L’ISTAT prevede che la crescita del PIL reale in Italia per il 2019 sia ferma e questo non potrà che avere importanti rilessi nei saldi di finanza pubblica. La ripresa degli investimenti fissi +1.9%, in termini congiunturali, non è stata sufficiente a far ripartire la crescita.
Quali sono le determinati della bassa crescita italiana degli ultimi 25 anni? Un paper LSE ipotizza che questo sia il risultato delle riforme istituzionali degli anni ’90 che hanno creato un sistema economico ibrido che ha ostacolato notevolmente il tasso di innovazione del paese. Un’importante determinante della crescita di lungo periodo è la spesa sanitari, al pari del capitale umano.
Una nota su Health Economics ci spiega come la spesa sia positivamente e significativamente correlata al tasso di crescita reale dell’economia, anche i presenza della tassazione.
Nel Mondo si vive sempre più a lungo, è questo uno dei dati principali emersi dall’ultima pubblicazione statistica dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. In Italia nonostante l’ottima copertura sanitaria, si vive più a lungo ma con molti anni in cattiva salute.
Le recenti crisi finanziare e del debito sovrano hanno rivelato numerose debolezze istituzionali dell’area euro. Un paper della Banca centrale del Portogallo introduce nel dibattito.
ITALIA CRESCITA FERMA, FRENANO FRANCIA, GERMANIA E USA
L’Istat certifica che in Italia il PIL nel II trimestre 2019 è diminuito dello 0.1% rispetto al II trimestre 2018 mentre il dato congiunturale resta invariato. Il contributo alla variazione del PIL degli investimenti fissi lordi è stato di +0.3%, mentre le scorte hanno contribuito in negativo dello 0.3%.
La diminuzione delle scorte ha compensato completamente l’incremento degli investimenti, con i consumi finali nazionali e la domanda estera netta che sono rimasti invariati.
Allargando lo sguardo oltre confine, negli USA la crescita tendenziale è stata di +2.3%, mentre quella congiunturale +0.5%, con un rallentamento dovuto alla diminuzione degli investimenti fissi -0.6%.
In Francia, tendenziale +1.3%, congiunturale +0.2%, un dato inferiore alle attese dovuto al rallentamento dei consumi delle famiglie. Germania, tendenziale +0.4%, congiunturale -0.1%, risultato dovuto principalmente al rallentamento del commercio estero.

GLI ITALIANI VIVONO A MA ALCUNI INDICATORI SONO MIGLIORABILI
Dall’annuale rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità apprendiamo che, nel mondo, l’aspettativa di vita alla nascita è in costante aumento 69.8 anni per i gli uomini e 74.2 per le donne, con un differenziale di 4.4 anni tra i due generi (dati al 2016).
Per l’Italia, che dopo il Giappone, è tra i paesi più longevi al mondo, la situazione, sempre nel 2016 era sensibilmente migliore di quella globale: 84.9 anni per le donne e 80.5 per gli uomini.
Gli anni di vita in buona salute, tuttavia, indicano che in Italia la parte più anziana della popolazione non gode di buona salute. L’aspettativa di vita in buona salute è di 72.0 anni per gli uomini e 74.3 per le donne. Questo fenomeno ha incidenza sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale.
Se consideriamo anche gli indicatori Sustainable Development Goals (SDGs), in particolare l’indice di copertura del servizio universale (un indicatore multidimensionale dal range 0-100), l’Italia nel ha totalizzato un punteggio >= 80 che è in linea con i paesi industrializzati (anche se per la Germania l’indicatore è uguale a 79).
WHO – World Health Statistics 2019
https://www.who.int/gho/publications/world_health_statistics/2019/en/

LA SPESA SANITARIA GIOVA ALLA CRESCITA DI LUNGO PERIODO
Se la relazione tra capitale umano e crescita economica conta numerosi studi, la relazione tra spesa sanitaria e crescita è stata studiata poco e da meno tempo.
