il copay percentuale sui farmaci rimborsati
La Finanziaria conferma per i prossimi anni gli interventi di abbattimento dei prezzi dei farmaci a carico del SSN e di revisione restrittiva del Prontuario della fascia “A”, adottati dall’Agenzia del Farmaco (“AIFA”) tra la fine del 2005 e il Settembre 2006 a ripiano della sovraspesa. E’ fatta salva la possibilità di ulteriori interventi sulla base dei dati consuntivi.
In occasione dell’ultimo intervento, AIFA si è anche impegnata a formulare, entro Febbraio 2007, proposte di misure strutturali per il governo della spesa. Che cosa si intende per “strutturale”? Gli abbattimenti dei prezzi sono “strutturali”?
Dall’ultimo Rapporto OSMED (Osservatorio del Ministero della Salute) si evince che tra il 2000 e il 2005 le quantità consumate di farmaci a carico del SSN sono aumentate del 39 per cento, mentre il numero di ricette del 36,3. A questi ritmi, in poco più di un decennio il consumo raddoppierà. Per lo stesso periodo, il Rapporto descrive un andamento decrescente dei prezzi medi ponderati dei farmaci rimborsabili, con una riduzione di circa l’8.
Gli interventi sui prezzi non sono strutturali, perché il vero fattore trainante della spesa sono le quantità. Gli abbattimenti possono soltanto tamponare nel breve termine le urgenze finanziarie, ma sono incapaci di dare basi efficienti e solide al funzionamento del sistema farmaceutico.
Eppure lo strumento adatto a razionalizzare la spesa esiste: è la compartecipazione del paziente-consumatore proporzionale al prezzo (il copayment percentuale); ma l’Italia stenta ad adottarla, e in questo ritardo ragioni tecniche (il taglio dei prezzi è tanto inutile quanto facile da attuarsi) si sommano a ragioni politiche (il “falso mito” che gli obiettivi di equità sociale siano percorribili solo attraverso la totale gratuità per tutti).
Se si introducesse un copayment proporzionale al prezzo, coordinato tra Stato e Regioni, i singoli pazienti-consumatori sarebbero stimolati sia alla scelta del prodotto equivalente più economico presente sul mercato, sia alla sua corretta assunzione (con riduzione di sovraconsumi e sprechi). La responsabilizzazione del paziente-consumatore diverrebbe lo “snodo” per diffondere stimoli efficienti anche a produttori, distributori (i farmacisti) e medici prescrittori. Di fronte a una domanda resa reattiva: i primi sarebbero indotti a competere sul prezzo; i secondi ad aver pronti alla vendita i farmaci più economici equivalenti (in quest’ultimo caso, però, il copay dovrebbe essere accompagnato da misure di apertura al mercato della distribuzione, in linea con gli indirizzi del garante per la Concorrenza italiano ed europeo); i terzi sarebbero sollecitati a tenere in maggior considerazione gli aspetti economici delle prescrizioni, rimanendo però totalmente liberi nel trattamento della singola fattispecie sanitaria.
La responsabilizzazione del paziente-consumatore concorrerebbe, quindi, a responsabilizzare tutti gli operatori attivi lungo tutta la filiera del farmaco.
Abbinato a esenzioni e riduzioni sulla base delle situazioni sanitarie ed economiche soggettive (per esempio, l’ISES troppo presto abbandonato qualche anno fa), il copay percentuale non contrasta il perseguimento degli obiettivi propri di un sistema sanitario universalistico come quello italiano; anzi, è da vedersi come il rafforzamento dell’universalismo di fronte alle sfide economiche, demografiche e sociali dei prossimi decenni. Infatti, la responsabilizzazione dei singoli nell’utilizzo di risorse scarse comuni aumenta la quota delle risorse che è possibile dedicare a finalità redistributive ed equitative, all’interno dello stesso sistema sanitario-farmaceutico.
Una attenta riflessione sulle proprietà del copayment percentuale permetterebbe di rinnovare la governance del sistema, coniugando l’obiettivo del controllo della spesa con quello dell’equità nell’acceso ai farmaci. Ci si augura che gli ostacoli tecnici e politici, che sinora hanno impedito il ricorso al copayment percentuale, possano essere superati, per avvalersi il prima possibile dei suoi effetti positivi, per coinvolgere i singoli nel buon governo del loro sistema farmaceutico pubblico.
