una possibile fonte di finanziamento strutturale annua tra 200 e 400 milioni di Euro
Le ultime due Finanziarie hanno tentato di dare impulso al “Fondo per le non autosufficienze” e al “Fondo asili nido” che sono tra i grandi assenti del welfare system italiano, assieme a tanti altri capitoli di spesa che le trasformazioni sociali, demografiche ed economiche stanno rendendo sempre più necessari.
Nonostante si vada nella giusta direzione, gli stanziamenti per il 2008 e il 2009 non sono all’altezza e, soprattutto, non sono strutturali. Si pensi che per le non autosufficienze sono stanziati – come dotazione nazionale – 300 milioni di Euro nel 2008 e 400 nel 2009, quanto la sola Regione Emilia Romagna dedica alla stessa finalità (cfr. Deliberazione della Giunta Regionale n. 1.206 del 30 Luglio 2007; cfr. anche http://www.regione.emilia-romagna.it/wcm/ERMES/notizie/news/2007/apr/fondo_nonautosufficienza.htm). Gli stanziamenti dovrebbero essere ben maggiori, sino a raggiungere almeno 1,5 miliardi di Euro all’anno.
Inoltre, una dotazione di 100 milioni di Euro per il 2008 e il 2009, senza programmazione ulteriore, non è in grado di riassorbire l’attuale gap rispetto al target fissato a Lisbona per gli asili nido: il 33 per cento nel rapporto tra domanda potenziale e offerta di posti da raggiungere entro il 2010, con l’Italia ancora al di sotto del 10 per cento (l’offerta andrebbe triplicata!). è meno di quanto dedica agli asili nido il solo Comune di Roma (circa 160 milioni di Euro nel 2006). Se fossero distribuite in maniera uniforme sul territorio (ma ciò non appare opportuno, dato che le necessità sono concentrate nelle città medio-grandi), le risorse equivarrebbero a circa 970mila Euro/anno per Provincia, 210mila Euro/anno per Comune al di sopra dei 20mila abitanti, e poco più di 12mila Euro/anno per Comune. Se si assume un costo mensile di 150 Euro per bambino (importo basso), ogni Comune potrebbe, con la dotazione stanziata in Finanziaria-2007, provvedere mediamente a 6 posti/anno (nell’ipotesi quella stessa dotazione venga riconfermata in futuro, cosa non acquisita). Una dotazione nazionale come quella prevista in Finanziaria-2007 non appare in grado, pertanto, né di avviare la convergenza verso l’obiettivo Lisbona, né di ridurre le differenze territoriali molto marcate che oggi esistono tra Regioni, dai 18,3 posti asilo per ogni 100 bambini in Emilia Romagna, ai meno di 2 in Calabria.
Affrontare in maniera esaustiva questo tema significa, inevitabilmente, coinvolgere la riforma delle pensioni e quella delle assicurazioni del lavoro, oltre a definire gli snodi portanti della trasformazione federalista da cui dipenderanno il funzionamento della rete dei servizi sociali e, in particolare, il coinvolgimento della sussidiarietà.
Se una parte importante avrà la riqualificazione della spesa, all’interno di questa azione di “efficientamento” dovrà essere considerato anche tutto il complesso di detrazioni/deduzioni che oggi son parte integrante del welfare system, ma che sono il portato, nella maggior parte dei casi, di interventi accumulatisi nel tempo al di fuori di una visione di insieme.
Soprattutto in previsione di un rafforzamento del sistema di detrazioni/deduzioni per dare spazio all’organizzazione diretta dei servizi da parte dei cittadini (scelta del provider, forme di autogestione), è importante compiere una riflessione di base sull’attuale destinazione della tax-expenditure a finalità sociale. È necessaria una sorta di spending review su tutte le agevolazioni fiscali a supporto del welfare system, con l’obiettivo di realizzare la diversificazione delle prestazioni in un quadro organico e compatibile con i vincoli di spesa.
