Un’analisi della Sentenza n. 271/2008 della Corte

Con la Sentenza n. 271 del 2008 (del 07/07/2008, depositata l’11/07/2008), la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 13 della Legge n. 15/2007 (la Finanziaria regionale) della Regione Liguria che così recitava: “Ai sensi dell’articolo 6 del decreto legge 18 settembre 2001 n. 347, convertito in legge 16 novembre 2001 n. 405 (interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), del parere espresso dalla Commissione tecnico scientifica dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in data 20 febbraio 2007 ed ai fini del rispetto degli impegni assunti con l’accordo 6 marzo 2007 con il Ministero della Salute e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, relativamente agli interventi per il contenimento della spesa farmaceutica, per quanto concerne la categoria terapeutica degli inibitori di pompa protonica, è posto a carico del Servizio Sanitario solo il costo del farmaco generico incluso in tale categoria terapeutica, salvo le deroghe previste con provvedimenti amministrativi. La Giunta regionale può altresì derogare dall’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo in presenza di atti nazionali o regionali finalizzati a garantire i medesimi effetti economici”. In altri termini, la Liguria aveva disposto l’applicazione del reference pricing a livello di classe terapeutica con prezzo allineato a quello del prodotto generico nella stessa classe.

La motivazione ultima della Corte risiede nel fatto che la Regione aveva preso questa decisione ricorrendo ad atto legislativo, laddove la Legge (nazionale) n. 405 del 16 Novembre 2001 prevedeva che: “La totale o parziale esclusione dalla rimborsabilità [potesse essere disposta anche con provvedimento amministrativo della regione, tenuto conto dell’andamento della propria spesa farmaceutica rispetto al […] programmato”. Era previsto un provvedimento amministrativo, dunque, e non un atto di legge; e a dire il vero la Regione questa strada aveva in precedenza tentato (cfr. soprattutto la Deliberazione della Giunta n. 1.666 del 29 Dicembre 2006), prima di vedere i suoi provvedimenti sospesi nell’efficacia dal TAR (Ordinanza cautelare dell’8 Marzo 2007) per “insufficiente istruttoria in merito all’effettiva equivalenza tra il farmaco generi ed i restanti farmaci presenti nella relativa categoria terapeutica”.

Il punto della Corte si riferisce a un difetto di legittimità dell’atto della Regione, non fondato nella legge. Con l’aggravante -anche se così non si esprime la Corte- del tentativo di eludere il parere del TAR semplicemente dando natura giuridica diversa allo strumento adoprato.

Ma le ragioni di illegittimità e di incostituzionalità dell’atto di legge della Regione Liguria vanno al di là del punto conclusivo con cui la Corte giudica. Anzi, a una lettura attenta del “Ritenuto in fatto” della Sentenza n. 271/2008, questi altri aspetti emergono come di particolare rilievo, anche se poi la Corte li mantiene in secondo piano, probabilmente anche per non addentrarsi in valutazioni tecniche, di carattere medico-scientifico.

È stato sufficiente per la Corte dichiarare l’incostituzionalità dell’articolo 13 della Legge n. 15/2007, e così riaffermare la cogenza dell’ordinanza cautelare di sospensione del TAR, che proprio all’insufficiente vaglio dei profili medico-scientifici dei precedenti provvedimenti della Liguria si appellava.

Per portare un esempio degli altri aspetti alla base della natura contra legem dell’articolo 13 della Legge 15/2007 della Liguria, al comma 7 del “Ritenuto in fatto” si cita il parere di un istituto farmacologico che rimarcava la necessità di “[…] distinguere tra il concetto di sostanziale sovrapponibilità di farmaci che appartengono alla stessa categoria terapeutica ma che assumono a propria base principi attivi diversi, e il concetto di perfetta sovrapponibilità di farmaci  che hanno il medesimo principio attivo di cui sia scaduto il brevetto […]”.

Questo passaggio è centrale e dirimente.

L’invocato (dalla Liguria) articolo 6 del Decreto Legge n. 347/2001 (convertito con modifiche) così recita nella sua interezza: “Nell’ambito della ridefinizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la Commissione Unica del Farmaco [poi AIFA], con proprio provvedimento, individua i farmaci che, in relazione al loro ruolo non essenziale, alla presenza fra i medicinali concedibili di prodotti aventi attività terapeutica sovrapponibile secondo il criterio delle categorie terapeutiche omogenee, possono essere totalmente o parzialmente esclusi dalla rimborsabilità. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare entro il 30 novembre, su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti i livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. La totale o parziale esclusione dalla rimborsabilità dei farmaci di cui al precedente capoverso è disposta, anche con provvedimento amministrativo della regione, tenuto conto dell’andamento della propria spesa farmaceutica rispetto al tetto di spesa programmato”.

