dai risultati del “Bersani-1” un invito a completare l’apertura al mercato superando improprie intromissioni regolatorie

In Italia il pricing dei farmaci “C” è formalmente libero, ma nel contempo il Legislatore riserva al Ministro della Salute un’ampia facoltà di intervento ove questi ravvisi andamenti non consoni dei prezzi. Una contraddizione che appare ancor più stridente alla luce delle policy guideline suggerite dal G-10 Medicines (in particolare la Recommendation n. 6) e condivise sia dalla Commissione che dal Consiglio dell’Unione Europea, che sottolineano l’importanza della completa apertura a concorrenza, senza improprie interferenze regolatorie, di tutto il comparto dei prodotti non acquistati/rimborsati dal Pubblico. Perché questo avvenga in Italia, è necessario creare le condizioni preliminari affinché il mercato generi effetti positivi, in termini di efficienza lungo tutta la filiera del farmaco e di cost-effectiveness nel consumo. È per questa ragione che il completamento dell’apertura al mercato dei farmaci “C” – dopo i cambiamenti segnati dal decreto “Bersani-1” per i prodotti senza obbligo di prescrizione – si interseca con il processo di liberalizzazione della distribuzione al dettaglio, che si sta tentando faticosamente di portare avanti. Questo Editoriale presenta i termini del dibattito: dapprima il riepilogo dello status quo normativo, poi la valutazione della posizione dell’Italia di fronte alle policy guideline europee, quindi l’evidenziazione del peso dell’assetto della distribuzione e le conclusioni.

1. La normativa sui farmaci “C”: un riepilogo
La Legge  n. 490 del 20 Novembre 1995 ha stabilito (articolo 1, comma 2) che “i prezzi dei farmaci di cui alla lettera c) del comma 10, della Legge n. 537 del 24 Dicembre 1993 [leggasi farmaci non rimborsabili] sono liberamente determinati dalle imprese produttrici e sono unici sul territorio nazionale”.
La Legge n. 449 del 27 Dicembre 1997[1] ha poi aggiunto (articolo 36, comma 12) che “gli aumenti dei prezzi sono ammessi esclusivamente a decorrere dalla comunicazione degli stessi al Ministero della Sanità e al CIPE e con frequenza annuale”; precisando, inoltre, che “Il Ministro della Sanità adotta iniziative volte a impedire aumenti non giustificati dei prezzi”.
Successivamente, la Legge n. 311 del 30 Dicembre 2004[2] ha ridisegnato la classificazione dei farmaci non rimborsabili, inserendo nella fascia “C” quelli con e senza obbligo di prescrizione ad esclusione degli OTC[3], e prevedendo per questo ultimi la specifica fascia “C-bis”[4]. Poiché sia la nuova “C” che la “C-bis” sono suddivisioni interne della precedente “C”, la libera fissazione e l’unicità del prezzo, le comunicazioni preventive degli aumenti e i poteri del Ministro della Sanità hanno continuato  a valere per tutti i non rimborsabili.
Sino alla Legge n. 149 del 26 Luglio 2005[5] (articolo 1, comma 3), che ha confermato il pricing libero per i farmaci “C” e “C-bis”, specificando che “il prezzo può essere modificato in aumento soltanto nel mese di Gennaio di ogni anno dispari, [mentre] variazioni in diminuzione sono possibili in qualsiasi momento”; inoltre, limitatamente ai farmaci senza obbligo di prescrizione[6], il prezzo “costituisce [quello] massimo di vendita”, a partire dal quale la distribuzione al dettaglio è libera di praticare sconti a valere sul suo margine di ricavo[7].
La Legge n. 248 del 4 Agosto 2006 ha poi liberalizzato la vendita dei farmaci non rimborsabili senza obbligo di prescrizione nelle parafarmacie e nella GDO, previa presenza di farmacista abilitato in loco e in strutture soddisfacenti i requisisti di sicurezza.
In occasione della Finanziaria per il 2007 (commi 801-804), il Ministro della Salute si è avvalso della facoltà attribuitagli dalla Legge n. 449/2007, bloccando per un anno i prezzi dei farmaci non rimborsabili senza obbligo di prescrizione, e permettendo il solo aggancio all’inflazione (Dicembre 2005 – Dicembre 2006) per i prezzi dei non rimborsabili con obbligo di prescrizione.
