copay concordato Stato-Regioni e mutuo riconoscimento tra Regioni

Tra Partner OCSE il ticket è diffuso lungo tutta la “filiera” delle prestazioni sanitarie: dal medico di base, alla diagnostica, al ricovero, all’acquisto di farmaci. In Italia, invece, la sanità rimane quasi integralmente gratuita, anche se il tema occupa annualmente i dibattiti pre-Finanziaria. Il Ministro Turco non nega un possibile ricorso ai ticket e nella Conferenza Stato-Regioni la posizione è di prudenza ma non di chiusura.
E’ necessario riflettere, perché attorno a questo strumento ruota la maggior parte delle criticità della sanità nell’assetto federalista.
Rispetto alla fiscalità generale, che deve rimanere il finanziamento principale, il copayment riuscirebbe a svolgere un ruolo ulteriore: quello di responsabilizzazione individuale nei consumi. E’ qui la differenza anche rispetto alla leva cui il Governo ha sinora puntato per obbligare le Regioni al pareggio dei conti, cioè le maggiorazioni IRE-IRAP: queste ultime hanno natura ex-post, finanziaria e aggregata, laddove il copayment è strutturale e riesce a modificare in senso virtuoso il comportamento dei singoli.
Inoltre, graduato per caratteristiche soggettive, il copayment conferirebbe al SSN quella selettività indispensabile a perseguire nel contempo l’obiettivo equitativo e quello della sostenibilità economica.
Nel caso italiano, poi, v’è una motivazione in più. Livelli essenziali di assistenza omogenei implicano, nel federalismo in fieri, significativi flussi di perequazione interregionale. Questi non possono “reggersi nel vuoto”, ma hanno necessità di microfondazioni: devono muovere dai cittadini più “ricchi”, più numerosi nelle Regioni “ricche”, a quelli più “poveri”, più numerosi nelle Regioni “povere”. Solo in questo modo la redistribuzione interna alla sanità trova la sua giustificazione politica ed economica e non rischia di porsi in contrasto con quella operata dalla fiscalità generale.
Ebbene, i ticket, graduati per condizioni soggettive, rappresentano lo strumento adatto a rendere “tracciabili” e trasparenti il flussi di perequazione. Ma ad un obiettivo nazionale da attuarsi con una redistribuzione su scala nazionale, deve necessariamente corrispondere un quadro normativo nazionale. Non è possibile che scelte autonome e scollegate delle Regioni riescano a produrre l’equilibrio desiderato. E’ questo lo snodo di base da sciogliere, prevedendo:
–          uno schema nazionale di copayment su tutte le prestazioni sanitarie, costruito attorno ad un indicatore di situazione economica e coordinato con la fiscalità generale;
–          la possibilità (che in alcuni casi può divenire policy guideline) per le Regioni di apportare variazioni allo schema base, secondo criteri codificati e all’interno di livelli minimi e massimi;
–          la focalizzazione dei confronti in Conferenza Stato-Regioni sulle scelte di copayment, punti di riferimento tecnici cui ancorare il dibattimento politico.
In una cornice siffatta, resterebbe da definire chi paga che cosa e a chi. A questo proposito, si richiama l’attenzione sul cosiddetto “principio di mutuo riconoscimento” che, applicato ai rapporti tra Regioni, può completare il quadro normativo. In base a questo principio:
–          il cittadino avrebbe accesso alle prestazioni dovunque, alle condizioni di compartecipazione (Euro assoluti) della Regione di sua residenza, lì dove ha diritto di voto e può concorrere a definire le scelte di politica sanitaria;
–          le tariffe applicate dalle strutture eroganti rimarrebbero quelle della Regione di appartenenza, da cui le stesse strutture dipendono sia politicamente che amministrativamente;
–          a fronte della prestazione a un non residente, la Regione erogante riceverebbe da quella di residenza la tariffa al netto della differenza tra il copayment vigente nelle due stesse Regioni.

Procedere lungo queste direttive significa riaprire il complesso dibattito sull’ISES (l’indicatore di situazione economica applicato alla sanità) e sulla sua diversificazione regionale; un passaggio obbligato, tuttavia, se ad un obiettivo ambizioso, come il federalismo solidale in un Paese con significative disomogeneità, si decide di far fronte con strumenti adeguati.