In occasione dell’ultimo intervento, AIFA si è anche impegnata a formulare, entro Febbraio 2007, proposte di misure strutturali per il governo della spesa. Che cosa si intende per “strutturale”? Gli abbattimenti dei prezzi sono “strutturali”?
Dall’ultimo Rapporto OSMED (Osservatorio del Ministero della Salute) si evince che tra il 2000 e il 2005 le quantità consumate di farmaci a carico del SSN sono aumentate del 39 per cento, mentre il numero di ricette del 36,3. A questi ritmi, in poco più di un decennio il consumo raddoppierà. Per lo stesso periodo, il Rapporto descrive un andamento decrescente dei prezzi medi ponderati dei farmaci rimborsabili, con una riduzione di circa l’8.
Gli interventi sui prezzi non sono strutturali, perché il vero fattore trainante della spesa sono le quantità. Gli abbattimenti possono soltanto tamponare nel breve termine le urgenze finanziarie, ma sono incapaci di dare basi efficienti e solide al funzionamento del sistema farmaceutico.
Eppure lo strumento adatto a razionalizzare la spesa esiste: è la compartecipazione del paziente-consumatore proporzionale al prezzo (il copayment percentuale); ma l’Italia stenta ad adottarla, e in questo ritardo ragioni tecniche (il taglio dei prezzi è tanto inutile quanto facile da attuarsi) si sommano a ragioni politiche (il “falso mito” che gli obiettivi di equità sociale siano percorribili solo attraverso la totale gratuità per tutti).
Se si introducesse un copayment proporzionale al prezzo, coordinato tra Stato e Regioni, i singoli pazienti-consumatori sarebbero stimolati sia alla scelta del prodotto equivalente più economico presente sul mercato, sia alla sua corretta assunzione (con riduzione di sovraconsumi e sprechi). La responsabilizzazione del paziente-consumatore diverrebbe lo “snodo” per diffondere stimoli efficienti anche a produttori, distributori (i farmacisti) e medici prescrittori. Di fronte a una domanda resa reattiva: i primi sarebbero indotti a competere sul prezzo; i secondi ad aver pronti alla vendita i farmaci più economici equivalenti (in quest’ultimo caso, però, il copay dovrebbe essere accompagnato da misure di apertura al mercato della distribuzione, in linea con gli indirizzi del garante per la Concorrenza italiano ed europeo); i terzi sarebbero sollecitati a tenere in maggior considerazione gli aspetti economici delle prescrizioni, rimanendo però totalmente liberi nel trattamento della singola fattispecie sanitaria.
La responsabilizzazione del paziente-consumatore concorrerebbe, quindi, a responsabilizzare tutti gli operatori attivi lungo tutta la filiera del farmaco.
Abbinato a esenzioni e riduzioni sulla base delle situazioni sanitarie ed economiche soggettive (per esempio, l’ISES troppo presto abbandonato qualche anno fa), il copay percentuale non contrasta il perseguimento degli obiettivi propri di un sistema sanitario universalistico come quello italiano; anzi, è da vedersi come il rafforzamento dell’universalismo di fronte alle sfide economiche, demografiche e sociali dei prossimi decenni. Infatti, la responsabilizzazione dei singoli nell’utilizzo di risorse scarse comuni aumenta la quota delle risorse che è possibile dedicare a finalità redistributive ed equitative, all’interno dello stesso sistema sanitario-farmaceutico.
Una attenta riflessione sulle proprietà del copayment percentuale permetterebbe di rinnovare la governance del sistema, coniugando l’obiettivo del controllo della spesa con quello dell’equità nell’acceso ai farmaci. Ci si augura che gli ostacoli tecnici e politici, che sinora hanno impedito il ricorso al copayment percentuale, possano essere superati, per avvalersi il prima possibile dei suoi effetti positivi, per coinvolgere i singoli nel buon governo del loro sistema farmaceutico pubblico.