Ricapitolando:

2. Gli indirizzi a livello europeo: un riepilogo
Nel 2002, l’High Level Group on Innovation and Provision of Medicines (il G-10 Medicines)[8] suggeriva, all’interno di un insieme di policy guideline per il rinnovamento del settore farmaceutico, che il comparto dei prodotti non acquistati e non rimborsati dai sistemi sanitari nazionali venisse pienamente aperto a concorrenza (ferma restando la facoltà di ogni Stato Membro UE di scegliere quali farmaci acquistare/rimborsare attraverso i sistemi sanitari nazionali e quali schemi di pricing adottare per loro)[9]. Il Gruppo vedeva questo passaggio indispensabile per creare un mercato unico europeo dei prodotti non acquistati/rimborsati dal Pubblico, con la possibile formazione di un prezzo pan-europeo per ciascun farmaco. Inoltre, per i non rimborsati senza obbligo di ricetta il Gruppo suggeriva la rimozione delle limitazioni alla pubblicità, laddove questa non consistesse in incentivazione dei consumi, ma in diffusione dell’informazione sull’esistenza dei prodotti e sulle loro caratteristiche (incluso prezzo)[10].
La finalità era quella di promuovere al massimo l’interazione concorrenziale tra i produttori e il consumo cost-effective, sull’insieme di farmaci senza le caratteristiche di essenzialità che richiedono la mediazione del Pubblico[11] e, soprattutto, per quelli che non necessitano del vaglio medico e sono assimilabili a commodity[12].
La Commissione Europea ha pienamente condiviso questa finalità quando, il 1° Luglio del 2003, ha ripreso le stesse policy guideline nella Comunicazione “A stronger European-based Pharmaceutical Industry for the Benefit of Patient – a Call for Action[13].
In particolare: “Member State should remove price controls on manufacturers that prevent full competition of authorised medicines that are neither purchased nor reimbursed”, e “There should be no restrictions on advertising of non-prescription and non-reimbursed over-the-counter medicines in line with existing requirements for advertising to encourage the rational use of the product and not to be misleading”. Per entrambe le policy guideline i Paesi Membri venivano inviatati a produrre progresso normativi entro il 2006.

3. L’Italia di fronte alle policy guideline europee
La Comunicazione (che di per sé è un documento di riflessione privo di carattere normativo e di efficacia giuridica) ha trovato eco nelle Conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea del 22 Settembre 2003 dove si invitano i Paesi Membri:
a partecipare attivamente all’implementazione delle policy guideline suggerite dalla Commissione;
e in particolare a quella riguardante la completa apertura al mercato dei farmaci non acquistati/rimborsati dai sistemi sanitari nazionali.
È poi seguita la Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 2 Dicembre 2003, che ha fatto nuovamente proprie le policy guideline suggerite dalla Commissione sulla base dei lavori del G-10 Medicines[14].  Infine, nel Giugno 2004, anche il Comitato Economico e Sociale dell’Unione Europea[15] si è espresso favorevolmente sulle guideline relative ai prodotti non acquistati/rimborsati dal Pubblico sottolineando, però, la necessità di alcune cautele; tra queste:
una ricognizione e una revisione coordinata dei criteri per la classificazione dei prodotti tra quelli con e quelli senza prescrizione[16];
la preventiva creazione delle condizioni di settore/mercato (lato offerta e lato domanda) in grado di permettere il superamento del controllo diretto dei prezzi[17].
Rispetto agli orientamenti e ai propositi maturati a livello europeo, come si posiziona l’attuale normativa italiana sui farmaci non rimborsabili?.

Libero pricing ma … poteri generali di intervento al Ministro della Salute
In primo luogo, non si può non rilevare una contraddizione nei termini: da un lato, è affermata la libera fissazione dei prezzi; dall’altro, il Ministro della Salute mantiene un potere di intervento che non è circoscritto al sanzionamento (o alla richiesta all’Antitrust di procedere al sanzionamento) di condotte anticoncorrenziali dimostrate in capo al singolo operatore di mercato, ma, nella formula scelta dal Legislatore, è generale, illimitato e integra direttamente valutazioni di natura politica. Il potere attribuito al Ministro della Salute equivale a quella che in diritto privato sarebbe definita una clausola meramente potestativa in un ambito in cui, nel contempo, si riconosce la libertà di interazione contrattuale. Si potrebbe ravvisare violazione alla libera circolazione delle merci nell’Unione Europea e, in particolare, dell’articolo 43 del Trattato della Comunità Europea.