In questo contributo, si propone un esercizio di spending review che, al di là della specifica applicazione, fornisce un esempio concreto di come affrontare il difficile problema di: diversificare le prestazioni, reperire risorse strutturali per il loro finanziamento, combinare gli obiettivi di coesione sociale e sostenibilità finanziaria attraverso l’universalismo selettivo.
L’articolo 15 del TUIR (“Testo Unico delle Imposte sui Redditi”) inserisce tra le spese detraibili ai fini IRE/IRPEF quelle sostenute dal privato cittadino per l’acquisto di medicinali (i prodotti inseriti nel Prontuario Farmaceutico Nazionale).
“[…] Ai fini della detrazione la spesa sanitaria relativa all’acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l’indicazione del codice fiscale del destinatario. […] Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione di imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo. Si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta […]”.
Nella detraibilità rientrano anche le compartecipazioni del privato cittadino ai costi dei farmaci mutuati dal SSN (i prodotti di fascia “A”). La detraibilità è ad aliquota del 19 per cento, con una franchigia annua complessiva di 129,1149 Euro (130,00 Euro, le vecchie 250mila Lire). La franchigia non è specifica delle spese per prodotti farmaceutici, ma riguarda anche tutte “le spese mediche e di assistenza specifica, [e le] spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche e per protesi dentarie e sanitarie in genere”.
Dall’ultimo Rapporto OSMED, si rileva che la spesa farmaceutica privata è ammontata nel 2006 a 6.228 milioni di Euro, così suddivisi: 663 di acquisti privati in fascia “A”, 3.057 di acquisti di farmaci “C” con obbligo di ricetta (“OP-C”), 2.094 di acquisti di prodotti di automedicazione (“SOP-OTC”), 414 di compartecipazioni derivanti sia da ticket in senso stretto che da ticket sui genericabili (il reference pricing).
Le statistiche delle dichiarazioni dei redditi disponibili sul sito del Dipartimento delle Finanze (http://www.finanze.it/export/sites/default/finanze/index.htm) non offrono lo spaccato delle deduzioni/detrazioni per le singole componenti ai sensi degli articoli 10/15 del TUIR, ma:
1. Se si ipotizza che la franchigia annuale venga già colmata dalle spese mediche, dalle prestazioni specialistiche e dalle altre di cui all’articolo 15 del TUIR, il massimo teorico del costo fiscale per l’Erario della detraibilità delle voci di spesa farmaceutica a carico del privato può essere stimato come 19% * 6.228 ≅ 1.200 milioni di Euro.
2. Se, invece, si ipotizza che la franchigia valga interamente per i farmaci, e considerando una spesa media in farmaci per ogni famiglia di 400 Euro/anno (una stima dell’ADOC, www.adoc.org) che la stessa famiglia porta in detrazione nella dichiarazione di uno solo dei percettori di reddito, il costo della detraibilità diviene 19%*6.228*(400-130)/400 ≅ 800 milioni di Euro/anno.
3. Se, infine, continuando ad ipotizzare che la franchigia valga interamente per i farmaci, si stima la spesa media per famiglia dividendo la spesa complessiva per il numero di famiglie (23,6 milioni, dato ISTAT riferito al 2006, da “Italia in cifre -2007”), il costo della detraibilità diviene 19%*6.228*(260-130)/260 ≅ 590 milioni di Euro/anno.
I tre scenari individuano un intervallo min-max per il costo fiscale: [590 – 1.200] milioni di Euro/anno.
Se anche si eliminasse dal computo la spesa privata in farmaci di fascia “A” (che, anche se non mutuati, rappresentano pur sempre un Lea), e si ipotizzasse che – considerando i casi in cui la franchigia non viene superata (scenario 1) e casi in cui la possibilità di detrazione non viene effettivamente utilizzata (sia scenario 1 che scenario 2 e scenario 3) – la tax-expenditure si riducesse della metà, si otterrebbe comunque un intervallo di grandezze significative: [260 – 530] milioni di Euro. Si osserva, incidentalmente, che la non considerazione della spesa privata in fascia “A”avviene solo a titolo prudenziale, perché se essa non passa per la mutualità è probabile che non soddisfi i requisiti del Lea farmaceutico e possa comunque contare sulla detrazione fiscale.