Alcuni lavori seminali, pongono l’accento essenzialmente sui benefici a livello fisico dei lavoratori. I risultati tuttavia non sono univoci. La relazione positiva tra crescita e spesa sanitaria è evidente nei paesi sviluppati mentre per i paesi in via di sviluppo la relazione è negativa.
Il lavoro in questione studia la relazione limitatamente gli stati USA perché, metodologicamente, si riducono i problemi che possono sorgere nei confronti internazionali cross countries. La novità è che si tiene in considerazione anche dell’effetto spiazzamento della tassazione e di tutte le determinanti della crescita di lungo periodo, al netto dell’endogeneità.
I risultati confermano una relazione positiva che, nello scenario di base, è stimata dello 0.128, ossia il contributo di un incremento dell’1% della spesa sanitaria alla crescita economica è dello 0.13% circa, che nel può portare, lungo periodo, a significative divergenze nei percorsi di crescita tra Paesi.
IL DEBITO PUBBLICO ELEVATO NEL CONTESTO DI UN’AGENDA DI RIFORMA EU
Quali rischi sono associati a un elevato livello di debito pubblico? Dopo la grande crisi finanziaria del 2007, il debito pubblico è aumentato in tutti i paesi industrializzati.
Per l’Area Euro è un aspetto problematico, perché la politica fiscale resta di competenza dei singoli Paesi, che non hanno più nessuna autonomia nella politica monetaria. Di conseguenza nel caso di shock asimmetrici, le politiche fiscali nazionali sopportano tutto il peso dell’aggiustamento. I Paesi con elevati livelli di debito pubblico hanno tuttavia limitate capacità di manovra.
La crisi del debito sovrano del 2010 ha evidenziato importanti carenze sia nell’architettura dell’Unione Monetaria sia nel comportamento dei mercati. Da un lato il mercato fissa gli spread a un livello che non riflette adeguatamente il rischio sovrano. Dall’altro le clausole di “Non salvataggio” del trattato UE non sono considerate credibili.
Si tratta di un lavoro di ampio respiro che alle politiche fiscali associa, il livello di indebitamento privato, i crediti inesigibili delle sistema bancario (NPL) con la sfida della riduzione del livello del debito pubblico.
Economic consequences of high public debt and challenges ahead for the euro area
IL DECLINO ECONOMICO DELL’ITALIA, UN CASO DI STUDIO
L’Italia nel secondo dopoguerra è stata un’economia di successo in quanto in meno di un ventennio si è colmato il divario con gli altri Paesi. Fino alla metà degli anni ’80 del secolo scorso la crescita è stata superiore a quella dei Paesi occidentali.
A partire dalla metà degli anni ’90 qualcosa è cambiato, i tassi di crescita sono progressivamente diminuiti tanto che nel 2010, dopo la crisi finanziaria, il livello del PIL pro-capite era ancora al di sotto di quello del 2000. Che cosa è successo?
Secondo l’autore sono stati determinanti i cambiamenti istituzionali degli anni ’90 che hanno portato ad una ibridazione del modello capitalistico. Questo significa che, a livello istituzionale ed economico, vi è una sovrapposizione tra i modelli alternativi del coordinamento basato sul mercato e del coordinamento strategico tra attori economici.
Ad esempio nel mercato del lavoro, un maggiore coordinamento salariale è stato combinato con una maggiore flessibilità del lavoro. A livello di coporate governance il maggior peso degli azionisti di minoranza è stato combinato con la possibilità delle banche, privatizzate, di essere proprietarie di imprese non finanziarie. Il risultato sistemico è di un livello di innovazione insufficiente per la crescita.
Dall’analisi di un database di brevetti dei 19 Paesi OECD risulta che in Italia dal 1985 al 2007 le richieste di brevetto sono diminuite del 10% contro un incremento del 46% di Germania e del 164% degli USA (+94% media OECD).
Institutional Roots of Economic Decline: Lessons from Italy
http://www.lse.ac.uk/european-institute/research/leqs-discussion-paper-series/papers