I provvedimenti adottati nella Finanziaria-2007 ne sono un esempio: si è proceduto ad un blocco generalizzato dei prezzi del comparto non rimborsato, non supportato da evidenze di abuso di posizione dominante o di violazione delle regole di mercato in capo al singolo operatore. Si è trattato di una scelta che, limitatamente al 2007, ha de facto esteso al comparto non rimborsato le stesse attribuzioni di contrattazione del prezzo che il Pubblico ha per i prodotti da ammettere in fascia “A”.

La frequenza predeterminata per le variazioni di prezzo: è realmente utile
Si deve poi osservare che la  predeterminazione delle scadenze alle quali i prezzi possono essere modificati, oltre a rappresentare di per sé una limitazione del mercato[18], rischia di essere inutile: se i prezzi devono rimanere bloccati per archi temporali, il produttore razionale può essere tentato di anticipare questa limitazione scegliendo da subito incrementi più alti; e nel caso questi fossero impediti dal Ministero della Salute (una profezia che può facilmente autoverificarsi in questo caso), l’appuntamento sarebbe solo rimandato alla successiva scadenza, con la scelta di incrementi più che compensanti. La discretizzazione delle scelte di pricing non può sostituire la promozione di condizioni strutturali di interazione concorrenziale.

L’informazione ai pazienti-consumatori
La pubblicità è permessa soltanto per i prodotti OTC che sono un sottoinsieme, quantunque maggioritario, di quelli non rimborsati e senza obbligo di prescrizione per i quali la Commissione ha invitato a diffondere massima informazione per sollecitare la razionalizzazione del consumo.

Le liste di trasparenza
Sui farmaci “C” con obbligo di prescrizione l’Italia ha, nel 2005, avviato le liste di trasparenza[19], uno strumento efficiente nella promozione della cost-effectiveness nel consumo[20]. Tuttavia, il loro corretto funzionamento (come quello del reference pricing per i prodotti rimborsati) trova ostacolo nella regolamentazione anticoncorrenziale delle farmacie[21], che permette loro di canalizzare al consumo, anche in presenza di equivalenti economici, i  prodotti più costosi (per standard unit o per packaging) sui quali più alti sono i loro margini assoluti di ricavo[22].
La fattibilità dell’apertura al mercato del comparto dei farmaci non acquistati/rimborsati dal Pubblico si mostra dipendere dalla contestuale apertura al mercato degli esercizi farmaceutici, che può esser vista come una di quelle precondizioni su cui il Comitato Economico e Sociale ha invitato a riflettere nel 2004.

L’uniformità di prezzo: a chi giova?
Il prezzo al consumo (IVA esclusa) si compone della quota del produttore (ex-factory) e di quella della distribuzione (ingrosso e dettaglio).
Per quanto riguarda la prima, la natura internazionale dei fattori produttivi (dalla R&S alla manifattura) e la possibilità di arbitraggio per sfruttare i differenziali sui prodotti, fanno sì che non sia né conveniente né sostenibile praticare prezzi ex-factory diversi per zona geografica (nella vendita ai grossisti o direttamente ai dettaglianti). Il mantenimento di un prezzo al consumo uniforme dipende, quindi, dal comportamento della distribuzione. Ma imporlo risponde davvero ad una finalità corretta?.
I costi della distribuzione (soprattutto di quella al dettaglio) sono contestualizzati sul territorio: quelli dei beni strumentali (acquisto e/o affitto di magazzini, locali front-office, etc.), quelli del capitale umano (in primis la remunerazione dei farmacisti abilitati), ma anche il costo generale della vita cui riferirsi per confrontare le grandezze in termini reali. Perché imporre l’uniformità nazionale dei margini di ricavo della distribuzione, se di zona in zona possono cambiare, anche sensibilmente, sia le condizioni di costo che le attese di remunerazione in termini nominali?. Più corretto sarebbe che il produttore indicasse un prezzo massimo al consumo (specificando, quindi, la quota-ricavo massima della distribuzione), e poi ciascun distributore rimanesse libero, in un mercato concorrenziale, di vendere il prodotto con il mark-up che ritiene più opportuno, rispettando quel prezzo massimo[23].