È vero che una parte della spesa privata potrebbe essere finanziata da fondi sanitari (“doc” o “non doc”) o da società di mutuo soccorso che, godendo della detrazione/deduzione dei contributi versati dall’iscritto, non permettono la detraibilità diretta delle spese in capo allo stesso iscritto (diversamente da quanto accade per le polizze assicurative sanitarie individuali). Ma le statistiche OCSE dimostrano che in Italia la spesa privata per sanità e farmaci è, ad oggi, per oltre l’80 per cento composta da pagamenti out-of-pocket. L’intervallo di tax-expenditure diverrebbe allora: ≅ [210 – 420] milioni di Euro (considerando una quota out-of-pocket dell’80 per cento).
La tax-expenditure annua per la detraibilità delle spese dei cittadini per farmaci di fascia “C” e per le compartecipazioni al costo dei farmaci “A” ha un ordine di grandezza equivalente allo stanziamento per il 2008 e il 2009 del “Fondo nazionale per le non autosufficienze”, e tra le tre e le quattro volte lo stanziamento per il “Fondo asili nido”.
L’interrogativo è, allora, se la tax-expenditure oggi rivolta alla spesa privata per i farmaci non possa essere riconvertita utilmente verso finalità diverse:
– I farmaci “C-SOP” sono per la maggior parte prodotti over-the-counter.
– Sugli stessi “SOP”, la liberalizzazione dell’offerta al di fuori delle farmacie tradizionali (il cosiddetto “Bersani-2”) ha favorito riduzioni dei prezzi al consumo (IVA esclusa) mediamente superiori al 15 per cento e con punte anche del 30. La liberalizzazione ha prodotto, per tutti i cittadini consumatori, vantaggi economici superiori a quelli sino ad allora loro riconosciuti con la detrazione del 19 per cento. Per giunta, vantaggi accessibili senza sconto di franchigia e, soprattutto, immediatamente (all’atto dell’acquisto) e non in sede di dichiarazione dei redditi (ad una anno di distanza). Perché se non tutti richiedono la detraibilità e si è costretti a fare l’ipotesi che il 50 per cento del potenziale si traduca effettivamente in tax-expenditure, questo mette in luce un altro aspetto negativo della agevolazione: “tecnicamente” complessa e più facilmente accessibile a chi ha dimestichezza con le dichiarazioni dei redditi o a chi, per altre ragioni, si avvale di un consulente fiscale.
– Sugli OP di fascia “C” possono valere, mutatis mutandis, le stesse considerazioni. Se non è giustificato sottovalutarne l’importanza nella vita delle famiglie (si tratta di medicinali prescritti dal medico), si può comunque sostenere essi non compaiano nelle posizioni più alte di un elenco di priorità da finanziare. Se si procedesse con l’apertura al mercato della distribuzione al dettaglio (secondo le linee proprio nei giorni scorsi ricordate dall’Antitrust nella AS n. 453/2008), le riduzioni dei prezzi al consumo e l’ampliamento della varietà di packaging arriverebbero, con ogni probabilità, a dischiudere possibilità di risparmio equivalenti, se non superiori, alla detraibilità oggi riconosciuta.
– La detraibilità erga omnes è molto poco selettiva. Anche se la detraibilità distribuisce la tax-expenditure in proporzioni decrescenti rispetto al reddito (a differenza della deducibilità), non si considerano espressamente né le condizioni di salute (del singolo e della famiglia) né un indicatore di situazione economica.
