senza confusione tra “consumo” e “finanziamento”

La Finanziaria 2007 ripropone l’abbattimento del prezzo dei farmaci rimborsati (comma 796, lettera f) a recupero della quota dello sfondamento di spesa del 2006 posta a carico del settore privato (il 60% definito per legge). Per la rimanente quota, le Regioni hanno facoltà o di introdurre un ticket per confezione, oppure di adottare altre misure di impatto equivalente (maggiorazioni IRE/IRAP, reindirizzo di risorse all’interno del bilancio, etc.).
L’utilizzo della compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini rimane in penombra, senza che esso possa assumere un ruolo centrale nel disegno complessivo di razionalizzazione dei consumi e della spesa. Tuttavia, le evidenze disponibili e le esperienze di tutti i principali Paesi sviluppati mostrano con chiarezza che la compartecipazione è l’unico strumento di regolazione in grado di incidere sull’attuale fattore di crescita della spesa: le quantità acquistate/consumate.
Tra il 2000 e il 2005 le dosi giornaliere dei farmaci “A” (ddd giornaliere per 1000 abitanti) sono aumentate di circa il 39% e un incremento dello stesso ordine (36%) hanno avuto le prescrizioni. I dati OSMED dei primi nove mesi del 2006 – + 7,2% rispetto ai primi nove del 2005 – dimostrano che la tendenza è persistente. A questi ritmi, le quantità di farmaci rimborsati più che raddoppieranno in un quindicennio e aumenteranno più di sei volte al 2050 (orizzonte di lungo termine delle proiezioni ECOFIN-RGS).
Dietro gli abbattimenti dei prezzi si nasconde, in realtà, una confusione di fondo tra due categorie economiche, quella della “spesa” e quella del “finanziamento” della stessa; confusione che sembra confermata dalle modalità con cui si differenzia la spesa di cassa da quella di competenza nei resoconti sulle modalità di ripiano degli eccessi di spesa (cfr. www.agenziafarmaco.it). Quando in un anno i prezzi subiscono un taglio:
la spesa di cassa di quell’anno è quella che effettivamente si realizza ai nuovi prezzi tagliati;
mentre la spesa di competenza è quella che si sarebbe realizzata se quei tagli non ci fossero stati.
Il delta di prezzo, moltiplicato per le quantità consumate nel nuovo anno, è utilizzato a ripiano della sovraspesa dell’anno precedente ed è effettivamente contabilizzato come di competenza di quell’anno.
Ma il consumo e la spesa degli anni precedenti sono dati “storici”. Quello che si attua con gli abbattimenti non è il ripiano della sovraspesa, ma il reperimento di maggiori risorse per il suo finanziamento. Si cercano nell’anno successivo le fonti per finanziare la spesa dell’anno prima, con il paradosso che tanto maggiore si rivela il consumo di farmaci (in quantità), tanto più facilmente e velocemente si reperiscono risorse da “girare” all’anno precedente, visto che i minori prezzi si possono applicare a più ampi volumi.
A lungo andare, si configura una vera e propria escalation, tra aumento non sostenibile delle quantità e reperimento dei finanziamenti nell’anno successivo, simile alla dinamica di creazione del debito pubblico tramite una sorta di ”Ponzi Game” che rinvia all’infinito la soluzione debitoria.
Il paragone con l’escalation della Finanza Pubblica non sostenibile è diretto se dai tagli dei prezzi si passa a considerare la seconda possibilità (dopo i ticket) che la Finanziaria lascia alle Regioni per il ripiano della sovraspesa: la leva della fiscalità generale o il remix di risorse di bilancio. In questo caso, se non si riuscirà a intervenire sul trend delle quantità, i sovraconsumi di ogni anno saranno finanziati da sovragettito e sovrarisorse reperite nell’anno dopo, secondo un processo che, in scala, replica quello dei sistemi pensionistici a ripartizione malgestiti e dell’azzardo morale intergenerazionale:
il consumo inefficiente è finanziato chiamando tutti a contribuire;
il sovraconsumo di un anno è finanziato dalle disponibilità dell’anno successivo, e il vincolo di bilancio delle Regioni diviene “soft” nell’aspettativa di risorse future (cfr. Editoriale n.5-06).
La confusione tra spesa e finanziamento nel governo del sistema farmaceutico rischia di occultare la criticità delle tensioni che si stanno accumulando:
sul lato dell’offerta, con i programmi industriali compromessi dai tagli dei prezzi;
sul lato della domanda, con la crescita delle quantità acquistate/consumate, a discapito in primo luogo di obiettivi perequativi;
sul lato della Finanza Pubblica, con i rimandi crescenti alla fiscalità generale o con richieste di reindirizzo di risorse scarse nei bilanci delle Regioni.
È necessario superare questa confusione tra spesa e finanziamento della stessa, avviando il prima possibile schemi di compartecipazione al prezzo dei farmaci, coordinati tra Stato e Regioni. La compartecipazione alla spesa è l’unico strumento che può incidere sui fondamentali di mercato e, in particolare, regolare i consumi (cfr. Editoriale n. 4-06 ). Soluzioni diverse, che interessino la sfera privata o quella pubblica, non riescono ad agire sulla domanda e vanno alla ricerca di maggiori risorse finanziarie, con una spirale di crescita della spesa che non promuove nessun aggiustamento nei comportamenti dei cittadini e delle Regioni.
Il nostro suggerimento è di introdurre una compartecipazione proporzionale al prezzo, combinata con esenzioni e abbattimenti per tener conto delle condizioni economiche e sanitarie del singolo. Oltre a responsabilizzare i consumi, la sensibilità della domanda al prezzo trasmette impulsi pro-concorrenziali sia ai produttori sia ai farmacisti, promuovendo congiuntamente gli obiettivi della sostenibilità e della tutela della salute come diritto di cittadinanza.