Oltre a rappresentare di per sé una limitazione del mercato sul comparto dei prodotti non acquistati/rimborsati dal Pubblico (in contrasto con le indicazioni della Commissione e del Consiglio), l’uniformità imposta è causa di effetti distributivi contrari allo scopo di rendere le cure il più accessibili possibile a tutti: infatti, se i mark-up potessero essere liberamente scelti dal singolo grossista/dettagliante, allora i prezzi al consumo sarebbero più bassi laddove il costo della vita e i redditi reali sono mediamente più bassi, così permettendo condizioni di maggior coesione territoriale e sociale.
È proprio quello che Legge n. 248/2006 (il cosiddetto “Bersani-1”) ha compiuto limitatamente ai prodotti non rimborsati e senza obbligo di prescrizione, liberalizzando contemporaneamente la scelta del margine di distribuzione e i canali di vendita (non più solo in farmacia, ma anche nelle parafarmacie e nella GDO, previa presenza di farmacista abilitato in loco[24]).
È sufficiente?. No, perché anche per i farmaci “C” con obbligo di prescrizione l’uniformità dei margini della distribuzione è una limitazione della concorrenza (in contrasto con le indicazioni della Commissione e del Consiglio); e anche per questi le riduzioni di prezzo al consumo ottenibili dalla libera interazione concorrenziale dei distributori non sminuirebbero ma rafforzerebbero l’obiettivo dell’adeguatezza dell’offerta.
Non necessariamente la liberalizzazione della distribuzione dovrebbe passare per il coinvolgimento delle parafarmacie e della GDO; se si decidesse per il superamento della pianta organica, del divieto di catene di esercizi e del divieto di incorporation (i vincoli sovraregolatori oggi esistenti), i risultati, ai fini delle dinamiche di mercato, sarebbero ugualmente ottenuti[25], [26]: libertà di scegliere il mark-up in condizioni di concorrenza tra operatori senza vincoli di ingresso sul mercato.
Anche da questo punto di vista, la fattibilità dell’apertura al mercato del comparto dei farmaci non acquistati/rimborsati dal Pubblico e con obbligo di ricetta si mostra dipendere dalla contestuale apertura al mercato degli esercizi farmaceutici e dal superamento dell’uniformità su scala nazionale del loro margine di ricavo.

4. Lo snodo della distribuzione
Le riforme della distribuzione necessarie per la completa apertura al mercato del comparto dei farmaci non acquistati/rimborsati dal Pubblico hanno dei precisi riferimenti sia italiani che internazionali.
Da tempo, oramai, l’Antitrust italiano segnala al Parlamento e al Governo l’esigenza di procedere alla completa liberalizzazione dell’apertura degli esercizi farmaceutici, all’unbundling dei diritti di proprietà ed esercizio, alla trasformazione di tutti i tetti/vincoli massimi sull’offerta in requisiti minimi[27].
Di recente poi (Giugno 2006), la Commissione Europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia[28] proprio in merito al divieto che la proprietà di farmacie possa essere di soggetti diversi da farmacisti abilitati (direttamente o in società di persone[29]). Ma ancor più rilevante del deferimento sono le osservazioni[30] che la Commissione ha, nella stessa data, mosso ad Austria e Spagna sulla regolazione delle farmacie, contestando la pianta organica, le limitazioni all’assunzione della proprietà, le limitazioni alla forma giuridica adottabile, il divieto di catene di esercizi. Se la Commissione fosse sollecitata su questi stessi punti in relazione all’Italia, la procedura di infrazione in corso si allagherebbe a tutti i più rilevanti aspetti corporativistici e limitativi della concorrenza esistenti nella normativa sulle farmacie.
È importante rilevare come questa agenda di riforme è necessaria a creare le condizioni per la piena apertura a concorrenza del comparto dei farmaci non acquistati/rimborsati dal Pubblico e con obbligo di ricetta[31] per due ragioni:
è preliminare alla liberalizzazione dei mark-up applicati dalla distribuzione, di modo che l’interazione concorrenziale tra distributori possa tendere ad allineare le richieste di ricavo ai costi efficienti, con riduzioni dei prezzi al consumo (non è sufficiente la sola possibilità di scontare, ma serve che l’interazione concorrenziale spinga ad utilizzare questa leva commerciale);
è necessaria a garantire che l’offerta canalizzata al consumo sia costantemente quella più efficiente (per varietà e per convenienza di prezzo), perché dal punto di vista del distributore non v’è differenza tra l’interazione concorrenziale che fa leva sul proprio margine e quella che fa leva sull’approvvigionamento dei prodotti più economici equivalenti da canalizzare al consumo[32].
