La sostenibilità nel lungo periodo dei sistemi di welfare, dovrebbe caratterizzare l’agenda dei Paesi industrializzati. Studi recenti avvertono che l’invecchiamento della popolazione e l’innovazione tecnologica mettono pressione sui sistemi pensionistici e sanitari.

Un recente rapporto della Ragioneria Generale dello Stato (RGS), stima che la spesa pensionistica in Italia aumenterà a causa delle nuove disposizioni in materia contenute nella legge di bilancio 2019.

Una pubblicazione dell’OCSE stima che l’innovazione tecnologica, incrementa significativamente la spesa sanitaria.

In presenza di una crescita economia sostenuta questi problemi di sostenibilità sarebbero meno stringenti. Ma la crescita nel nostro Paese è insufficiente da molti anni, così come le policy adottate.

Come certifica l’ISTAT, il livello di spesa in ricerca e sviluppo è ancora troppo basso e, come argomenta un paper della commissione europea, gli ostacoli agli investimenti privati sono numerosi e troppo elevati.

L’IMPATTO DETERMINATE DEL PROGRESSO TECNOLOGICO SULLA SPESA SANITARIA

L’impatto dell’adozione di nuove tecnologie è generalmente considerato tra i principali, se non il più importante, driver dell’aumento della spesa sanitaria degli ultimi 50 anni. Gli altri driver, identificati da numerosi studi, sono l’invecchiamento della popolazione, l’effetto di morbo di Baumol (che qui non commenteremo) e l’incremento del reddito.

Il contributo all’incremento della spesa è di grandezza diversa a seconda dei driver considerati: ad esempio il reddito contribuisce alla metà dell’incremento mentre, a seconda degli studi considerati, la tecnologia incide dal 20% al 70%.

La tecnologia incrementa la spesa sanitaria soprattutto nei Paesi ad alto reddito in quanto ha ampliato l’ambito dei trattamenti e della diagnostica. Tale effetto non è unidirezionale perché se da un lato i costi hanno un’incidenza positiva sulla spesa, dall’altro si ottengono guadagni in termini di efficienza.

Gli autori del lavoro stimano che i cambiamenti tecnologici rappresentino circa l’1% della crescita annuale della spesa sanitaria dal 1995-2015. Come esercizio di proiezione invece i cambiamenti tecnologici aumenterebbero la spesa sanitaria dello 0,9% annuo fino al 2030.

OECD – The impact of technological advancements on health spending

https://www.oecd-ilibrary.org/social-issues-migration-health/the-impact-of-technological-advancements-on-health-spending_fa3bab05-en

CRESCE LA R&S IN ITALIA MA IL LIVELLO È ANCORA INSUFFICIENTE

Nel 2017 la spesa a consuntivo per ricerca e sviluppo in Italia per l’insieme di settori istituzionali, ammonta a 23.8 miliardi di Euro, in aumento del 2.7% rispetto al 2016.

Il 42.1% della spesa è destinato alla ricerca applicata. L’incidenza sul Prodotto Interno Lordo è del 1.38%. Il settore privato contribuisce per il 64,1% mentre il restante 35.9% è suddiviso tra università 23,6% e istituzioni pubbliche 12,3%.

La spesa delle imprese è aumentata del 5.3% principalmente per l’incremento del numero di imprese che svolgono attività di R&S. Il personale dedicato è aumentato del 10.9%. Si assiste a una concentrazione della spesa in quanto il 68.1% della spesa è concentrato in sole 4 regioni: Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto.

I dati preliminari per il 2018 e le previsioni per il 2019 vedono la spesa in R&S in ulteriore aumento. Il confronto con altri Paesi OCSE, indica tuttavia che il livello della spesa in R%S nel nostro Paese è ancora troppo basso. La media OCSE nel 2017 è 2.37% sul PIL, quasi un punto percentuale in più, in Francia 2.19%, in Germania 3.03% negli USA, infine, 2.79%.

