Ostacoli – All’Italia servono meno spesa e più efficienza: a garantirle non saranno pulsioni neocentraliste
Sembra non finire mai la transizione istituzionale che ha segnato i rapporti finanziari tra lo Stato e gli enti locali sin dai decreti Stammati degli anni Settanta. Come allocare le risorse pubbliche per i servizi ai cittadini? La Legge 42 del 2009 superava il criterio della spesa storica, secondo cui chi più ha speso in passato, più riceverà in futuro. Si passava a un riparto e a una perequazione basati su fabbisogni e costi standard: sì alla redistribuzione tra territori; no al finanziamento di sprechi e corruzione. Una svolta che pareva epocale specie perché, in parallelo, si riorganizzava il bilancio dello Stato per missioni e macro funzioni. Ma la svolta non c’è stata, e il federalismo è percepito come moltiplicazione dei livelli d’interposizione burocratica e delle malversazioni, mentre i flussi di compensazione tra territori non hanno inciso sullo status quo . Anzi, tra i Comuni, a essere più penalizzato è proprio chi ha prodotto più servizi e uno sforzo fiscale più forte. Oggi, mentre le Regioni procedono in ordine sparso a riassegnare le competenze delle Province e attendiamo di conoscere il nuovo assetto costituzionale del Paese, i dubbi prevalgono sulle certezze. La politica sembra aver perso l’opportunità federalista. Il decreto n.56/2014 dà al governo 12 mesi per ridisegnare i rapporti finanziari tra centro e periferia. Sarà questo un banco di prova impegnativo per Matteo Renzi nel 2015. L’Italia ha bisogno di istituzioni forti e di chiarezza nella ripartizione delle funzioni. Dobbiamo ridurre la spesa, aumentando efficienza e qualità. In questo disegno, il federalismo non è derubricabile a moda superata. Non saranno le pulsioni neocentraliste a dar trasparenza e solidità allo Stato. Con l’acqua sporca degli scandali e dei conflitti di competenza non si buttino via i principi e gli incentivi virtuosi che solo un assetto federale può dare al Paese.