Ed è importante rilevare anche che una distribuzione  efficiente è essenziale a trasmettere impulsi pro concorrenziali ai produttori, che per vedere effettivamente commercializzati i loro prodotti sono stimolati ad interagire à la Betrand e ad ampliare le tipologie di packaging disponibili per le diverse esigenze del singolo e della famiglia[33].

5. Conclusioni
La Finanziaria per il 2007 ha congelato i prezzi dei farmaci “C” senza obbligo di prescrizione (inclusi gli OTC), ma l’intervento è risultato ex-post inutile, dal momento che la liberalizzazione della vendita al di fuori delle farmacie e degli stessi margini della distribuzione (decreto “Bersani-1”) ha permesso riduzioni dei prezzi al consumo che si sono consolidate negli ultimi mesi, raggiungendo anche il 30 per cento[34]. La facoltà del Ministro della Salute di intervenire sui prezzi è stata sopravanzata dagli effetti dell’apertura al mercato e del rafforzamento dell’offerta.
Inoltre, la Finanziaria-2007 ha permesso il solo aggancio all’inflazione per i farmaci “C” con obbligo di prescrizione, ma è presumibile che gli stessi risultati ottenuti sui farmaci senza ricetta si sarebbero prodotti anche in questo comparto se se ne fosse liberalizzata la distribuzione[35]: da un lato, le riduzioni dei margini di ricavo della distribuzione sarebbero state delle medesime proporzioni (il costo della distribuzione è indipendente dalla tipologia di farmaco commercializzato); dall’altro, una distribuzione efficiente avrebbe anche qui promosso l’interazione à la Betrand tra i produttori, favorendo la canalizzazione al consumo degli equivalenti più economici.
Con almeno altri due vantaggi, ulteriori rispetto all’assorbimento delle rendite a beneficio dei pazienti-consumatori:
l’efficienza sarebbe stata strutturale, espressa endogenamente;
si sarebbe evitata l’ingerenza nelle dinamiche di mercato delle scelte ministeriali, che per forza di cose hanno natura politica e non sono tenute alla “prova” dell’abuso di posizione dominante o di violazione delle regole di mercato (come invece deve l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato).
L’esperienza dei fatti ottenuta nel comparto dei farmaci “C” senza ricetta dovrebbe aiutare a superare i “timori” e le resistenze nei confronti della piena liberalizzazione del pricing e della distribuzione al dettaglio anche in relazione agli “C” con obbligo di prescrizione.
Questo ulteriore progresso potrà poi permettere di valutare con più serenità di giudizio le riforme in fascia “A” dove, ferma restando la necessità della mediazione del Pubblico nella contrattazione per l’ammissione a rimborso, la sostituzione del prezzo al consumo uniforme su scala nazionale con un prezzo massimo sul quale la distribuzione aperta a concorrenza possa praticare liberamente sconti, perseguirebbe nel contempo obiettivi di efficienza (assorbimento dei sovraprofitti) ed equità (ampliamento della varietà dell’offerta e riduzione dei prezzi). In questa maniera, si creerebbero anche le condizioni migliori per raffinare l’impianto di contrattazione del prezzo al lancio in fascia “A” e della governance complessiva della spesa farmaceutica pubblica, raccogliendo l’invito del G-10 Medicine, della Commissione e del Consiglio dell’Unione Europea a superare i controlli invasivi sui prezzi, facendo affidamento sugli strumenti di regolazione efficienti (reference pricing chimico-terapeutico-biologico e copayment), sui vantaggi dell’integrazione del mercato de farmaci a livello europeo e sui principi della Direttiva n. 89/105/EEC in tema di trasparenza e non discriminatorietà[36].
In vista di un’agenda che raccolga queste esigenze di riforma, ci sono due “credenze” da sfatare:
quella che è necessario che i prezzi dei prodotti non rimborsabili siano più elevati del livello concorrenziale a compensazione della regolazione di prezzo in fascia “A”[37];
e quella che l’equilibrio e le dinamiche della fascia “A” siano, dal punto di vista di politica economica, completamente separabili da quelli della fascia “C”.
