Dopo il rilascio dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio, un farmaco “H”, prima di divenire concretamente disponibile in ospedale, deve completare una trafila che può differire da Regione a Regione, e addirittura, all’interno di una stessa Regione, da ASL ad ASL o da ospedale ad ospedale. Tra l’autorizzazione nazionale e la possibilità per il medico ospedaliero di utilizzare il farmaco si possono frapporre commissioni territoriali o locali di vario livello che presiedono ad altrettanti prontuari, con potere di filtro o addirittura di blocco per l’area di loro competenza. Nei casi più “fortunati” documentati nel Quaderno, uno stesso farmaco diviene effettivamente utilizzabile nei DRG a date diverse a seconda della Regione, della ASL, della struttura ospedaliera.
In altri casi, le commissioni locali possono arrivare a bloccare del tutto l’approdo di un farmaco nei DRG, così differenziando strutturalmente il Prontuario Farmaceutico Nazionale dai prontuari in uso sul territorio.
L’approvazione dell’EMEA e/o dell’AIFA assicurano che i farmaci autorizzati all’immissione in commercio abbiano efficacia terapeutica.
Le commissioni locali non hanno risorse umane e strumentazioni tali da poter controargomentare, in termini tecnico-scientifici, rispetto alle valutazioni di EMEA/AIFA, che si avvalgono di analisi e risultati condivisi dalla comunità scientifica. Anche alla luce dei tempi di lavoro e della loro composizione, a queste commissioni sono riconducibili due ordini di finalità: il controllo per via amministrativa della spesa farmaceutica di fascia “H”, e altre ragioni estranee alla governance sanitario-farmaceutica per comprendere le quali è necessario ricorrere alle teorie sulla tendenza all’espansione indebita della Pubblica Amministrazione, sui rapporti distorti tra sfera della politica e sfera amministrativa, sul ciclo economico-politico.
Al di là di quale delle finalità sia la prevalente, questo secondo gruppo di ragioni di per sé conduce ad un giudizio negativo sulla proliferazione di commissioni e prontuari locali.
Senza dubbio, di per sé la finalità del controllo della spesa è tutt’altro che secondaria nella prospettiva federalista in cui, dopo il concorso del fondo di perequazione territoriale, Regioni ed Enti Locali diverrebbero pienamente responsabili dei propri saldi di bilancio, senza possibilità di ripiani a piè di lista a carico dello Stato. Ma il filtro di commissioni/prontuari locali è strumento inadeguato a perseguire il controllo della spesa, proprio in quanto lo risolve direttamente rallentando o bloccando l’ingresso dei farmaci nelle strutture ospedaliere.
Più che di strumento che testimonia la responsabilizzazione dei rappresentanti politici e degli amministratori nella governance della spesa farmaceutica, si dovrebbe vedervi una via con cui gli stessi possono eludere scelte più complesse, sul piano politico e su quello tecnico, ma indispensabili a perseguire in maniera equilibrata gli obiettivi della sostenibilità finanziaria e dell’adeguatezza ed equità dell’assistenza farmaceutica.
Si pensi, ad esempio, agli effetti dei prontuari territoriali come leva di controllo della spesa, quando arriveranno sul mercato i nuovi prodotti biotecnologici salvavita e per il trattamento di malattie incurabili (cancro, sclerosi multipla, AIDS, etc.). Questi prodotti saranno commercializzati con prezzi relativamente elevati, e la soluzione non potrà essere quella di rallentarne l’utilizzo in alcune Regioni, alcune ASL o alcuni ospedali. Se così fosse, sarebbe compromessa la natura stessa del Servizio Sanitario Nazionale: cure essenziali non sarebbero più disponibili su tutto il territorio nazionale secondo un condiviso ordine di priorità delle prestazioni che devono rientrare tra i LEA, e secondo un medesimo principio di equità nell’accesso agli stessi LEA.
Scritto da: Davide Integlia e Fabio Pammolli