– La detraibilità delle compartecipazioni, poi, indebolisce la funzione di responsabilizzazione individuale che queste svolgono. Nell’accesso alle prestazioni sanitario-farmaceutiche sono molto poco utilizzate e con competenze ormai lasciate alle singole Regioni (dal 2001). Se si intende rivalutare lo strumento della compartecipazione su scala nazionale (un punto che ricompare periodicamente nei dibatti pre DPEF o sessione di bilancio), allora una riflessione attenta sulla reale utilità di permetterne la detraibilità (al 19 per cento) ai fini IRE/IRPEF dovrebbe essere compiuta (quantomeno per evitare inutili partite di giro). Il tema andrebbe probabilmente affrontato nei termini di un allargamento del perimetro della fascia “A”, recependo i farmaci più importanti della fascia “C”, ma con contestuale applicazione dell’universalismo-selettivo tramite compartecipazioni su tutti i prodotti mutuati, con esenzioni/abbattimenti a seconda delle situazioni economiche (il vecchio ISE) e sanitarie (cronici, malattie gravi con profilassi costose, etc.).
– Da ultimo, la detraibilità diretta della spesa privata riduce gli incentivi alla copertura sanitaria complementare e al decollo del pilastro privato a capitalizzazione. La detraibilità (che “pesca” nel gettito IRE/IRPEF) è finanziata a ripartizione, a tutti gli effetti.
In conclusione, la riqualificazione della tax-expenditure dedicata al sostegno dell’accesso ai farmaci “C” (“SOP” e “OP”) e delle compartecipazioni ai costi dei farmaci “A”potrebbe consentire di reperire un finanziamento strutturale per i due fondi per le non autosufficienze e gli asili nido.
Se si rimuovesse la possibilità di detrazione per dette voci di spesa, ne scaturirebbe un flusso annuo di risorse valutabile tra i 290 e i 420 milioni di Euro, che potrebbe esser utilizzato per dare stabilità strutturale, dal 2009 in poi, alla dotazione del “Fondo per le non autosufficienze”, oppure per integrare e dare stabilità strutturale al “Fondo per gli asili nido”. Altre spending review e riqualificazioni di capitoli di spesa potranno poi mettere a disposizione altre fonti.
Con riferimento allo spostamento delle risorse dalla farmaceutica “C” alla diversificazione degli istituti di welfare, è utile considerare che:
(a) la riduzione dei prezzi al consumo sui farmaci “C-SOP”, già ottenuta con il decreto “Bersani-2”, ha prodotto risparmi per le famiglie accessibili a tutti e superiori a quelli sino ad allora assicurati dalla detraibilità con franchigia in dichiarazione dei redditi (rendendo la tax-expenditure disponibile per altri scopi);
(b) una riduzione equivalente per i farmaci “C-OP” potrebbe essere perseguita continuando nelle riforme di apertura al mercato della distribuzione al dettaglio (lungo un linea già avviata dal precedente Governo, ribadita recentemente dall’Antitrust, e verso cui il nuovo Governo si è mostrato sensibile);
(c) la detraibilità delle compartecipazioni alla spesa è un vero “controsenso”: da un lato si chiede il concorso alla spesa, dall’altro lo si riduce; più che alla detraibilità in sé, si dovrebbe prestare attenzione al disegno di compartecipazioni non “scaricabili” sui farmaci “A” (per realizzare, attraverso l’universalismo-selettivo, l’equità di accesso al Lea farmaceutico in condizioni di sostenibilità).
Anche qualora l’intervento non si giustificasse integralmente su basi di pura efficienza (i.e. tax-expenditure che si rende disponibile grazie a riforme dei mercati che riducono rendite di posizione e sovraprofitti), la scelta di riallocare le risorse avrebbe una base politica forte, la stessa che sostiene l’universalismo-selettivo. Del resto, la diversificazione del finanziamento e il rafforzamento delle prestazioni ai non autosufficienti e ai bambini possono stimolare l’offerta di lavoro e la crescita economica, con ricadute positive per tutti gli istituti del welfare system.