I sussidi incrociati tra fascia “A” e “C” disturbano la governance del sistema farmaceutico:
–          non sono facilmente quantificabili;
–          indeboliscono la connessione tra singolo prodotto e suo prezzo (essenziale sia quando a pagare è il Pubblico che il privato cittadino);
–          sono all’origine di flussi redistributivi difficili da rilevare e da compensare (tra prodotti, tra produttori, tra pazienti-consumatori di farmaci diversi, tra SSN e filiera del farmaco, etc.);
–          contrastano l’applicazione degli strumenti di regolazione efficiente nel cui funzionamento il prezzo del singolo prodotto ricopre un ruolo essenziale (così nel reference pricing di fascia “A”, nelle liste di trasparenza di fascia “C”, nell’eventuale copayment proporzionale che si dovesse decidere eventualmente di applicare).

Inoltre, la sostenibilità finanziaria e sociale del sistema farmaceutico si realizza nel complesso dei due comparti. Basti pensare che l’implementazione del reference pricing e del copayment in fascia “A” (i due principali strumenti di regolazione efficiente) è tanto più agevole quanto meno i non rimborsati pesano sui bilanci delle famiglie. Per non dire direttamente che, di fronte ai vincoli di finanza pubblica, il processo di invecchiamento della popolazione, l’affacciarsi di prodotti biotecnologici e l’aumento della domanda di cure renderanno sempre più selettiva l’ammissione in fascia “A” e, corrispondentemente, sempre più importante la realizzazione di condizioni di efficienza in fascia “C”.
In conclusione, per tutte le ragioni qui riepilogate, è necessario dar seguito il prima possibile alle policy guideline della Commissione e del Consiglio UE, procedendo alla completa apertura al mercato del comparto dei farmaci “C”, liberalizzando l’attività di distribuzione al dettaglio (presupposto indispensabile), ed eliminando i poteri di intervento sui prezzi “C” oggi riconosciuti al Ministro della Salute.
Con questa stessa agenda: si creerebbero le basi migliori per il rinnovamento della governance della spesa farmaceutica pubblica in ottemperanza della Direttiva n. 89/105/EEC; e, non ultimo, si darebbe compiutezza alla separazione di ruoli e funzioni tra il Governo e l’Antitrust, tra le scelte politiche e quelle di sorveglianza sul rispetto delle regole di mercato.

[1] Finanziaria per il 1998.
[2] Finanziaria per il 2005.
[3] I farmaci per i quali è ammessa l’esposizione a banco e la pubblicità.
[4] Comma 166, lettere a) e b). La stessa classificazione è confermata dal Decreto legislativo n. 219 del 24 Aprile 2006, di attuazione della Direttiva 2001/83/CE e della Direttiva 2003/94/CE.
[5] Di conversione del cosiddetto decreto “Storace”.
[6] Gli C-SOP di “C” e gli OTC in “C-bis”.
[7] Era previsto un tetto massimo allo sconto, poi rimosso dalla Legge n. 248/2006. Lo sconto può variare da medicinale a medicinale, ma deve essere applicato senza discriminare tra clienti.
[8] Il cui lavoro ha preso spunto dal Rapporto “Global Competitiveness in Pharmaceuticals – a European Perspective”, Enterprise Paper n. 1/2001, di Gambardella A. , L. Orsenigo e F. Pammolli. Cfr. http://ec.europa.eu/enterprise/phabiocom/g10home.htm.
[9] Ci si riferisce, in particolare, alla Recommendation n. 6: “The Commission and the Member States should secure the principle that a Member State’s authority to regulate prices in the EU should extend only to those medicines purchased by, or reimbursed by, the State. Full competition should be allowed for medicines not reimbursed by State systems or medicines sold into private markets”.
[10] L’indicazione ai Paesi Membri era di coordinarsi per individuare una valida demarcazione tra advertising e information.
[11] Il Gruppo avanzava policy guideline anche per quanto attiene il comparto dei rimborsabili, sottolineando l’esigenza del coordinamento tra Paesi Membri nel disegno efficiente della regolazione (tema di primaria rilevanza, che però si rimanda ad approfondimento successivo).
[12] A tale proposito, il Gruppo invitava a definire dei criteri affidabili e omogenei per l’inserimento dei prodotti tra quelli soggetti a prescrizione e quelli esenti.
