un commento al comunicato AIFA n. 50 del 2007
L’Agenzia Italiana del Farmaco ha recentemente messo in luce, in un comunicato del 9 Febbraio scorso [1], come la diversa applicazione del reference pricing che le Regioni hanno progettato o stanno progettando, rischi di compromettere l’uniformità dei prezzi rimborsabili sul territorio.
La normativa corrente
Il prezzo di riferimento è un meccanismo di regolamentazione che consiste nella determinazione di un prezzo massimo di rimborso dei farmaci a carico del SSN, per tutti i prodotti sostituibili e inseriti in uno stesso gruppo di riferimento (cluster). Qualora il prezzo del farmaco prescelto e/o prescritto sia superiore, la differenza è a carico del paziente/consumatore. In altre parole, il prezzo di riferimento si può vedere come un meccanismo di compartecipazione “evitabile” nella misura in cui si sceglie e/o si prescrive il medicinale al prezzo più basso all’interno di ciascun gruppo di equivalenza.
In base alla normativa vigente, le Regioni possono discostarsi dalla lista di equivalenza [2] definita a livello nazionale dall’AIFA, ma solo nella misura in cui quest’ultima non riflette la reale disponibilità di farmaci nel normale circuito distributivo regionale.
Questa possibilità di scostamento appare discutibile, in quanto essa equivale ad accettare l’esistenza di circuiti distributivi differenziati tra Regioni. Ogni scostamento, dovrebbe comunque essere considerato come un fatto transitorio, da rimuovere e non certo da ricomprendere all’interno del quadro regolatorio di riferimento.
L’uso distorto dello strumento
Quello che sta si sta verificando, invece, è qualcosa di ben più rischioso, ovvero un uso distorto dello strumento del prezzo di riferimento da parte di alcune Regioni attraverso un’autonoma ridefinizione dei gruppi di equivalenza su cui applicare il prezzo massimo di rimborso.
La necessità di mantenere sotto controllo la spesa farmaceutica imposta dal tetto di spesa (la convenzionata deve essere pari al 13 % della spesa sanitaria complessiva), insieme probabilmente a una maggiore consapevolezza dell’entità, o del rischio, dei disavanzi accumulati di anno in anno, hanno indotto alcune Regioni a promuovere misure che già applicano (come la Liguria) o intendono applicare (il Lazio) prezzi di riferimento applicati a classi di equivalenza più ampie rispetto a quelle previste dalla normativa nazionale [3] (Legge 178/2002). Questa tendenza si traduce nella moltiplicazione delle spinte alla differenziazione delle regole di rimborso e di funzionamento dei mercati tra Regioni. Questa eterogeneità non solo getta, in alcuni casi, dubbi sull’equivalenza terapeutica di alcuni prodotti, ma produce ulteriori effetti distorsivi.
Gli effetti distorsivi
Prezzi di rimborso diversi da Regione a Regione comportano:
– situazioni di iniquità per i cittadini: come ha evidenziato l’AIFA, si compromette l’uniformità delle condizioni di accesso ai farmaci sulla base della diversa collocazione geografica del paziente/consumatore. Si realizza, in altri termini, una situazione di discriminazione del prezzo di rimborso da parte del Regolatore, in grado di ridurre il benessere complessivo dei cittadini, entrando in contrasto con il principio di uniformità che deve essere garantito nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) sul territorio nazionale.
– modifica della natura stessa del prezzo di riferimento, che si trasforma in un meccanismo di compartecipazione, in quanto il differenziale di prezzo tra il farmaco prescritto e quello di riferimento rimane comunque a carico del paziente;
– maggiori costi di transazione, amministrativi e di programmazione a carico delle imprese. Si rischia inoltre di determinare dei costi aggiuntivi anche in termini di reperibilità e gestione adeguata delle informazioni relative alla diversa regolamentazione dei sotto- mercati regionali;
– rischio di limitare valutazioni di appropriatezza prescrittivi da parte dei medici, dando maggior peso a valutazioni di contenimento della spesa anziché a quelle inerenti al miglioramento dello stato di salute dei pazienti/consumatori.
Conclusioni
La razionalizzazione dei comportamenti di spesa passa attraverso la responsabilizzazione di medici e pazienti, per una razionalizzazione dei comportamenti di prescrizione e consumo [5].
La diffusione di iniziative autonome di revisione delle classi di equivalenza adottate da singole Regioni sulla base degli andamenti negativi della spesa, rappresenta un fattore distorsivo che finisce con il mettere in discussione gli standard fissati dalla legislazione nazionale, peraltro tra le più stringenti in Europa [4]. Il prezzo di riferimento è uno strumento che non può essere modulato come mezzo di contenimento o ripiano della spesa da parte di singole Regioni. Al contrario, ogni decisione relativa alle classi di equivalenza dovrebbe essere presa, sulla base di valutazioni e di standard unici a livello nazionale, dall’AIFA, tenendo conto della distinzione tra prodotti in patent e prodotti off patent e, inoltre, della cospicua evidenza empirica che ha mostrato gli effetti distorsivi, per la concorrenza e per i cittadini, associati all’adozione di classi di equivalenza ampie, che rendano omogenei al consumo prodotti in realtà differenziati per principio terapeutico, fase del ciclo di vita, contenuto di ricerca.
—————–
NOTE
[1http://www.agenziafarmaco.it/aifa/servlet/section.ktmltarget=&area_tematica=AREA_STAMPA§ion_code=AIFA_AS_COM_STAMPA&entity_id=111.92212.1168616001219[2] Cfr. Legge 405/2001.[3] La Regione Liguria ha stabilito per tutti i farmaci inibitori di pompa acida uno stesso prezzo di riferimento, indipendentemente dal principio attivo contenuto e sottoponendo al prezzo di riferimento anche farmaci in patent. la Regione Lazio sembra essere intenzionata a istituire un prezzo di riferimento di 11 euro per tutti i gastroprotettori, a cui si aggiunge, nell’accordo approvato recentemente dal Governo riguardo alle misure di rientro, anche la previsione di un prezzo di riferimento per le statine (Cfr. Roberto Turno “Lazio, sì al piano contro il deficit”, Il Sole 24 Ore, 1 Marzo 2007).[4] Ad esempio in Francia si applica l’equivalenza chimica; in Germania quella terapeutica con esclusione però degli in – patent. Cfr “Strumenti di regolazione del mercato farmaceutico. Un’analisi ragionata”, Quaderno CERM n. 03/04.[5] In letteratura si sottolinea spesso come la domanda di farmaci “indotta” dai medici sia caratterizzata da una preferenza verso i prodotti branded, nonostante l’esistenza di generici equivalenti. Tra i motivi: l’acquisizione di maggiore esperienza/conoscenza di prodotti branded durante la loro fase di protezione brevettale (avversione al rischio), informazione imperfetta in merito alla corrispondenza tra prezzo più basso e qualità del prodotto, mancanza di incentivi volti a modificare le proprie abitudini prescrittive. Cfr. G. Lopez- Casasnovas, J. Puig-Junoy (2000) “ Review of the literature on reference pricing”, Health Policy, n.54, pp .87-123.