ISTAT – La ricerca e sviluppo in Italia

https://www.istat.it/it/archivio/233114

RGS: CRESCE LA SPESA PENSIONISTICA

Le recenti novità legislative, la cd Quota 100 (38 anni di anzianità contributiva e minimo 62 anni di età), spingono in alto la spesa pensionistica. Il rapporto spesa pensionistica sul PIL dal 2007 al 2013 è passata dal 13.3% al 15.9% a causa dell’elevata contrazione del prodotto interno lordo.

Nel biennio 2017-2018, grazia a una lieve crescita economica, tale rapporto ha raggiunto un minimo del 15.3%.

Nel periodo 2019-2022, le previsioni sono viste al rialzo. Ciò è dovuto alle stime di un probabile ingresso di un numero maggiore di individui nel sistema pensionistico. Alla fine del 2022 il rapporto spesa pensionistica su PIL raggiungerà il suo massimo di 15.9%.

Il sistema pensionistico sarà messo sotto pressione nel periodo 2019-2036 dove sono previsti maggiori oneri in media pari allo 0.2% di PIL all’anno. Il picco massimo si verificherà nel periodo 2019-2021 con costi aggiuntivi pari allo 0.5% del PIL.

RGS – Rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario

http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/attivita_istituzionali/monitoraggio/spesa_pensionistica/

LAVORARE TUTTI FINO A TARDA ETÀ

Nei paesi OCSE l’invecchiamento della popolazione è un fenomeno che desta preoccupazione sia per la crescita economia sia per il benessere degli individui.

L’indice di dipendenza degli anziani – che misura rapporto della popolazione con 65 anni e più, su quella in età da lavoro 15-64 – è previsto aumentare dal 27% del 2018 al 43% del 2050 (si ricorda che in Italia nel 2018 questo indicatore è già al 35.2%).

Negli ultimi 10 anni il tasso di partecipazione al lavoro della classe di età 55-64 è aumentato, nonostante il periodo di crisi, dell’8% sebbene in modo non uniforme tra i Paesi. Solo in tre Paesi, Nuova Zelanda, Svezia e Islanda, il 70% della popolazione 55-64 è nel mercato del lavoro.

Per incrementare questo rapporto, L’OCSE raccomanda le seguenti azioni di policy: promuovere l’abilità al lavoro lungo tutta la vita lavorativa, incentivare il lavoratori a rimanere al lavoro quando sono ancora in buona salute e incentivare i datori di lavoro ad assumere e a trattenere i lavoratori più anziani.

OECD – Working better with age

https://www.oecd-ilibrary.org/employment/working-better-with-age_c4d4f66a-en

GLI OSTACOLI (ELEVATI) AGLI INVESTIMENTI PRIVATI IN ITALIA

I principali squilibri macroeconomici dell’Italia derivano da una combinazione di elevato debito pubblico, bassa produttività ed elevata disoccupazione, soprattutto quella giovanile.

Per migliorare la produttività, le recenti azioni di policy si sono concentrate sulla riduzione del costo del lavoro. Queste azioni hanno avuto efficacia nel breve periodo, ma nel lungo periodo è necessario incrementare gli investimenti soprattutto in quelli in beni immateriali. Dal punto di vista delle imprese, l’innovazione tecnologica e l’intensità di capitale sono due fattori determinanti per dare una spinta alla produttività.

Dopo la recente crisi finanziaria l’investimento privato in Italia è diminuito di più rispetto a Francia, Germania e Spagna mentre la ripresa è stata molto debole.

Quali sono i principali ostacoli alla ripresa degli investimenti? La prevalenza di piccole e medie imprese, molto dipendenti dal settore bancario e con una limitata capacità di innovare. Contemporaneamente il credito bancario è stato allocato male (si veda l’elevato livello di crediti inesigibili) e il mercato finanziario alternativo a quello bancario è poco sviluppato. Le azioni di policy dovrebbero focalizzarsi su queste aree di intervento al fine di ridurre/eliminare le barriere all’investimento.

ECFIN – Private Investment in Italy

https://ec.europa.eu/info/publications/private-investment-italy_en