[13] COM(2003) 383 final.
[14] Anche Conclusioni e Risoluzioni del Consiglio dell’Unione Europea (come Dichiarazioni, Opinioni e Raccomandazioni) non sono atti legislativi (come invece Decisioni, Direttive e Regolamenti); tuttavia promanano da un organismo composto dalle rappresentanze politiche dei Paesi Membri e, di conseguenza, testimoniano un impegno diretto a muoversi nella direzione dei propositi che vengono espressi.
[15] Organo consultivo incaricato di rappresentare datori di lavoro, sindacati, agricoltori, consumatori e altri gruppi d’interesse che costituiscono collettivamente la “società civile organizzata”. Il suo ruolo è di esporre pareri e difendere gli interessi delle varie categorie socioeconomiche nel dibattito politico con la Commissione Europea, il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento Europeo (cfr. http://www.eesc.europa.eu/organisation/how/docs/presentation/presentation-cese-it.ppt#10).
[16] Punto 4.7.2 del documento del Comitato.
[17] Punti 4.5.3 e 4.4.4.2 del documento del Comitato. Il parere favorevole al superamento del controllo diretto dei prezzi si estende, mutatis mutandis, anche al comparto dei rimborsabili: “Disparities in administratively fixed prices could be detrimental to a smooth running internal market. The EESC therefore welcomes the proposal from the Commission that a ‘reflection’ should be launched to consider alternative ways to control national pharmaceutical related expenditure by Member States”.
[18] In vista dello sviluppo di un mercato pan-europea, si pensi ai gradini di prezzo che ne potranno derivare rispetto al resto dei Paesi Membri.
[19] La Legge n. 149 del 2005 ha stabilito per i farmacisti un obbligo di informazione della eventuale presenza in commercio di medicinali equivalenti più economici. Dopo aver informato il cliente-paziente, “qualora sulla ricetta non risulti apposto l’obbligo della non sostituibilità, il farmacista, su richiesta dello stesso [cliente-paziente], è tenuto a fornire un medicinale avente [il prezzo più basso tra gli equivalenti] di quello prescritto”. La stessa Legge ha specificato la seguente definizione di equivalenza: “uguale composizione in principi attivi, via di somministrazione, forma farmaceutica, modalità di rilascio e dosi unitarie”.
[20] Cfr. l’Editoriale n. 13/2007 (http://www.cermlab.it/wpnew/oped/topic/2/item/7558723518).
[21] Che ad oggi hanno esclusiva di vendita dei farmaci “C” con obbligo di prescrizione (così come dei rimborsati).
[22] L’argomento è approfondito nelle Note CERM n. 5,6, 7 del 2005 e n. 7 del 2006 (www.cermlab.it/wpnew).
[23] Sia che si tratti di grossista che deve rivendere al dettagliante, sia dle dettagliante che deve vendere al paziente-cliente. Sul tema, cfr.A chi giova il prezzo unico nazionale dei farmaci?” (http://www.cermlab.it/wpnew/_documents/spuntodibattito.pdf).
[24] Limitatamente a questi farmaci, il “Bersani-1” ha di fatto abolito la pianta organica (i.e. il contingentamento numerico degli esercizi in cui sono vendibili al pubblico) e le limitazioni alla creazione di catene di esercizi non necessariamente di proprietà di farmacisti abilitati.
[25] Se si abolisse del tutto la pianta organica e si permettesse la creazione di catene di esercizi e l’incorporation (la costituzione degli esercizi nella forma di società di capitali con separazione del diritto di proprietà dal diritto di esercizio), scomparirebbe ogni differenza sostanziale tra le farmacie e le parafarmacie. E diverrebbe anche un fenomeno marginale l’apertura di corner nella GDO (sarebbe difficile e costoso reperire sul mercato farmacisti abilitati cui assegnare la direzione del corner, e la copertura territoriale sarebbe già ampia per renderli sufficientemente profittevoli); per non dire che l’incorporation permetterebbe alla proprietà della GDO di impegnare capitali nell’apertura di esercizi farmaceutici esterni alla GDO (in tutto identici alle farmacie “tradizionali”) ed eventualmente collegati in catene. Per una trattazione più esaustiva, cfr. Il settore farmaceutico tra barriere alla concorrenza e regolazione sul lato del consumo”, sta in “Politiche di liberalizzazione e concorrenza in Italia”, a cura di Pammolli F., C. Cambini e A. Giannaccari.
