/publications/hta-and-payment-mechanisms-new-drugs-tackle-amr

LE POLITICHE DI LONG TERM CARE A LIVELLO REGIONALE

Diversamente dal SSN, per l’assistenza a lungo termine (LTC) non esiste un modello di riferimento nazionale. Gli interventi legislativi che si sono succeduti nel tempo hanno prodotto nel settore un elevato grado di complessità dovuto innanzitutto alla mancanza di organicità nella legislazione che si è “sovrapposta” nel tempo.

In questo quadro frammentato ed eterogeneo, le regioni sono ancora il riferimento almeno per quanto riguarda il welfare pubblico. Da un’analisi approfondita della normativa delle Regioni italiane, emerge che le aree in cui si sono maggiormente focalizzati gli interventi sono nei cambiamenti di sistema, ad esempio le analisi del target e dei bisogni degli ammalati.

Seguono i provvedimenti nei cambiamenti di servizi esistenti (ad esempio le modalità di finanziamento del servizio, in particolare per le regioni meridionali). Una terza area è quella dei cambiamenti dei servizi preesistenti come, ad esempio, le modifica dei contenuti assistenziali. Si riscontrano, infine, molti meno provvedimenti nell’attuazione di servizi innovativi (come ad esempio assistenza diurna o il counseling).

CERGAS – Il futuro del settore LTC. Prospettive dai servizi, dai gestori e dalle policy regionali. Secondo rapporto Osservatorio Long Term Care

http://www.cergas.unibocconi.eu/wps/wcm/connect/Cdr/Cergas/Home/Publications/Books/

LO STRETTO LEGAME TRA SETTORI PRODUTTIVI E DEMOGRAFIA

La crescita economica è da sempre caratterizzata dalla riallocazione delle attività produttive da un settore ad un altro. In particolare, negli ultimi 150 anni si è assistito, nelle economie industrializzate, alla diminuzione del peso relativo dell’agricoltura e della manifattura e al contestuale incremento del settore dei servizi.

Le teorie tradizionali spiegano questo fenomeno in modo duplice. Da un lato sarebbero preponderanti le preferenze dei consumatori che all’aumentare del reddito incrementano il paniere dei beni in proporzione maggiore (preferenze non omotetiche) con una propensione dei redditi più alti a rivolgersi maggiormente al settore dei servizi. Dall’altro la riallocazione dipende dall’innovazione tecnologica che incrementa i prezzi relativi dei servizi a fronte di una bassa elasticità di sostituzione tra settori (ossia i settori sono perfettamente sostituibili tra loro).

In questo lavoro viene proposta una spiegazione alternativa della riallocazione settoriale dovuta soprattutto al cambiamento della struttura demografica della popolazione che, invecchiando, tende ad acquistare più servizi e meno beni di consumo, in una misura che incide del 20% sui cambiamenti osservati.

NBER – Population Aging and Structural Transformation

https://www.nber.org/papers/w26327