Riguardo la possibilità, da questo articolo conferita alle Regioni, di adottare provvedimenti amministrativi per la totale o parziale esclusione dalla rimborsabilità dei farmaci, si devono osservare due elementi rilevanti per la questione de quo:
1.       L’atto amministrativo non può avere natura autonoma nella volontà del Legislatore regionale, ma discende, come misura attuativa aggiuntiva, dalle decisioni adottate dal Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’Economia, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, e sulla scorta delle valutazioni medico-scientifiche addotte dall’Agenzia del Farmaco. Tali decisioni riguardano la definizione dei livelli essenziali di assistenza farmaceutica, di cui l’articolo 117, comma secondo, lettera m), della Costituzione.
2.       L’atto amministrativo ha ad oggetto non in maniera specifica le modalità di applicazione del reference pricing, ma, più in generale, la totale o parziale esclusione dei farmaci dalla rimborsabilità. La qualcosa può avvenire o attraverso l’applicazione di compartecipazioni al prezzo (il ticket propriamente detto), oppure attraverso l’assoggettamento al reference pricing (il cosiddetto ticket sui genericabili). In entrambi i casi, nel rispetto della legislazione nazionale in materia.

Che cosa afferma la legislazione nazionale in materia di applicazione del reference pricing? L’articolo 7 della stessa Legge n. 405 del 2001 (l’articolo successivo a quello invocato dalla Liguria), modificato e integrato dall’articolo 9 della Legge n. 178 dell’8 Agosto 2002, stabilisce che “[…] il farmacista, in assenza dell’indicazione di insostituibilità [apposta dal medico prescrittore], consegna [al paziente-consumatore] il farmaco [equivalente] avente prezzo più basso, disponibile nel normale circuito distributivo regionale […]”. Se il medico prescrittore vieta la sostituzione (con apposita specificazione in ricetta), o se il cliente-paziente la rifiuta di sua volontà, la differenza tra il prezzo del prodotto acquistato e quello minimo rimane a carico del privato cittadino acquirente. La Legge n. 178/2002 specifica la definizione di equivalenza che si applica: “uguale composizione in principi attivi, via di somministrazione, forma farmaceutica, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie”. Contestualmente, l’applicazione del reference pricing viene ristretta ai prodotti non coperti da brevetto sul principio attivo.

Il quadro nazionale per l’applicazione del reference pricing è tanto chiaro quanto motivato nelle indicazioni:
        Il raggruppamento di riferimento (il cluster) non è quello terapeutico, ma è più ristretto, includendo solo farmaci con identici principio attivo, via di somministrazione, forma farmaceutica, modalità di rilascio del principio attivo e dosaggio dell’unità posologica. Tutte caratteristiche rilevanti nel trattamento dei singoli casi patologici soggettivi, e in mancanza delle quali cade la perfetta equivalenza tra prodotti, con conseguenze potenzialmente molto negative sulla persona che fosse indotta a sostituzioni non opportune (è un aspetto direttamente integrante i LEA).
         La definizione del raggruppamento implica quella di mercato rilevante (nell’accezione antitrust), e correttamente il Legislatore nazionale (competente esclusivo in tema di concorrenza, articolo 117, comma secondo, lettera e) della Costituzione) si premura di inserire nello stesso mercato minimo soltanto i farmaci perfettamente fungibili per la generalità dei pazienti.
         Il Legislatore nazionale, infine, individua come prodotto di riferimento quello a prezzo più basso nel raggruppamento, indipendentemente se branded, generico-branded o generico puro, dal momento che l’unica caratteristica che rileva è l’economicità per il SSN, a parità di tutte le altre qualità del farmaco. Il provvedimento della Liguria, al contrario, prende ad espresso riferimento il prodotto generico.

L’articolo 13 della Legge n. 15/2007 della Liguria vìola la normativa nazionale in tutti e tre i sopracitati aspetti, che si aggiungono al punto su cui ha giudicato la Corte Costituzionale.

Alla luce di quanto detto, sono del tutto infondate le critiche mosse al quadro normativo nazionale, soprattutto quelle che, nella circostanza, rilevano contrasti tra il funzionamento del reference pricing e l’organizzazione federalista (in fieri) dello Stato e del sistema sanitario-farmaceutico.

In questo caso, il quadro nazionale è logico e coerente, realizzando un buon bilanciamento tra le potenzialità e i limiti di uno strumento regolatorio di grande efficacia, se ben disegnato, come il reference pricing.

Al contrario, è nell’attivismo affrettato e “di principio” delle Regioni che vanno visti i rischi maggiori per il federalismo coeso e solidale di cui l’Italia sta cercando la via.

Altre sono le leve che le Regioni potrebbero già utilizzare, in perfetta armonia con la Costituzione e con il Legislatore nazionale, per il governo della spesa farmaceutica: dall’applicazione dei ticket con abbattimenti/esenzioni per condizioni sanitarie ed economiche del cittadino; allo screening delle prassi prescrittive dei medici (per stimolare appropriatezza e cost-effectiveness); alla collaborazione con lo Stato negli avanzamenti dell’apertura al mercato della filiera distributiva (all’ingrosso e al dettaglio), che avrebbe effetti positivi anche sul livello di concorrenza a monte, tra produttori.

Il caso in oggetto ha una valenza “simbolica” che va al di là della farmaceutica e che è doveroso sottolineare: guai se il difficile percorso verso un federalismo compiuto si sostanziasse di pretestuosi e spesso astiosi confronti tra Stato e Regioni innanzi alla Corte Costituzionale. Sarebbe il segnale del fallimento della politica.