[26] Mutatis mutandis, lo stesso discorso rimane valido anche per i farmaci rimborsati: ferma restando la necessità della mediazione del Pubblico nella regolazione del prezzo (massimo) al consumo per l’ammissione a rimborso (Commissione e Consiglio ne sottolineano l’importanza), perché obbligare all’uniformità su scala nazionale (che poi nasce, come si è detto, dall’uniformità dei ricavi della distribuzione che in fascia “A” sono esplicitamente fissati per legge), quando dall’interazione concorrenziale tra distributori potrebbero scaturire prezzi più bassi?. Di fondo, v’è la grave confusione compiuta dal nostro Legislatore tra ambiti da assoggettare a regolazione: la produzione dei farmaci rimborsati attraverso la contrattazione del prezzo di ammissione a rimborso, la domanda attraverso gli strumenti di promozione della cost-effectiveness nel consumo, ma non anche la distribuzione che è attività che non ha caratteristiche tali da rendere necessario l’intervento regolatorio ma può essere aperta a completa concorrenza (sotto i due vincoli basilari dell’abilitazione professionale e della sicurezza delle strutture). Per un approfondimento, cfr. Quale futuro per la professione?. Considerazioni tra politiche della concorrenza e politiche del lavoro” (http://www.cermlab.it/wpnew/_documents/spuntoriflessione271205.pdf).
[27] Nell’attuale complesso di vincoli è possibile ravvisare violazione di principi costituzionali: dalla libera iniziativa economica (articolo 41), alla valorizzazione del lavoro (articoli 1, 4, 35), al perseguimento della salute pubblica (articolo 32).
[28] Per violazioni degli articoli 43 (libera circolazione dei lavoratori) e 56 (libera circolazione dei capitali) del Trattato della Comunità Europea.
[29] Alla data dell’avvio della procedura di infrazione non era ancora divenuto legge il “Bersani-1” che ha permesso anche la forma societaria della cooperative a responsabilità limitata.
[30] Fase formale preliminare della procedura di infrazione; in mancanza di sufficienti e convincenti argomentazioni da parte dei Paesi, si passerà al deferimento alla Corte di Giustizia.
[31] Per i farmaci senza obbligo di ricetta il passo è già stato compiuto dal “Bersani-1”.
[32] Senza una effettiva liberalizzazione dell’offerta, chi garantisce che le rinunce a parti dei proprio margini valgano sui prodotti più convenienti per il paziente-consumatore?.
[33] Anche in questo caso, la stessa analisi/valutazione è tout court trasferibile al comparto dei farmaci rimborsati, dove la combinazione di restrizioni esogene dell’offerta (pianta organica e limitazioni alla titolarità, alla forma giuridica, alla creazione di catene) e margini ex-lege proporzionali al prezzo al consumo (IVA esclusa) permette alla distribuzione di maturare rendite di posizione e di interferire con le dinamiche concorrenziali tra produttori (cfr. Pammolli-Cambini-Giannaccari, cit.).
[34] Nel secondo rapporto sugli effetti della Legge n. 248/2006, lo sconto medio praticato nelle farmacie private è di poco meno del 7 per cento, che sale al 9,5 nelle farmacie comunali, diviene quasi il 16 nelle parafarmacie, e supera il 20 nei corner della GDO.
[35] All’interno del cosiddetto pacchetto “Bersani-3” è in fase di discussione parlamentare la liberalizzazione della vendita dei prodotti “C” con obbligo di prescrizione al di fuori delle farmacie, sempre previa presenza di farmacista abilitato in loco. Come si è già detto, anche in assenza del coinvolgimento delle parafarmacie e della GDO,la rimozione della pianta organica e degli altri vincoli esogeni all’offerta sortirebbe gli stessi effetti in termini di dinamiche di settore/mercato.
[36] Cfr. paragrafo 2.2 di COM(2003)383 final. La Direttiva n. 89/105/EEC del 21 Dicembre 1988 riguarda le caratteristiche delle misure di regolazione del pricing dei medicinali per uso umano (http://ec.europa.eu/enterprise/pharmaceuticals/eudralex/vol-1/dir_1989_105/dir_1989_105_en.pdf.
[37] Argomento spesso citato con riferimento all’Italia.